Una fede con il punto di domanda
In una scena del film “Così parlò Bellavista”, film di Luciano De Crescenzo del 1984, il protagonista, un professore di filosofia, mentre sta facendo una lezione agli amici presenti, disegna su una lavagna un punto interrogativo e un punto esclamativo. Il primo rappresenta il bene incarnato dagli uomini che hanno i dubbi mentre l’altro è il male cioè gli uomini che hanno certezze e una fede incrollabile. Per il professor Bellavista i più pericolosi da cui stare alla larga sono proprio i secondi, cioè quelli dalla fede incrollabile perché sono violenti con le loro certezze che impongono agli altri, mentre quelli con cui stare in pace e tranquilli sono quelli con i dubbi, perché sono brave persone, tolleranti e democratiche.
Ho pensato immediatamente a Tommaso che nel Vangelo di Giovanni, nelle tre volte in cui parla è sempre con un punto interrogativo e carico di dubbi, anche con il rischio di fraintendere le parole di Gesù o quello che di lui gli dicono. Il discepolo Tommaso non è presente quando Gesù la sera del giorno della resurrezione si manifesta vivente e in mezzo alla piccola spaurita comunità dei suoi amici. Da quel giorno in poi, ogni otto giorni, i cristiani si raduneranno per sperimentare la presenza viva di Gesù, che non vuole essere ricordato come un personaggio del passato, ma come colui che continua a vivere in mezzo ai suoi che lo conoscono e lo amano.
È la domenica, il giorno dei cristiani, giorno in cui rinnovare quell’incontro straordinario di pace, misericordia e unità. Tommaso alla prima apparizione non è presente e quando gli parlano della presenza di Gesù lui non si fida delle sole parole. Anche lui vuole fare esperienza di Gesù vivo, di una fede viva e non solo di parole. Anche lui come gli altri primi testimoni ha bisogno di vedere e toccare, di sentirsi personalmente visto e toccato dall’amico e maestro che è risorto. Tommaso è in ricerca e non si fida del “sentito dire”. Gli altri discepoli non gli possono imporre la fede e costringerlo a credere con le loro parole, anche lui ha bisogno di fare la loro stessa esperienza.
- Pubblicità -
Il Vangelo ci racconta che otto giorni dopo Gesù risorto è di nuovo lì, in mezzo ai suoi discepoli, per comunicare ancora pace e misericordia, per rispondere al loro bisogno di esperienza di vita e resurrezione. Gesù risorto è ancora lì stavolta anche con Tommaso. Gesù è sempre presente nella comunità cristiana quando questa è radunata con spirito di fraternità e con lo stile dell’amicizia. Gesù si mostra a Tommaso in modo unico, ma l’evangelista Giovanni aggiunge che Gesù proclama beati anche tutti coloro che nelle generazioni successive a quella degli apostoli crederanno anche senza aver visto quello che i discepoli hanno visto.
La beatitudine della fede è possibile a tutti, anche a noi, anche a me oggi, anche se non ho visto Gesù come lo hanno visto i discepoli. Posso anch’io sperimentare la resurrezione proprio dentro la comunità dei fratelli e sorelle come me nella fede. Gesù non cerca la fede incrollabile, anche perché non esiste ma è solo una maschera della violenza, del desiderio di potere che sicuramente non alimenta ma uccide la fraternità. Gesù cerca i dubbi, le domande, il desiderio di ricerca, la voglia di conoscere di più…
Solo chi cerca trova, e solamente chi si pone domande può trovare risposte. Ed il modo migliore per trovare risposte nella fede è proprio vivere dentro la comunità dei fratelli e sorelle nella fede, una comunità dove non si impone il credere ma lo si vive insieme, dove si ricerca insieme Gesù vivente, con lo stile tipico dei cristiani che non può essere che quello dell’amore e della misericordia.
La domenica, giorno del Signore, è il giorno in cui come cristiani possiamo sperimentare questa fraternità che risponde al desiderio di sentire vivo Gesù. La domenica è il giorno in cui le porte della chiesa, non tanto l’edificio ma la comunità di persone, rimangono aperte per tutti coloro che hanno tanti punti di domanda su Dio.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)