L’inizio del nuovo anno solare, sebbene non coincida con l’apertura dell’anno liturgico, avvenuta nella prima domenica di Avvento, ci invita ad una riflessione sul senso del tempo e sul nostro rapporto con esso. Nella sera del 31 dicembre, attraverso il canto del Te Deum, la Chiesa tradizionalmente rende lode a Dio e lo ringrazia per il dono del tempo, ricordandoci che noi ne siamo i custodi, ma non i padroni assoluti.
Dio è Signore del tempo e della storia, Colui che era, che è e che viene: Lui ne è l’origine come Creatore e ne è anche il fine, verso cui tutti camminiamo, in un percorso orientato alla comunione piena, totale e definitiva con Lui. Noi siamo immersi in questo percorso e abbiamo il compito di vivere il presente come opportunità di servirlo, amarlo e lodarlo, anche nei nostri fratelli e sorelle.
In questo modo il tempo non rimane solo la somma di attimi che si succedono (chronos), ma un vero “tempo favorevole” (kairos), in cui si realizza la nostra salvezza e vocazione, per aprirci la strada alla piena comunione con Dio nell’eternità (aion), il tempo senza tempo. La celebrazione del 1° gennaio, Ottava di Natale, rappresenta una delle principali solennità mariane, che la Chiesa ci fa vivere ogni anno.
In essa contempliamo il mistero della divina maternità di Maria, mediante la quale Ella – “nella pienezza del tempo” (Gal 4,4) – ha introdotto nel mondo la Luce delle Genti, Cristo Nostro Signore. Nella fede cattolica, come ben ribadito dalla costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, il mistero della Madre è intimamente innestato nel mistero di Cristo e della Chiesa. Non meraviglia, dunque, che la pagina evangelica di oggi ci presenti ancora i racconti dell’infanzia di Gesù, come li abbiamo ascoltati il giorno di Natale, cui si aggiunge il versetto finale sulla circoncisione di Gesù, effettuata otto giorni dopo la sua nascita. La maternità di Maria, vergine prima, durante e dopo il parto, non è soltanto un privilegio legato alla sua persona, quanto un segno profetico dell’azione gratuita di Dio nel mondo e nella storia degli uomini.
Maria rappresenta la via d’oro, pensata e creata da Dio per realizzare il disegno della salvezza. Nel cammino dei pastori, che senza indugio si recano in quel posto di povertà, che è il presepio, possiamo riconoscere il nostro cammino incontro a Maria e Giuseppe, che ci presentano di nuovo Gesù adagiato nella mangiatoia. Egli rappresenta l’Atteso dei poveri, degli ultimi, di coloro che non occupano le prime pagine dei giornali e della storia, ma che sanno essere docili ai segni della realtà e alle provocazioni di Dio, perché senza indugio, si mettono in cammino verso di Lui. Proprio ai pastori, reietti della società, considerati dai perbenisti più animali che uomini, non degni di attenzione da parte dei notabili e sapienti di Israele, Dio affida il primo incontro con il Figlio venuto nel mondo.
La loro testimonianza suscita stupore: il vero incontro con Dio suscita sempre stupore. Maria, da parte sua, ha uno sguardo spirituale e profondo sulla realtà: contempla il Figlio povero nella mangiatoia e riconosce i segni del passaggio di Dio nella vita degli altri uomini. La maternità di Maria nei confronti di Gesù, infatti, si estende anche su tutta l’umanità: ella gioisce quando vede nascere Cristo nel cuore degli uomini ed esercita la sua maternità nei confronti dei membri della Chiesa.
Il Concilio ci ricorda che Maria “per la sua fede ed obbedienza generò sulla terra lo stesso Figlio di Dio, senza contatto con uomo, ma adombrata dallo Spirito Santo, come una nuova Eva credendo non all’antico serpente, ma, senza alcuna esitazione, al messaggero di Dio. Diede poi alla luce il Figlio, che Dio ha posto quale primogenito tra i molti fratelli (cfr. Rm 8,29), cioè tra i credenti, alla rigenerazione e formazione dei quali essa coopera con amore di madre” (LG 63).
Il verso finale, infine, attraverso l’annotazione sulla circoncisione di Gesù, offre un ulteriore profilo spirituale di Maria: Ella è l’obbediente, colei che realizza quanto ha ascoltato dall’Angelo. Era stato Lui, il messaggero di Dio, ad indicarle il nome “Gesù” (Dio salva), per questo Maria, fedele all’Antica Legge di Israele e alla Nuova Legge della pienezza del tempo, realizza quanto Dio le ha chiesto, recando nel mondo il Salvatore.
Commento di don Luciano Condina
Fonte – Arcidiocesi di Vercelli