La parabola delle dieci vergini, cinque sagge e cinque stolte, si colloca in una festa di nozze, il cui unico scopo è incontrare, e soprattutto conoscere, lo sposo. Le vergini rappresentano chi è già stato invitato a partecipare alla festa, ossia i cristiani, chiamati a essere corona che accompagna le nozze – nel libro dell’Apocalisse diventeranno le nozze dell’Agnello – e diventeranno proprio immagine della celebrazione della salvezza dell’Eucarestia.
A questa festa di nozze non si accede d’ufficio, ma bisogna cogliere l’occasione, aspettare il tempo opportuno in cui bisognerà fare qualcosa, attrezzati di lampada e olio.
Tutte e dieci le giovani si addormentano, così come gli apostoli che dovrebbero vegliare con Gesù nel Getsemani: nella vita ci si assopisce, e capita a tutti, nessuno escluso; succede di non essere pronti, troppo intorpiditi per poter affrontare ciò che la vita offre: non solo gli eventi negativi ma anche quelli positivi. Quanti appuntamenti mancati con Dio, causa torpore!
Tutti dobbiamo affrontare debolezza e fragilità, ma solo se per la nostra lampada ci dotiamo di olio suddiviso in «piccoli vasi» (Mt 25,4). È interessante che le vergini lo conservino in quei contenitori, che rappresentano le piccole occasioni, i luoghi in cui si fa scorta di carburante prezioso; i luoghi dove si prepara la propria luce e, di conseguenza, la propria luminosità. La vita del cristiano è costellata quotidianamente di piccole occasioni per ricevere l’olio necessario: sono le piccole, semplici obbedienze di preghiera, di carità, di sobrietà, di digiuno, che scaturiscono dalla relazione con Dio. La vita cristiana non si costruisce attraverso grandi eventi straordinari: i «piccoli vasi» sono la soluzione.
Un matrimonio si salva con l’osservanza di quella serie di piccole, importantissime cose che consolidano il rapporto e curano la stabilità di una famiglia: svuotare la pattumiera, che altrimenti rende la casa invivibile – e qui mi riferisco soprattutto alla “pattumiera spirituale” che va espulsa con regolarità.
Così è una vocazione nella vita dedita a Dio e alla Chiesa, fatta di piccole obbedienze, piccole cose. Le cose grandi si possono fare o no, le cose piccole si possono fare sempre – e si devono fare sempre – perché bisogna tenere sempre colmi quei piccoli vasi d’olio.
Le vergini stolte sono quelle persone che hanno tutto ma non la piccolezza, la riserva di cose non eclatanti, non straordinarie, e pensano che quando verrà il momento saranno all’altezza, senza curarsi di esserlo nel presente. Sono quelli che dicono: «Quando sarà ora vedrai che starò in piedi, che tirerò fuori la grinta necessaria», per poi scoprire che è miseramente falso. Le vergini stolte vivono con piccole disobbedienze, distrazioni, sciatterie, che impediscono l’incontro con lo sposo quando arriverà.
Proviamo una certa antipatia per le vergini sagge, che non danno il proprio olio alle stolte, ma questa è una legge naturale: l’olio proprio non si dà. Ci sono cose che io non posso fare al posto di un altro: posso pregare per lui, ma non posso pregare al posto suo; posso dire il mio sì a Dio che fa del bene a lui, ma non posso dire di sì a Dio al posto suo. Spesso, trascurando la propria obbedienza a Dio, si finisce per non aiutare il prossimo e a perdersi con lui.
L’olio è il proprio rapporto intimo con Dio: per nulla al mondo va trascurato.
Commento di don Luciano Condina
Fonte – Arcidiocesi di Vercelli