don Giovanni Berti (don Gioba) – Commento al Vangelo del 24 Luglio 2022

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La lingua di Dio

L’altro giorno ho celebrato in una chiesa qui vicino alla mia parrocchia un matrimonio religioso tra due giovani residenti in Germania, lui di origine italiana e serba e lei di origine croata. In chiesa c’erano famigliari e amici di ben 4 lingue diverse, e davvero non sono sicuro che a parte gli sposi (spero…) tutti siano stati capaci di seguire e partecipare alla messa. Oltre al problema della lingua parlata, c’era sicuramente anche il problema della “lingua” stessa della liturgia, con parole, segni e preghiere che per molti probabilmente erano davvero una lingua nuova e sconosciuta. Ho iniziato la celebrazione (per chi poteva capire) sottolineando in modo ironico questa difficoltà di linguaggio, ma puntando sul fatto che in fondo eravamo tutti uniti da una lingua che tutti comprendono, di qualsiasi provenienza, cultura e religione, che è quella dell’amore.

Nel Vangelo di questa domenica, proseguendo il racconto di Luca, ci troviamo nella parte in cui l’evangelista ricorda Gesù che insegna la preghiera fondamentale dei cristiani, il “Padre Nostro”. Ci accorgiamo subito che la versione di questo evangelista è un po’ diversa dalla preghiera che conosciamo a memoria, e che è presa dal vangelo di Matteo. Ma poco importa, perché in fondo a Gesù stesso non importa affatto l’insegnamento di una “formula” con la quale rivolgersi in modo corretto ed efficace a Dio, come si trattasse di una formula magica. Al Maestro interessa che pregando, i suoi discepoli e noi comprendiamo “chi è” Dio veramente, e quale è la vera relazione da instaurare con lui.

Quando i discepoli chiedono che Gesù insegni loro a pregare, la prima parola è “Padre”, che l’evangelista Matteo arricchisce con “… nostro”. Ecco la preghiera vera che ha come primo effetto non quello di ottenere qualcosa, ma di aprirci gli occhi su chi è Dio per noi, per tutti. Gesù aggiunge anche quella piccola storia dell’amico che chiede all’altro amico un favore nella notte, perché non importa la formula magica, ma il cuore aperto a Dio, che spesso abbiamo “cammuffato” e “nascosto” dietro maschere inutili e fuorvianti di giudice severo, di padrone esigente, di essere indeterminato e distante, di prestigiatore di miracoli, di burattinaio della storia…

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Dio è Padre, Padre nostro… Basta questo per cambiare anche la comprensione di chi siamo noi e di chi ci sta accanto. Se come cristiani capissimo fino in fondo chi è Dio Padre, non faremmo più distinzioni severe tra religioni, tra culture e tradizioni diverse, tra praticanti e non praticanti, anche tra credenti e non credenti. Nel momento in cui insieme diciamo con le labbra “Padre nostro…”, il cuore è indirizzato a comprendere ogni altro linguaggio, e tutto quello che può dividere gli uomini inizia a scomparire.

E davvero iniziamo a comprenderci con la lingua universale dell’amore, perché è l’unica lingua che Dio comprende e parla.

Giovanni don

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Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)