Le stanze dell’anima
Per dire “chi è” Giovanni Battista, il Vangelo di Marco riferisce anche come si veste e cosa mangia. Diversamente da noi che identifichiamo qualcuno soffermandoci su idee, valori, affetti, capacità e professione, il Vangelo si focalizza perfino su aspetti non particolarmente elevati, ma anzi comuni, banali, come appunto abbigliamento e cibo.
Anche in questo i Vangeli assomigliano al Signore Gesù che descrivendo il Padre, se stesso e lo Spirito Santo, non parte da chissà quali altezze, ma si piega verso le realtà della terra, come il lievito, il seme che cade e muore, il vento che soffia dove vuole. Forse il discepolo del Figlio di Dio dovrebbe custodire anche questo tratto del Maestro: osservare negli altri e in se stesso, non solo le espressioni solenni e altissime, o perfino appariscenti, limitandosi a visitare il salotto di un’anima.
È pure necessario percorrerne e abitare il guardaroba e la cucina. Perfino lo sgabuzzino dove si ammucchiano cose che non si vogliono più vedere, considerate ormai insignificanti. Non solo e non innanzitutto il salotto dell’anima dice chi siamo e chi sono gli altri. L’anima ha ambienti non “in vetrina”, eppure custodi di gran parte della nostra e altrui identità.
Il Battista non è descritto solo grazie alle sue parole, all’ardore della sua profezia, al suo altissimo ufficio, ma anche in base a vestito e cibo. Del resto tutto il Vangelo di Marco è attento agli abiti di Gesù; perfino all’orlo del suo mantello da dove esce una potenza risanante, o alle vesti bianchissime della Trasfigurazione, strappate prima della sua crocifissione. E così pure i vangelisti guardano con cura a come il Signore mangia: ringraziando il Padre per quanto ha tra le mani, condividendo e donando quanto ha nelle mani.
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don Giovanni Cesare Pagazzi (annuario al 04/09/2019)
Fonte: L’Osservatore Romano