Natale che non finisce
“L’Epifania tutte le feste porta via”. Così recita il detto popolare con il quale si indica che con la Solennità che celebra la visita dei Magi si chiude il tempo di celebrazioni, incontri, auguri, luci e scambio di regali. Con l’Epifania si smontano le decorazioni e i presepi, e con un po’ di senso di nostalgia si chiude un periodo di tempo considerato decisamente migliore e gioioso al confronto di quello della vita ordinaria.
Con i magi che tornano al loro paese (come scrive l’evangelista Matteo) anche noi torniamo al tempo feriale, e il sipario sul Natale per quest’anno si chiude.
Ma non è così! Non è così nell’insegnamento del Vangelo e tantomeno nella liturgia.
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Il “tempo liturgico” del Natale non si chiude con l’Epifania ma con la festa che ricorda il Battesimo di Gesù nel Giordano.
A livello di narrazione la storia del Natale fa un lunghissimo salto temporale in avanti, e ingloba Gesù che già adulto, si immerge nelle acque e dal cielo arriva il messaggio di Dio. Non si chiude il sipario, ma si aprono i cieli. Lo “spettacolo” è solamente iniziato, e tutta la storia di Gesù bambino è solo una anteprima. Il bello deve ancora venire!
Chi è Gesù Cristo? Chi siamo noi che portiamo il suo nome come cristiani? «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Questo messaggio è il vero significato del Natale che solo ora inizia davvero. Solo ora Gesù, “Dio-fatto-uomo” si mette pienamente in azione per cambiare il mondo e renderlo più divino e quindi più umano. E questo è possibile solo nella forza dell’amore.
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Con questa consapevolezza di essere amato da Dio, Gesù porta avanti la sua missione perché questo amore sia percepito nella mente e nel cuore dei suoi contemporanei, a partire dai più “non” amati, dai più emarginati, piegati da ingiustizie, pregiudizi, sofferenze, e piegati anche dai propri limiti e peccati.
Con Gesù, i cieli come un sipario si aprono, e Dio, che sembrava incomprensibile, misterioso anche per il modo molto spesso sbagliato di annunciarlo, appare sempre più chiaro e amabile.
Lo Spirito di vita di Dio scende su Gesù e scende sul genere umano come una nuova creazione. Dio Padre aveva creato il mondo, ora lo crea di nuovo con la storia di Gesù, suo Figlio.
Il battesimo di Gesù nel fiume Giordano mi porta a ripensare il mio battesimo, quando sono diventato cristiano, cioè quando sono stato diventato “come” Gesù.
La sua storia è la mia storia. Dentro la mia vita, le mie parole e azioni ci sono le sue, per uno “spettacolo” che non si chiude con lo spegnersi delle luminarie natalizie.
Se rimetto negli scatoloni le decorazioni insieme alle statuine del presepe, non posso inscatolare la mia vita da battezzato, ma la devo tenere sempre fuori, sia nei giorni di festa come in quelli feriali; sia quando lodo, prego e canto in chiesa alla domenica, sia tutti gli altri giorni della settimana, quando lavoro, incontro le persone, quando faccio le cose più banali, anche quando faccio fatica, quando sto male.
I cieli aperti, anzi squarciati, indicano che il sipario sulla vita di Gesù non si può più richiudere a meno che non sia io a farlo, non tanto con il peccato, ma con l’indifferenza e la superficialità con le quali a volte vivo il mio battesimo.
Sono figlio amato, siamo figli amati, ed è questo ciò che possiamo sperimentare come cristiani in un Natale di vita sul quale non si spengono le luci, perché non finisce mai.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)