Gesรน insegnaci a pregare con umiltร
Dopo averci raccomandato una preghiera insistente e fiduciosa domenica scorsa, Gesรน, attraverso la parabola del fariseo e del pubblicano, precisa questa domenica qual รจ lโatteggiamento giusto e gradito da Dio dellโorante. Piรน che una parabola, questa รจ una lezione vitale, una storia esemplare. Questโistruzione di Gesรน sulla preghiera รจ anticipata nelle riflessioni del Siracide. Egli ricorda un principio tradizionale biblico (โIl Signore รจ giudice e non vโรจ presso di lui preferenza di personeโ), e vi introduce il tema dellโefficacia della preghiera (โNon รจ parziale con nessuno contro il povero, anzi ascolta proprio la preghiera dellโoppressoโฆ Chi venera Dio con benevolenza, la sua preghiera giungerร fino alle nubiโ).
Il maestro di sapienza suggerisce poi quale deve essere lโatteggiamento di chi si rivolge a Dio. Chi prega si mette nella condizione del povero o dellโumile, che pone tutta la sua fiducia in Dio. Un eco di questa spiritualitร biblica appare nel salmo responsoriale, introdotto dal ritornello: โGiunge al tuo volto, Signore, il grido del poveroโ.
Nel vangelo vengono messi in scena al Tempio due personaggi contrapposti, nel loro modo di pregare o di rapportarsi con Dio: Il fariseo, ossia un osservante scrupoloso della Legge, un praticante fedele della religione, una persona pia per eccellenza; prega nella posizione corretta, secondo la tradizione giudaica (in piedi, la testa alta e le braccia sollevate verso il cielo).
Egli inizia con la preghiera piรน bella: lโazione di grazia. Solo che non ringrazia Yahweh per la sua misericordia e grandezza, ma per ciรฒ che รจ lui, a differenza degli altri: โO Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri ingiusti, adulteriโ. Egli passa in rassegna i tre comandi centrali del decalogo che ha osservati fedelmente. Per fare risaltare meglio le sue benemerenze, egli sente il bisogno di denunciare tutti gli altri (ladri, ingiusti, adulteri) e il confronto col pubblicano gli serve per far notare a Dio che lui non รจ come quello.
Ringrazia Dio per il bene che ha fatto e fa, per i meriti che accumula con alcune osservanze supplementari (digiuni e decime, riparando cosรฌ i peccati di tanti miscredenti). Nella preghiera di questโuomo sicuro di sรฉ e della propria giustizia, che si sente perfettamente a posto con Dio e migliore degli altri, non cโรจ veramente ringraziamento a Dio. Se mai, Dio dovrebbe ringraziarlo.
Invece il pubblicano, ossia un esattore delle imposte (relegato dai devoti nel rango dei peccatori, a motivo del loro mestiere infamante e della collaborazione con lโoccupante romano), non osa alzare gli occhi al cielo nรฉ sollevare le mani (vuote di opere buone e colme di abominazioni), le adopera semplicemente per battersi il petto come fa il penitente o chi รจ disperato. Egli ripete solo unโinvocazione che richiama il salmo penitenziale davidico: โO Dio, abbi pietร di me peccatoreโ. Ora, la conclusione รจ sconcertante. A differenza dellโaltro, il pubblicano tornรฒ a casa giustificato. Davanti a Dio รจ riconosciuto giusto il peccatore pentito rispetto al pio Giudeo osservante della Legge.
La preghiera umile e sincera del pubblicano รจ la condizione per ottenere il perdono dei peccati. Dio non condanna certo le opere buone del fariseo, nรฉ tanto meno approva le disonestร dellโesattore. Semplicemente, la condotta buona dellโuno, il fariseo, si traduce in un atteggiamento sbagliato di fronte a Dio e nei confronti del prossimo, mentre la condotta peccaminosa dellโaltro, il pubblicano, sfocia nellโatteggiamento giusto nella preghiera: non ha nulla di buono da offrire, non ha nulla da rivendicare, e quindi tutto da ricevere da Dio; la propria miseria gli basta e conta unicamente sulla grazia o misericordia di Dio.
Don Joseph Ndoum