don Giovanni Berti (don Gioba) – Commento al Vangelo del 29 Gennaio 2023

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Angosciose beatitudini

“Angosciose beatitudini”. È così che le ha definite un amico volendo sintetizzare il suo commento a queste parole di Gesù all’inizio del capitolo quinto del Vangelo di Matteo. Le beatitudini sono dette anche “il discorso della montagna”, infatti la location descritto dall’evangelista è su un monte (“vedendo le folle, Gesù salì sul monte”). Matteo non specifica esattamente quale monte e per questo motivo sembra più voler dare una indicazione simbolica che geografica.

Questo monte è forse la prima “angoscia” che crea il brano, come quella che ti prende quando devi per davvero percorrere un sentiero ripido e stretto per arrivare alla vetta in montagna. Se vuoi arrivare in alto non puoi che passare di lì, altri sentieri magari più facili non ci arrivano, e camminando ti viene quasi la tentazione di lasciar perdere e tornare indietro. La montagna è lì a sfidarti anche nella sua bellezza.

La vetta del monte di Gesù è la beatitudine, ma il sentiero indicato da Gesù appare però impegnativo e difficile, e a tratti addirittura contraddittorio. Come può dire “Beati i poveri”? “Beati coloro che piangono”? “Beati coloro che cercano la pace”? Oggi? Come si fa ad arrivare alla beatitudine attraverso la povertà, le lacrime, la ricerca della pace e la mitezza, in un mondo come il nostro attuale dove la strada della vittoria passa solo dalla forza, dalla ricchezza, dalla mancanza di problemi? Gesù indica una vetta nella vita spirituale, la beatitudine, ma la strada sembra impraticabile e mette forse angoscia, e sicuramente fa sorgere molti dubbi se sia la strada giusta.

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Il 12 gennaio di quest’anno è morto fratel Biagio, missionario laico. Non conoscevo prima la sua storia, ma mi ha colpito la risonanza che ha avuto a livello nazionale la notizia della sua scomparsa. Biagio Conte ha vissuto ed è morto a Palermo all’età di 59 anni. Nella città siciliana ad un certo punto, quasi 30enne, ha scelto la vita da povero per i poveri. Pur provenendo da una famiglia agiata e con un buon lavoro, non è rimasto indifferente alle povertà che gli stavano attorno e che non lo lasciavano tranquillo. Dedica quindi ogni sua energia per i più poveri per strada, per le situazioni di disagio per le quali ha mosso poi altre persone fondando la “Missione di Speranza e Carità”.

La povertà, la condivisione delle sofferenze, la ricerca del bene del prossimo, tutto questo è stato per lui fonte di beatitudine vera. Ha scelto di vivere nella povertà non come obbligo, non per paura di una punizione divina o nella promessa di un primo premio celeste, ma come fonte di felicità profonda già ora in, lungo il cammino della vita, proprio come dice Gesù con le sue parole. Per salire bisogna scendere… Questo è quello che insegna il Vangelo, questa è la buona notizia! Scendere significa abbassare le pretese, è cercare il bene comune, lasciare arrivismo e ansia di possesso, è abbassarsi a condividere le lacrime di chi piange, lasciarsi anche consolare, perdonare e farsi perdonare, cercare sempre la pace.

Le parole di Gesù sono davvero una indicazione per far salire in alto la vita, per farle acquistare una visione più ampia e vera, e più felice. A tutti noi che siamo abituati a vivere a basso livello, al livello del nostro egoismo contagioso, quello che dice Gesù appare altissimo e irraggiungibile se non da pochi. Il discorso della montagna sembra per noi un “Everest” affascinante ma angoscioso. Ma non è così. Non siamo soli nel salire la montagna del Vangelo. Gesù parla ai suoi amici perché a loro volta portino queste sue parole a tutti, e si formi la cordata umana che rende la vetta possibile per tutti.

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La beatitudine del Vangelo è possibile e ci fa sperimentare ogni volta la vetta di Dio. E l’angoscia si trasforma in speranza.

Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)