Oppio dei popoli?
Quasi quasi la storia che la religione è l’oppio dei popoli, come scriveva Marx padre del socialismo, non è poi così lontana dal vero…
Se prendiamo questa parabola di Gesù così com’è e la semplifichiamo in modo superficiale otteniamo questo insegnamento: i ricchi che vivono bene in questo mondo e non fanno nulla per i poveri alla fine della loro vita si troveranno nell’inferno senza nulla e nei tormenti eterni, mentre i poveri che soffrono in questa vita (bene rappresentati da questo uomo di nome Lazzaro morto di fame e pieno di piaghe) andranno in paradiso dove vivranno in eterno nel benessere totale. E l’ingiustizia che c’è nell’aldiquà si rovescerà nell’aldilà. Ed ecco l’oppio di Dio!
Prendendo spunto dalle parole di Marx, Lenin il padre della rivoluzione russa, nel 1905 scrive: “A coloro che faticano e vivono nel bisogno, per tutta la vita, viene insegnato dalla religione a essere sottomessi e pazienti mentre sono sulla terra, e a trarre conforto nella speranza di una ricompensa celeste. Ma a coloro che vivono del lavoro degli altri viene insegnato dalla religione a praticare la carità mentre sono sulla terra, offrendo così loro un modo molto economico per giustificare la loro intera esistenza di sfruttatori e vendendogli a un prezzo moderato biglietti per il benessere in paradiso.
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La religione è l’oppio dei popoli. La religione è una sorta di alcool spirituale, in cui gli schiavi del capitale annegano la loro immagine umana, la loro richiesta di una vita più o meno degna dell’uomo.»
La religione come sonnifero, come droga o alcool che addormenta ricchi e poveri, oppressori e oppressi, rimandando ad un futuro remoto, oltre la storia, il rovesciamento delle ingiustizie.
Ma questa parabola di Gesù richiede, come per tutto l’insegnamento del Vangelo, un atteggiamento da discepoli attenti e non da lettori superficiali. Gesù sta parlando ai farisei che ancora una volta sono affrontati da lui come “spacciatori” di una religione falsificata, di una visione di Dio caricaturale e snaturata. È a loro, e anche al fariseo che è dentro di noi, che Gesù racconta questa parabola non per rimandarci ad un futuro remoto ma ad un presente nel quale stiamo ora e adesso.
Il ricco della parabola non ha un nome e la sua identità è data dai suoi vestiti e dai suoi agi. Il povero è così povero che ha solo il suo nome, Lazzaro, che significa “Dio ti solleva, ti aiuta”. La sua miseria non è sconosciuta al ricco perché Lazzaro è alla sua porta e non alla porta di qualcun altro. Nel raccontare degli inferi in cui è mandato il ricco e degli angeli che trasportano in alto Lazzaro dopo la morte, Gesù non dà una descrizione dell’aldilà, ma vuole provocare sull’aldiquà.
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Quell’abisso che separa il luogo di Lazzaro con Abramo e il luogo di tormenti del ricco è quell’abisso di indifferenza che vediamo ancora oggi tra nazioni ricche e nazioni povere, tra coloro che sono nel benessere e coloro che sono nella povertà, è quell’abisso di egoismo che poniamo tra di noi anche all’interno di una comunità, di una famiglia, quando non vediamo chi sta male e non siamo visti quando siamo nel bisogno.
Gesù è venuto ad insegnare che quell’abisso incolmabile nell’aldilà, nell’aldiquà lo possiamo colmare. Non dobbiamo farci “addormentare” e pensare che non si può fare nulla, che le ingiustizie in questo mondo non si possono risolvere, che “non tocca a me…” ma sempre a qualcun altro o a chi ha il potere…
La fede cristiana non è una droga che rimanda al futuro, ma è uno stimolo per aprire gli occhi sul presente e diventare protagonisti del cambiamento che è possibile.
Non possiamo fare tutto da soli, certamente, ma è proprio della Chiesa come comunità di discepoli, il compito principale di credere in un mondo migliore, equo, giusto. Come Chiesa dobbiamo crederci e metterlo in atto!
Con i venti sempre più minacciosi di guerra, è davvero profetica ed evangelica la parola di papa Francesco che sembra essere l’unico ad invocare la pace e a crederci, al di là di ogni incredibile ingiustizia e orrore in questa guerra in Ucraina come in altre dimenticate.
La religione cristiana è davvero una droga se distrae dal presente e ci fa solamente alzare gli occhi al cielo dimenticando chi abbiamo davanti.
E per disintossicarsi da una droga così potente non esiste altro modo che tornare al Vangelo, a Gesù che per primo non è rimasto nei ricchi banchetti del cielo, ma è venuto nel mondo accanto a tutti i Lazzari della terra, di ogni luogo e tempo, facendosi Lazzaro anche lui.
don Giovanni
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)