Gesù introduce il tema dell’“uomo nuovo”
Questa domenica incontriamo i sadducei che pongono l’ennesima domanda capziosa a Gesù. A differenza dei farisei si incontrano di rado nei vangeli, ma rispetto a loro sono più potenti e collegati alla classe sacerdotale e nobiliare di Gerusalemme. Non coltivavano speranze messianiche di un liberatore dal giogo romano e si mostravano molto asciutti su argomenti religiosi più “progressisti” – come la resurrezione – che ritenevano poco credibili: erano dei “positivisti” ante litteram.
Il trabocchetto che tendono a Gesù è relativo proprio alla resurrezione in quanto la vedova dei sette mariti, che citano nella domanda, risorgendo si ritroverebbe in un bel guaio; nella richiesta è evidente il tentativo di ridicolizzare la dottrina della resurrezione. Gesù invece risponde: «Quelli che sono giudicati degni della vita futura e della resurrezione dai morti, non prendono moglie né marito» (Lc 20,35), e ciò mette in discussione la realtà del matrimonio dopo la morte.
Gesù introduce il tema meraviglioso e importantissimo dell’“uomo nuovo”, appartenente a una vita diversa dalle categorie terrestri, dando un’altra origine e nuova luce all’esistenza e a tutti questi problemi.
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La parola chiave della risposta di Gesù è «degno», ossia giudicati meritevoli della vita dell’altro mondo. La dignità non indica una promozione in gradi, ma racconta dell’essere capaci di fare cose nuove rispetto all’uomo vecchio, il quale è quasi sempre incatenato dalle conquiste affettive, quasi costretto a “prendere moglie”, metafora della necessità umana di ricevere un appagamento affettivo. Nella vita nuova esso avverrà totalmente in Dio: come Cristo sposa la Chiesa, l’anima dell’uomo diventa sposa di Dio, entrando nella vita eterna in cui non si può più morire; intendendo per morte la separazione da Dio.
In un altro testo Luca scrive che i figli di questo mondo mettono mano all’aratro e poi si volgono indietro (cfr Lc 9,62) guardando al passato: hanno conti in sospeso, cose che bisogna pagare e compensare. Invece per i figli che sono nati dal cielo, per coloro che sono rinati dall’alto – i “degni della resurrezione” – le cose vecchie sono passate e ne nascono di nuove, perché considerano il passato come qualcosa da mettere nelle mani di Dio. Non stanno a chiedere a chiunque il dazio per ciò che è mancato loro nella vita.
«Coloro che hanno moglie vivano come se non l’avessero» (1 Cor 7,29), scrive san Paolo. Quando un uomo sposato non avrà più moglie? Quando la perderà. Quando si vive per il cielo si pensa al cielo e si decongestiona l’assolutismo del presente, iniziando a pensare che tante delle cose possedute un giorno andranno perse: non si avrà più moglie/marito o cose a cui attaccarsi. E se da una parte si prendono le distanze, dall’altra si impara ad amare perché finalmente se ne capisce l’importanza e la profondità.
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È vivere avendo relazioni “celesti”: così si è mariti, mogli, figli e fratelli sul serio, sapendo che di tutto ciò che diciamo e facciamo renderemo conto a Dio; allora sarà diversa l’importanza che diamo alle tensioni di questo mondo. Il vangelo è molto serio: Dio è dei vivi, delle cose che portano alla vita, non di quelle che hanno le gambe corte, finiscono presto, hanno poco futuro o non ne hanno affatto, come è la vita intesa dai sadducei.
Commento di don Luciano Condina
Fonte – Arcidiocesi di Vercelli