Toccati dall’amore
Lebbroso è uno che prima di essere un malato è un escluso. Al dolore del corpo si aggiunge l’emarginazione sociale e, nel caso della cultura ebraica del tempo, anche il giudizio morale, poiché la malattia era vista come un castigo divino per le colpe commesse.
Come mi piacerebbe dire che oggi non è più così, che ci siamo emancipati, che nessuno viene più abbandonato nel suo dolore, che abbiamo ripudiato l’idea di un Dio che castiga con le malattie e le catastrofi naturali. Purtroppo la pandemia ha riportato in auge concezioni della vita, del prossimo e anche di Dio che pensavamo aver superato. Oggi sempre più spesso guardiamo con sospetto l’altro, lo identifichiamo con la malattia. Allo stesso modo la paura della malattia ci fa avere paura dell’altro, chiunque esso sia, perché può rappresentare un pericolo. Per difenderci, allora, ci siamo prima chiusi in casa ma a questa chiusura legittima ha fatto seguito poi una chiusura in noi stessi con effetti sempre più gravi. Ne consegue che oggi ci sentiamo un po’ tutti come i lebbrosi del Vangelo: soli, ai margini, esclusi, impauriti, disorientati.
Ma dal lebbroso del Vangelo abbiamo anche tanto da imparare. Pur trovandosi in una situazione di estrema sofferenza, non pretende nulla da Dio. «Se vuoi, puoi purificarmi». La sua preghiera non è una richiesta di rimborso, qualcosa che il Signore deve restituirgli per forza poiché precedentemente lo ha preso ingiustamente. In quel «se vuoi» c’è l’abbandono totale alla volontà di Dio, nonostante il dolore.
Vedendo questo suo modo di pregare Gesù, mosso dalla compassione, compie due gesti profondissimi e altamente simbolici: gli tende la mano e lo tocca. Rimette in piedi quell’uomo messo in ginocchio dalla vita e tocca con mano il suo dolore; cose che nessuno si sarebbe sognato di fare verso un lebbroso. Sono segni che guariscono il cuore prima del corpo, che ridanno dignità, inserendo nuovamente quest’uomo nella comunità. Sono gesti che vengono offerti a ciascuno di noi, continuamente, soprattutto nel sacramento della riconciliazione.
Ai due gesti corrispondono due richieste da parte di Gesù: ringraziare e testimoniare quanto ricevuto con un nuovo percorso di vita. Azioni che dovrebbero appartenere a tutti quelli che, in un modo o in un altro, sono stati guariti da ciò che li aveva costretti a terra. Non possiamo sperimentare nella nostra vita l’azione potente di Dio e poi continuare a vivere come prima o come se nulla fosse successo. La testimonianza entusiasta del lebbroso guarito fece in modo che Gesù non potesse più entrare in una città, tanta era la fama che lo precedeva. Figuriamoci se ognuno di noi testimoniasse l’amore di Dio che riceve ogni giorno, al di là del miracolo o del prodigio. Ci troveremmo in un mondo dove nessun lebbroso, qualunque sia la sua lebbra, sarebbe più costretto a supplicare in ginocchio.
Buon cammino, insieme.
Fonte: don Ivan Licinio