Don Luciano Condina – Commento al Vangelo del 11 Luglio 2021

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Nell’inviare i dodici dando loro potere sugli spiriti impuri, Gesù dice precisamente quali debbano essere le particolari condizioni per svolgere questa missione: «non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane né sacca né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche» (Mc 6,8-9).

Notiamo subito che il potere di liberare gli uomini dalle impurità è qui messo in relazione al fatto di avere con sé solo ciò che permette di camminare il più speditamente possibile e niente altro.

Il bastone è ciò che permette di appoggiarsi durante il percorso, può servire a evitare cadute lungo tratti scoscesi fungendo da vera e propria terza gamba.

Il pane, la sacca, il denaro e la seconda tunica non servono per camminare: il pane generalmente si mangia da fermi; nella sacca si mettono cose che possono servire in seguito ma non nell’immediato; il denaro serve a fare mille altre cose diverse dal camminare e di tunica, al viandante, ne basta una.

Va anche notato che queste cose sono ciò che può essere rubato dai ladri. Ma occorre una precisazione per la tunica, ossia il mantello: era considerato un bene inalienabile perché, per il povero, costituiva tutto ciò che aveva, non possedendo casa, pane o denaro; dunque, il secondo mantello è da intendere come bene non intoccabile.

Per andare ad annunziare il vangelo e per liberare le persone dai loro spiriti immondi bisogna, quindi, non avere nulla di derubabile, perché chi ha qualcosa da difendere fa la guerra: si combatte, infatti, per il pane e il denaro. E chi ha qualcosa da difendere rischia comunque di mostrare aggressività prima o poi. Se non si ha nulla da difendere si può dire la verità, altrimenti si è minacciabili; allora si possono annunciare solo cose che non mettono in pericolo i propri possedimenti.

Per annunziare il vangelo occorre essere in condizione di libertà. Non si può evangelizzare senza essere precari, senza essere inattaccabili, ovvero inderubabili e inalienabili, perché la propria esistenza semplicemente coincide con la propria missione.

Particolare è anche l’invito di Gesù ad andarsene e a scuotere la polvere da sotto i piedi come testimonianza (cfr. Mc 6,11), in caso di rifiuto dell’accoglienza e dell’ascolto. Sembrerebbe quasi che Gesù induca allo sdegno e alla stizza altezzosa, ma non è così: scuotere la polvere è metafora del liberarsi della negatività ricevuta, non lasciarsi sconfortare, non lasciarsi contaminare dalla chiusura alla luce di chi non accoglie la salvezza portata in nome di Cristo. La testimonianza di cui parla Gesù, infatti, è data proprio dal mantenere la luminosità, la pace, il perdono verso chi non accoglie colui che viene in nome di Dio. La testimonianza più grande per un cristiano è donare il bene quando si riceve il male: è questo uno dei frutti principali dello Spirito, segno di relazione autentica con Cristo.

Infatti questo vangelo comincia così: «Gesù chiamò a sé i dodici e prese a mandarli a due a due» (Mc 6,7). È Lui che chiama e la missione è una qualità che scaturisce dalla relazione con Cristo; inoltre non esiste missione cristiana che si realizzi nella solitudine. Andare “due a due” significa essere costretti a relazionarsi reciprocamente, ad essere misurati e relativizzati dal punto di vista di chi ti accompagna; ma vuole anche dire essere araldi della comunione. Una persona sola porta un messaggio, due portano una relazione; e il cristianesimo ha un messaggio che non si riduce a essere un annuncio, perché la sua essenza è la relazione con Dio.

Commento di don Luciano Condina

Fonte – Arcidiocesi di Vercelli