In questa terza domenica di Quaresima entriamo in punta di piedi in una pagina evangelica intima e profonda. Il dialogo tra Gesù e la Samaritana al pozzo è forse uno degli incontri più belli e simbolici di sempre.
Innanzitutto nulla è lasciato al caso. Dal versetto precedente a quello iniziale del Vangelo che abbiamo ascoltato oggi, sappiamo infatti che, pur non essendoci la necessità, «bisognava che lui [Gesù] passasse attraverso la Samaria» (Gv 4,4). Una terra, ricordiamolo, considerata infedele dai giudei e facilmente evitabile seguendo la via normale della Transgiordania. E invece no, «bisogna» passare di là. Gesù, allora, sente il bisogno di incontrare i lontani per riportarli, attraverso il suo sacrificio, all’unica famiglia del Padre. Per questo l’incontro con la Samaritana e più in generale l’incontro con tutti quelli che vivono o si sentono lontani da Dio, è un incontro organizzato. Il caso non esiste, anzi diceva Einstein che «il caso è la firma di Dio quando vuole restare anonimo». E non è un caso, appunto, che l’incontro con la samaritana avvenga proprio alla stessa ora della Passione – l’ora sesta – e che il dialogo fra i due inizi con le ultime parole di Gesù sulla croce: ho sete.
Dunque, capite bene che siamo di fronte all’incontro decisivo fra Dio e l’umanità.
Ed eccolo qui Gesù: è affaticato dal viaggio e seduto vicino al pozzo. I discepoli sono andati verso la città a comprare da mangiare. Oltre a Gesù non c’è nessun altro affinché l’incontro avvenga nella solitudine, in quel segreto del cuore dove Dio vede, in quell’abisso che ci portiamo dentro e che è richiamato dall’immagine del pozzo.
Arriva la Samaritana. Questa donna ha avuto cinque mariti e ora convive con un altro uomo; possiamo ben immaginare cosa dicesse la gente di lei. È una donna che è stata isolata dalla comunità e, di conseguenza, lei stessa ha scelto di isolarsi. Ecco perché, per andare a prendere l’acqua al pozzo, sceglie un orario nel quale può sfuggire a occhi indiscreti; sa che nessuno l’aspetta. È triste non sapersi attesi.
Invece Gesù aspetta proprio lei. Ma lei non si aspetta né di incontrarlo né tantomeno che quel maestro, giudeo, rivolgesse la Parola a lei, una donna di cattiva fama e perlopiù samaritana cioè eretica.
Inizia il dialogo: «Dammi da bere».
La richiesta di Gesù sarà suonata alla Samaritana come l’avance di uno intraprendente. In realtà è proprio così. È l’inizio di un corteggiamento! Nella storia biblica, ai bordi di un pozzo, diversi personaggi hanno corteggiato le loro future spose ma Gesù, a differenza loro, non esibisce forza e coraggio ma la propria debolezza. Gesù ha sete proprio come la donna che viene ad attingere l’acqua: è questa sete che li accomuna.
E noi di che cosa abbiamo sete? Nel deserto della prima Domenica di Quaresima ci eravamo chiesti di cosa avevamo fame. Oggi interroghiamo la nostra sete perché c’è acqua e acqua, come c’è vita e vita. C’è un’acqua stagnante, morta, che non disseta e un’altra acqua mossa dal respiro dell’amore, che zampilla in vita eterna. Scegliamo quale acqua vogliamo bere, perché non tutte soddisfano la nostra sete. La donna samaritana ha avuto sei uomini eppure non ha ancora trovato ciò che desidera.
E qual è la sete di Gesù? Gesù ha sete di me, di te, di tutti noi.
È straordinario pensare che noi, con le nostre debolezze, siamo l’acqua che Gesù desidera. A volte ci chiediamo se Dio sia all’altezza di rispondere alle nostre esigenze e invece Gesù è lì che ci aspetta quando meno ce l’aspettiamo, pronto a donarci quell’acqua di cui abbiamo bisogno. La nostra sete è appagata solo se conosciamo nello Spirito l’amore del Padre per noi: uno vive e ama nella misura in cui si sente accolto e amato.
È dunque lo Spirito il dono che Gesù fa alla Samaritana, in Lui la donna ha trovato il suo vero sposo, la sua ragione di vita. Le brocche che aveva portato per prendere l’acqua ora non le servono più, le può anche abbandonare perché ha capito che sono il segno della schiavitù di avere sempre qualcosa da riempire ma che puntualmente si svuota.
E corre a dirlo a tutti, senza vergogna. Ora può incontrare i suoi concittadini a testa alta perché ha trovato qualcuno che l’ha sempre desiderata, qualcuno che, con umanità e senza giudicarla, più che mostrarle le sue mancanze, le ha donato ciò che le mancava.
Lasciamoci incontrare da Gesù accanto al pozzo dei nostri errori, nella profondità del nostro cuore dove, ristagna il desiderio di felicità. Sia Lui a smuovere le acque perché tutto riabbia in noi un significato, perché la sua acqua possa ridonarci la vita.
La Chiesa, ognuno di noi, come la donna di Samaria, trovi in Gesù lo Sposo che la riscatta dai suoi fallimenti e il dono dello Spirito ci aiuti a dissetare chi ha sempre più sete di amore.
Buon cammino quaresimale, insieme.
Fonte: don Ivan Licinio oppure il canale Telegram