Abboccare all'(ti)amo di Gesù
La liturgia della Parola di oggi sembra adeguarsi al ritmo delle nostre giornate: sempre di fretta! Giona annuncia a Ninive che ha ancora quaranta giorni di tempo prima di essere distrutta; Paolo ci ricorda che il tempo si è fatto breve; Gesù chiede di convertirci perché il tempo è compiuto.
La dimensione del tempo breve è, in realtà, collegata a quella dell’incontro con Dio. Fai presto che Dio vuole incontrarti! Non perdere tempo e vai incontro a Lui! Gli antichi distinguevano fra kronos, lo scorrere cronologico del tempo, e kairos, il tempo di grazia in cui si manifesta Dio. Queste due realtà non sono separate ma coesistono perché il kairos abita il kronos e fa in modo che tutto quello che è ordinario possa diventare un’occasione per Dio di renderci la vita straordinaria! Quando incontriamo Dio tutto diventa nuovo e relativo: agli abitanti di Ninive, dopo essersi pentiti, viene offerta una nuova possibilità; Paolo ci invita a riconsiderare ogni cosa della nostra vita in relazione al Signore, al punto tale che tutto diventa relativo. Infine, Gesù unisce l’annuncio del compimento del tempo alla chiamata dei primi discepoli. Passando vede questi uomini con la loro fatica e gli chiede di seguirlo. Incontra l’uomo nel suo kronos, nelle sue attività quotidiane, per offrirgli un kairos, un tempo di grazia.
Gesù come ha fatto allora così continua a passare oggi nella nostra vita, vedendo il nostro impegno, le nostre difficoltà e chiedendoci di lasciare tutto per seguirlo. Per alcuni lasciare tutto è una scelta necessaria e radicale mentre per altri significa non legarsi mai veramente a qualcosa se non a Dio solo, nell’ottica che già San Paolo descrive nella prima lettera ai Corinzi.
Chiunque decida di seguire Gesù, però, deve tenere presente le due dimensioni dell’apostolato: quella del pescatore e quella del riparatore.
Gesù chiama Simone e Andrea mentre gettavano le reti per farne pescatori di uomini. Che bella questa immagine: i cristiani sono quelli che vanno a pescare quegli uomini che sono nell’abisso del dolore o della disperazione, quegli uomini che sono stati sommersi dal pregiudizio e dalla cattiveria; quegli uomini che sprofondano nella miseria e nell’indifferenza degli altri. Bisogna pescarli tutti per riportarli alla Luce. L’esca a disposizione di ogni cristiano è la testimonianza, fatta di parole e soprattutto di opere. Se vogliamo tirare in barca – simbolo della Chiesa – molti uomini, dobbiamo “farli abboccare” attraverso l’esempio di una fede vissuta con coerenza in quel mare magnum di cose e di luoghi che ogni giorno facciamo e frequentiamo. Anche il mondo prova a farci abboccare al suo amo ma quello di Gesù è un (ti)amo che salva. A noi il compito di gettarlo continuamente e di attendere con pazienza che le reti si riempiano.
Tuttavia il compito dell’apostolo non è solo quello di pescare ma anche quello di riparare la rete affinché questa sia capace di accogliere quanti più uomini possibili. Questo vuol dire che il cristiano è uno che crea reti, relazioni, è uno che unisce, non divide e non è diviso. Chi decide di seguire Gesù è unito a Lui e fa in modo che la sua vita sia dimostrazione di unità. Quante divisioni, purtroppo, esistono nelle famiglie, nelle comunità, fra gli uomini. Riparare la rete vuol dire riallacciare i rapporti, rinforzare la trama delle nostre relazioni, riordinare i fili ingarbugliati della nostra vita per incrociarli con il filo maestro di Dio. È questo lavoro paziente che ci permette di avere una rete sicura alla quale aggrapparsi nei periodi difficili della vita.
Siate pescatori di uomini capaci di incontrare gli uomini nelle cattive acque in cui navigano e di tirarli in barca con una rete resistente, intrecciata di misericordia e coerenza.
Fonte: don Ivan Licinio