Il tempo ordinario, che abbiamo iniziato con la festa del Battesimo di Gesù, non è vuoto di contenuti e non è di seconda importanza. Anzi, ogni sua domenica è la sintetica celebrazione di tutto il mistero di Cristo e il “tempo ordinario” – nella serie delle sue domeniche – approfondisce questo mistero colto nella sua globalità. E’ nel suo scorrere discreto che “accade” la salvezza.
Questa domenica cade durante l’Ottavario di preghiera per l’Unità dei cristiani. Così continuiamo la preghiera di Gesù, che, durante l’Ultima Cena, con intensità ha chiesto al Padre la grazia che i suoi discepoli siano uniti in lui e tra di loro: essi devono essere per il mondo il segno concreto della stessa unità sua con il Padre. Gesù sa infatti che gli uomini non arrivano a credere in lui grazie a discorsi convincenti, ma grazie alla testimonianza d’amore che unisce i suoi discepoli. Per questo San Paolo, facendo proprio il desiderio di Gesù, esorta i cristiani di Corinto, tentati da gelosie e invidie, a superare ogni contrasto per amore del Signore. Egli si serve di un’immagine, comprensibile a tutti, quella delle varie membra del corpo che, pur molto diverse tra loro, sono a servizio le une delle altre. Come il corpo gode delle differenti capacità di tutte le membra, e soffre per la sofferenza di ciascuna, così la Chiesa.
Le divisioni in atto tra i cristiani fanno soffrire il Corpo di Cristo. Sono divisioni non volute da Dio le inimicizie tra ortodossi e cattolici, tra protestanti e anglicani; e sono divisioni che indeboliscono la testimonianza evangelica anche le liti che sorgono nelle parrocchie, o che emergono in gruppi di preghiera o di servizio, come pure le discordie tra parenti o le inimicizie tra famiglie. Che ci tiene divisi è la caparbietà, l’ambizione e l’avidità, la superbia e l’orgoglio, non l’amore al Signore né l’amore alla sua verità! Tali divisioni non accadrebbero se dessimo alla parola di Gesù l’importanza che essa merita: essa è più importante delle nostre belle idee e dei nostri desideri.
La parola che aumenta l’intelligenza e il cuore
Ne 8,2-4.5-6.8-10; Salmo 18; 1Cor 12,12-31; Lc 1,1-4; 4,14-21
Il tempo ordinario, che abbiamo iniziato con le festa del Battesimo di Gesù, non è vuoto di contenuti e non è di seconda importanza. Anzi, ogni sua domenica è la sintetica celebrazione di tutto il mistero di Cristo e il “tempo ordinario” – nella serie delle sue domeniche – approfondisce questo mistero colto nella sua globalità. E’ nel suo scorrere discreto che “accade” la salvezza. Quindi, ogni domenica, se l’uomo si lascia aperto all’irrompere dell’appello di Dio, si fa instante (kairos) messianico, si fa chiamata a corrispondere a Lui che raggiunge ciascuno nella sua storia. Ed è nella nostra storia che la risposta/sequela deve essere espressa, o meglio è il luogo favorevole ove Dio si disvela e si offre come vero senso della nostra esistenza personale e comunitaria. Infatti, le letture di questa domenica sono un’illustrazione di queste riflessioni che procedono.
La scena di Gesù che legge nella sinagoga di Nazaret dal rotolo del profeta Isaia (61, 1-2) è preparata da quella narrata nella prima lettura. Lo scriba e sacerdote Esdra, davanti all’assemblea, apre il rotolo della legge, il popolo si alza in piedi e risponde alla benedizione con un duplice “Amen”, levando le mani in cielo. Poi tutti si prostrano con la faccia a terra riconoscendo cosi la presenza del Signore, poiché scoprono e lodano Dio che parla e che fa alleanza. E il popolo si mette in un atteggiamento di ascolto/risposta.
Il passo letto e commentato da Gesù, nel Vangelo, annuncia la liberazione. La salvezza viene presentata come rovesciamento della situazione presente, e Gesù afferma chiaramente che questa salvezza/liberazione promessa da Dio è presente e operante qui, ora, nella sua persona. Si tratta di una liberazione totale, che riguarda l’uomo in tutte le sue dimensioni. La salvezza/liberazione dell’uomo non è totale se si limita a risolvere il solo problema della fame fisica, del pane, ma trascura la fame spirituale, degli ideali, tali la giustizia e la pace, le vere ragioni per vivere e la possibilità di “essere veramente uomini”. Cioè è una liberazione che si colloca nella linea dell’essere.
La prima sovrastruttura da abbattere è l’io con le sue malattie spesso inguaribili. E’ quindi qualcosa che va conquistato e ricercato giorno per giorno. E’ un dono regalato da Cristo, a patto di riconoscerci anche noi poveri, prigionieri, ciechi, oppressi dalle catene sovente costruite con le nostre mani e a cui finiamo per abituarci.
La Parola di Dio che ci viene proposta in modo particolare nella santa messa ci dispone in modo particolare a questa liberazione. Dobbiamo considerare la messa e la Parola di Dio nostra più preziosa eredità.
Don Joseph Ndoum