Don Joseph Ndoum โ€“ Commento al Vangelo del 23 Ottobre 2022

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Gesรน insegnaci a pregare con umiltร 

Dopo averci raccomandato una preghiera insistente e fiduciosa domenica scorsa, Gesรน, attraverso la parabola del fariseo e del pubblicano, precisa questa domenica qual รจ lโ€™atteggiamento giusto e gradito da Dio dellโ€™orante. Piรน che una parabola, questa รจ una lezione vitale, una storia esemplare. Questโ€™istruzione di Gesรน sulla preghiera รจ anticipata nelle riflessioni del Siracide. Egli ricorda un principio tradizionale biblico (โ€œIl Signore รจ giudice e non vโ€™รจ presso di lui preferenza di personeโ€), e vi introduce il tema dellโ€™efficacia della preghiera (โ€œNon รจ parziale con nessuno contro il povero, anzi ascolta proprio la preghiera dellโ€™oppressoโ€ฆ Chi venera Dio con benevolenza, la sua preghiera giungerร  fino alle nubiโ€).

Il maestro di sapienza suggerisce poi quale deve essere lโ€™atteggiamento di chi si rivolge a Dio. Chi prega si mette nella condizione del povero o dellโ€™umile, che pone tutta la sua fiducia in Dio. Un eco di questa spiritualitร  biblica appare nel salmo responsoriale, introdotto dal ritornello: โ€œGiunge al tuo volto, Signore, il grido del poveroโ€.

Nel vangelo vengono messi in scena al Tempio due personaggi contrapposti, nel loro modo di pregare o di rapportarsi con Dio: Il fariseo, ossia un osservante scrupoloso della Legge, un praticante fedele della religione, una persona pia per eccellenza; prega nella posizione corretta, secondo la tradizione giudaica (in piedi, la testa alta e le braccia sollevate verso il cielo).

Egli inizia con la preghiera piรน bella: lโ€™azione di grazia. Solo che non ringrazia Yahweh per la sua misericordia e grandezza, ma per ciรฒ che รจ lui, a differenza degli altri: โ€O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri ingiusti, adulteriโ€. Egli passa in rassegna i tre comandi centrali del decalogo che ha osservati fedelmente. Per fare risaltare meglio le sue benemerenze, egli sente il bisogno di denunciare tutti gli altri (ladri, ingiusti, adulteri) e il confronto col pubblicano gli serve per far notare a Dio che lui non รจ come quello.

Ringrazia Dio per il bene che ha fatto e fa, per i meriti che accumula con alcune osservanze supplementari (digiuni e decime, riparando cosรฌ i peccati di tanti miscredenti). Nella preghiera di questโ€™uomo sicuro di sรฉ e della propria giustizia, che si sente perfettamente a posto con Dio e migliore degli altri, non cโ€™รจ veramente ringraziamento a Dio. Se mai, Dio dovrebbe ringraziarlo.

Invece il pubblicano, ossia un esattore delle imposte (relegato dai devoti nel rango dei peccatori, a motivo del loro mestiere infamante e della collaborazione con lโ€™occupante romano), non osa alzare gli occhi al cielo nรฉ sollevare le mani (vuote di opere buone e colme di abominazioni), le adopera semplicemente per battersi il petto come fa il penitente o chi รจ disperato. Egli ripete solo unโ€™invocazione che richiama il salmo penitenziale davidico: โ€O Dio, abbi pietร  di me peccatoreโ€. Ora, la conclusione รจ sconcertante. A differenza dellโ€™altro, il pubblicano tornรฒ a casa giustificato. Davanti a Dio รจ riconosciuto giusto il peccatore pentito rispetto al pio Giudeo osservante della Legge.

La preghiera umile e sincera del pubblicano รจ la condizione per ottenere il perdono dei peccati. Dio non condanna certo le opere buone del fariseo, nรฉ tanto meno approva le disonestร  dellโ€™esattore. Semplicemente, la condotta buona dellโ€™uno, il fariseo, si traduce in un atteggiamento sbagliato di fronte a Dio e nei confronti del prossimo, mentre la condotta peccaminosa dellโ€™altro, il pubblicano, sfocia nellโ€™atteggiamento giusto nella preghiera: non ha nulla di buono da offrire, non ha nulla da rivendicare, e quindi tutto da ricevere da Dio; la propria miseria gli basta e conta unicamente sulla grazia o misericordia di Dio.

Don Joseph Ndoum


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