«Che cosa cercate?».
L’uomo è per sua natura un cercatore. Siamo continuamente alla ricerca della felicità, dell’amore, di senso. Impostiamo le scelte della vita sull’oggetto della nostra ricerca. Certo, questa esperienza comune si frastaglia in mille direzioni differenti. Tutti, ad esempio, possiamo riconoscerci nel bisogno di felicità: ma quale felicità cerchiamo? Come la cerchiamo? Quali strumenti ce ne assicurano il possesso? E il rapporto con gli altri che posto ha in questa appassionata ricerca?
Ci rendiamo conto, allora, che la domanda fatta da Gesù oggi è molto più complessa e profonda di una semplice richiesta di informazioni. Anche i discepoli, che decidono di seguire Gesù fidandosi della parola di Giovanni Battista, sono uomini alla ricerca, alla ricerca di Dio. In Dio è ricapitolata ogni cosa, ma proprio perché in Lui possiamo trovare tutto ciò di cui abbiamo bisogno, siamo interrogati a comprendere bene cosa cerchiamo davvero. Thomas Eliot diceva che: «Non finiremo mai di cercare. E la fine della nostra ricerca sarà l’arrivare al punto da cui siamo partiti e il conoscere quel luogo per la prima volta». Credo che ogni ricerca dell’uomo sia mossa da una profonda nostalgia di Dio, il punto da dove è partita la nostra esistenza e la meta verso cui siamo diretti.
Questa inquietudine si manifesta nella domanda dei discepoli: «Maestro dove dimori?». Ci chiediamo dov’è Dio quando veniamo a sapere di eventi terribili. Ci diciamo: «Dov’è finito il suo amore, se tanti innocenti piangono?». Ce lo chiediamo quando decidiamo di prendere tra le mani la nostra esistenza, trascinati come siamo tra sogno e realtà. La domanda risuona inquietante quando ci interroghiamo sul futuro della nostra vita e della nostra storia, quando siamo minacciati dalla malattia, dall’incertezza, dalla paura, dalla disperazione. Maestro dove abiti?
Mi pare che dall’intera liturgia della Parola di oggi ci vengano tre indicazioni su dove poter trovare Dio: nel Tempio; in noi; lungo la strada.
Nel primo libro di Samuele, Dio manifesta la sua presenza nel Tempio, di notte, quando tutto intorno a noi o dentro di noi è buio. Il profeta, grazie all’aiuto di Eli, riconosce la voce del Signore iniziando, così, la sua missione. Ogni chiesa, dalla cappellina di campagna alla cattedrale della città, è un luogo dove poter incontrare Dio. La partecipazione ai sacramenti, l’ascolto della Parola, le varie proposte per approfondire il cammino personale di fede, sono tutte occasioni per trovare Dio e renderlo presente nella nostra vita. Tuttavia non dobbiamo correre il rischio di rinchiudere Dio in quattro mura e di relegarlo alla sacrestia. Il Signore non può essere uno dei tanti appuntamenti in agenda: per cui se serve il medico vai in ospedale, se serve da mangiare vai al supermercato, se serve Dio vai in chiesa. Ragionando in questo modo trasformeremmo la nostra fede in un servizio di pubblica utilità: deve essere sempre garantito nel momento in cui ce n’è bisogno. Così le parrocchie diventano “messifici” o dispenser di certificati e di sacramenti, chiesti in funzione di altri sacramenti. Attenzione! Non facciamo di Dio soltanto una “cosa di chiesa”.
San Paolo ci fa fare un passo in avanti ricordando ai Corinzi che ogni cristiano è tempio dello Spirito Santo, è dimora di Dio. Passiamo dal tempio-edificio al tempio-cuore. Dio respira attraverso di noi, è vivo in noi anche se, a volte, lo pensiamo lontano da noi, lassù, indifferente e distratto. Dovremmo imparare a guardarci meglio dentro quando cerchiamo Dio fuori. Strumenti utili per aguzzare la vista sono il dialogo nella preghiera personale o anche avere un padre spirituale che ci accompagni lungo la vita aiutandoci a leggere la presenza e l’azione di Dio nelle pieghe della nostra storia. San Paolo, poi, ci chiede: «Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito». Portare Cristo in noi, diventando un solo spirito con Lui, ci provoca a portare Cristo verso coloro che hanno più bisogno di Lui, in quei luoghi dove anche Lui sarebbe andato, verso quelle vite che hanno bisogno di essere guarite. Un antico adagio, recita così: «Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare oggi il suo lavoro. Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora siamo l’ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole».
Di conseguenza, Dio possiamo incontrarlo anche lungo le strade, così come i discepoli hanno incontrato Gesù che passava di lì. Saper riconoscere Dio nel prossimo che ci passa accanto non è semplice se prima non lo abbiamo riconosciuto nel Tempio e nel Tempio del nostro cuore. Per questo abbiamo bisogno di testimoni che sappiano indicarci sempre Gesù. Eli aiuta Samuele a riconoscere la voce di Dio, lo Spirito Santo testimonia la presenza di Dio in noi, Giovanni Battista indica l’Agnello di Dio che passa. Si tratta di fidarsi di chi sa indicare Dio mettendo da parte se stesso. Oggi ci sono tanti falsi profeti che più che annunciare Dio testimoniano il loro Io; ma quando incontriamo Gesù grazie alle indicazioni di chi lo ha riconosciuto prima di noi, allora tutto cambia e quel momento sarà speciale per tutta la vita. L’evangelista annota addirittura l’orario dell’incontro con Gesù: «erano circa le quattro del pomeriggio», particolare irrilevante ai fini del racconto, ma che evidenzia come, nonostante il tempo passato, quell’istante sia rimasto impresso. Allo stesso modo, dopo l’incontro con il Maestro, la vita di Simone cambia radicalmente, a partire dal nome che da quel momento in poi sarà Cefa, Pietro.
Tutti noi possiamo sperimentare questo Amore che ci abita, ci trascende e cambia ogni volta la nostra esistenza. Dobbiamo solo accettare l’invito di Gesù: «Venite e vedrete». Non si tratta di dirigersi verso un luogo stabilito ma di iniziare un itinerario in sua compagnia. È singolare che nel Vangelo di Giovanni la prima parola del Gesù terreno sia: «Che cosa cercate» mentre la prima del Gesù risorto sia: «Chi cerchi?». Ad indicare che ognuno inizia il cammino alla ricerca di qualcosa per poi accorgersi che è alla ricerca di Qualcuno.
Ogni ricerca, ogni vita, acquista un senso solo grazie alla Persona con la quale si decide di rimanere.
Fonte: don Ivan Licinio