Poveramente ricchi
Il racconto del Vangelo di questa domenica non poteva partire da una situazione più attuale anche per noi oggi. Gesù viene avvicinato da un uomo che, da quel poco che dice, è vittima di una ingiustizia riguardo un’eredità in famiglia. Non ci viene detto molto, ma possiamo già farci una mezza idea del dramma di quella famiglia: due fratelli che si ritrovano divisi uno contro l’altro per problemi di soldi. Penso che in tutte le famiglie ci siano storie che richiamano questa situazione, storie di conflitti per questioni di soldi e beni. Spesso sono storie di grandi sofferenze che partendo anche da soli due contendenti arrivano a creare solchi dentro tutti i componenti di una famiglia, come anche dentro un gruppo di persone che erano unite da amicizia e collaborazione, e anche solchi tra popoli fratelli.
La guerra in Ucraina è la rappresentazione più attuale e macroscopica di cosa accade quando ci si divide per il controllo di beni e territori, e di come popolazioni che si consideravano sorelle, con una lingua simile e una tradizione religiosa identica, arrivano ad un odio profondo e omicida.
Quest’uomo che dalla folla emerge a chiedere a Gesù di prendere posizione, trova però una risposta che anche per noi è spiazzante! Gesù si rifiuta di rispondere alla domanda di giustizia economica, anche perché non è quello il suo compito, e non avrebbe nulla di nuovo da dire rispetto a quello che già era scritto ed era previsto dalla legge. Gesù non ha una risposta alla domanda sulle questioni ereditarie, ma ha una risposta al problema che sta sotto quella faccenda, cioè due fratelli divisi che litigano per il denaro. È questo il problema vero per Gesù, e per il quale bisogna fare un discorso più alto e nello stesso tempo più profondo.
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I due fratelli hanno smesso di considerarsi fratelli, e nel loro cuore non c’è altro spazio che per il denaro dell’eredità. La loro fraternità è distrutta dal denaro pensato come bene vero e assoluto. Sia l’uno che l’altro fanno dipendere la loro felicità dall’avere l’eredità, sia tutta o anche la giusta parte.
Ma è proprio questo che Gesù sottolinea e richiama, con parole che ovviamente vanno oltre quella situazione e arriva a noi, a me, al mondo di oggi.
La mia vita da cosa dipende? Cosa mi fa vivere, sorridere, gioire e ringraziare il cielo? Con quale progetto mi alzo al mattino per rendere la mia giornata bella, e con cosa posso andare a letto pensando di aver speso bene il tempo che ho passato? Cosa sto accumulando e dove sto arricchendo dentro la mia vita?
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Sembrano domande troppo alte e poco concrete, eppure proprio dalla giusta risposta dipende anche la mia vita concreta.
Due cari amici in queste ore stanno attendendo la nascita della figlia tanto attesa. Sono certamente preoccupati come tutti del lavoro, del guadagnare quel che è giusto, di avere una casa dignitosa e un buon tenore di vita. Ma sono sicuro che difronte alla vita che nasce dal loro amore e la prospettiva di crescere questa vita nell’amore, tutto il resto appare infinitamente meno importante per la loro felicità, e che nulla è paragonabile come ricchezza al loro amore che diventa nuova vita.
Gesù ci dice proprio questo con il suo insegnamento. Anche nella breve parabola dell’uomo che accumula ma poi muore, ci vuole dire che se togliamo l’amore dalla nostra vita, i beni, anche quelli onestamente guadagnati, alla fine ci dividono dentro e ci dividono dal prossimo.
Nel mondo che nasce dal Vangelo il bene più grande è l’altro, mio fratello e sorella. Per il cristiano la ricchezza più grande non è quella che entra nelle mani (o in banca) ma è l’amore che esce dal cuore e dalle mani.
Giovanni don
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)