Niente da buttare
Ho un carissimo amico prete insegnante di teologia che oltre ad essere un gran divoratore di libri di ogni tipo รจ anche un appassionato di informatica. ร esperto di computer da tantissimi anni con una passione per lโelettronica che coltiva fin da giovane.

Una volta mi sorprese non poco quando, poco prima di pranzare insieme in canonica, lo vidi arrivare in cucina con un vecchio monitor da computer. Prima di sedere a tavola, accende il forno, imposta una certa temperatura e il timer, apre lo sportello e ci infila dentro il monitor, richiude lo sportello e si siede a mangiare. Sinceramente al momento pensavo che fosse semplicemente impazzito, troppo preso a riparare computer di mezza diocesi e sotto stress.
Avendo visto la mia faccia alquanto perplessa, durante il pranzo, mi spiega quello che aveva fatto. Gli avevano dato un monitor che secondo il proprietario era ormai da buttare. Ma il mio amico, che ama le sfide anche tecnologiche, aveva comunque tentato di dare unโulteriore possibilitร di vita a quel vecchio schermo.
E lavorandoci non poco, aprendolo e sistemando cavi e schede elettroniche aveva individuato il modo per farlo funzionare, ma per far in modo che le connessioni interne funzionassero serviva portarlo per un breve tempo ad una certa temperatura, e la via piรน pratica per quanto assurda era proprio infilarlo nel forno per quel che bastava. Qui si ferma quel che ho capito di tutta lโoperazione, ma sta di fatto che alla fine il vecchio monitor ha ricominciato a funzionare, quasi come nuovo.
Mi ricordo bene la soddisfazione del mio confratello di aver trovato il modo per non buttare via quello che sembrava ormai un inutile ed ingombrante scarto tecnologico.
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โTร glialo dunque! Perchรฉ deve sfruttare il terreno?โ, รจ il comando perentorio e definitivo del padrone del fico nella parabola di Gesรน. A questo giudizio drastico, fa da contrasto lโaffermazione quasi implorante del vignaiolo: โPadrone, lascialo ancora questโanno, finchรฉ gli avrรฒ zappato attorno e avrรฒ messo il concime. Vedremo se porterร frutti per lโavvenireโฆโ
Il vignaiolo crede ancora a quel fico infruttuoso, e spera che con la cura giusta qualcosa di buono ne uscirร . Gesรน racconta questa parabola perchรฉ si trova in un contesto umano e religioso fatto di giudizi definitivi e sempre senza speranza. Al suo tempo se uno aveva una disgrazia (malattia, incidente, sfortunaโฆ) era perchรฉ in qualche modo se lo era meritato dalla vita e da Dio.
Il fico nella simbologia biblica rappresenta il popolo di Dio, Israele, che Dio ha messo nel mondo per il bene, ma che molto spesso invece di fare frutti di bene, non produce nulla di buono e si dimentica la sua missione. Ecco perchรฉ Gesรน รจ venuto in mezzo a quel popolo, che nonostante preghiere, riti, tradizioni e soprattutto conoscendo la Sacra Scrittura non produce nulla di buono. Il contadino della parabola non รจ certo dei risultati della cura, dello zappare e concimare, ma sa che รจ lโunico modo per dare unโaltra possibilitร di frutto. Il contadino crede in quel fico sterile e ha speranza anche contro ogni speranza.
Il contadino Gesรน, che รจ immagine di Dio Padre e contadino, ama il popolo di Dio, ama lโessere umano anche nel momento in cui sembra produrre poco bene. Dio ama lโumanitร anche quando sembra un inutile scarto nella Storia, anche quando ai bordi delle strade รจ mendicante che dร fastidio, anche quando รจ una donna malata o prostituta o adultera e merita solo di essere eliminata per il disonore che porta alla societร , anche quando รจ uno straniero che occupa illegalmente la terra, anche quando รจ anziano e gli rimane poco da vivere e non produce nullaโฆ
Se Gesรน รจ il contadino, chi รจ il padrone della parabola? Quel padrone in fondo rappresenta noi stessi. Quel padrone che non dร una seconda possibilitร alla pianta รจ lโessere umano che punta solo allโefficienza ed รจ veloce e spietato nel giudicare. Quel padrone con la scure in mano sono io che giudico la mia vita troppo velocemente guardando solo ai miei sbagli e perdendo la speranza di poter migliorare anche dopo lโennesimo errore. E come faccio con me lo faccio anche con gli altri.
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Gesรน non รจ cosรฌ, e ci insegna a non essere cosรฌ spietati con noi stessi, con il prossimo e con la Storia. Gesรน insegna la cura, il mettere mano alla zappa e gettare il concime. La zappa รจ per scavare a fondo delle storie e nelle motivazioni, cercando di non fermarci mai alla superficie delle persone e di quello che fanno. Il concime da mettere รจ lโamore e anche la stessa Parola di Dio. Come cristiani abbiamo bisogno del concime del Vangelo che se lo lasciamo scendere nel profondo della mente e del cuore รจ capace di far ritornare frutti buoni sui rami della nostra vita.
La cura del Vangelo fa fare scelte assurde a volte, contro la logica dellโefficienza e del giudicare facile, ma รจ lโunica capace di dare nuova vita. E anche se amare il prossimo che sbaglia รจ strano come mettere un monitor in un forno da cucina, alla fine saremo sopresi di quanto siamo capaci di riportare frutti di bene in noi stessi, nel prossimo, nella Storia.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)