Anche questa domenica la vigna ritorna ad essere l’ambientazione delle parole di Gesù. C’è un padre che chiede ai suoi due figli di andare a lavorare nella vigna. Il padre della vicenda evangelica è un uomo che offre la libertà: di andarci, di non andarci, di dire anche di no. Dio ci pone dinanzi ad una scelta, non si impone ma si propone. Non ci sarà mai gioia senza la libertà.
Nella risposta dei due figli c’è anche la nostra risposta, la nostra contraddizione. Diciamo una cosa e ne facciamo un’altra, facciamo una cosa ma avremmo voluto fare tutt’altro. A volte Dio chiede troppo oppure abbiamo troppo per ascoltare Dio. Ma cosa vuole davvero il Padre da noi? Figli liberi e sinceri, figli felici e coraggiosi. Dio ci chiede di credere in lui e di non nasconderci, perché lui crede in noi; Dio ci chiede di fidarci di Lui e di non avere paura perché lui ha fiducia in noi. Pubblicani, peccatori, prostitute, sono esempi per farci comprendere che il cuore di Dio è così grande da contenerci tutti. Il problema invece è il nostro cuore che fa la lotta con la verità di noi stessi. Dio non si ferma dinanzi alle apparenze, Egli guarda il cuore. A Dio non interessa quello che si dice, ma quello che si fa. «Non amate a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità» (1Gv 3,18). L’amore vero non può fingere, non può nascondersi dietro un falso sì!
Meglio la ribellione e il fastidio, quel no sbattuto in faccia a Dio che, in realtà, è una forma mascherata di nostalgia: di voglia di ritornare a casa, di ritrovarLo, di ritrovarsi. Quella casa che nel Vangelo non è questione di mura e d’arredamento ma rimane lo spazio degli affetti, dell’intimità, dell’incontro con Lui, della memoria e dell’attenzione. Ritornando a casa Dio non ci chiede affatto d’umiliarci di fronte a Lui, ma di rimanere uomini liberi: in piedi. Per poter essere uomini veri. Dio ci chiede il coraggio di cambiare idea! Da persone mature e intelligenti, Dio ci chiama a credere più a lui che a noi stessi, a fidarci più di lui che delle nostre deboli e apparenti sicurezze.
Chi crede allora? Non chi si riempie la bocca di propositi, di preghiere o di dichiarazioni d’amore. Crede chi porta frutti, crede chi, pur riconoscendosi peccatore, ama nella sincerità e nel dono di sé. Crede chi sa dialogare con Dio presentandogli paure e dubbi, stanchezze e fallimenti. Crede chi sa andare controcorrente aprendo il cuore a una voce che oggi ti chiama e ti chiede di lavorare nella sua vigna. Crede chi accoglie questa voce e comincia a lavorare nel proprio cuore imparando a cambiare idea e a fidarsi un po’ in più di Dio.
Fonte: don Ivan Licinio sul suo blog