Persone come talenti
Anche se Gesù racconta la parabola dei talenti, non siamo a “Italia’s got talent”, lo show televisivo famoso in tutto il mondo, che mette sotto la lente di giudici famosi persone comuni e sconosciute, che hanno un tempo breve per esibirsi con un loro “talento”. Nello show queste persone devono evitare di essere cacciate prima della fine della loro esibizione, per poter accedere alla finale e vincere il montepremi.
In questo programma televisivo sono le abilità ad essere esibite e giudicate, usando il significato più comune che abbiamo attribuito alla parola “talento” attingendo dalla parabola evangelica, ma che in realtà è anche il significato più secondario nelle intenzioni di Gesù.
Cosa sono i talenti per Gesù? Cosa significa non sprecarli ma farli fruttare?
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Il talento era una unità di misura in oro che corrispondeva più o meno al peso di una persona. Quindi cinque, due e un solo talento, come viene raccontato nella parabola, indicava una quantità di ricchezza davvero.
Il talento per Gesù è quindi qualcosa di enormemente prezioso che viene dato con fiducia, e con la speranza di non vederlo sprecato. I primi due servi fanno in modo che quella enorme ricchezza, che con straordinaria fiducia il padrone affida a loro, si moltiplichi. L’ultimo servo invece mette sottoterra quel bene e lo tratta come non gli fosse mai stato affidato. La paura lo blocca e non segue l’esempio dei primi due servi che hanno dimostrato che quella ricchezza si può moltiplicare. Sembra davvero che quel servo veda il talento affidato non come una opportunità ma solo come un fastidio.
I talenti nel vero significato evangelico non sono le abilità che abbiamo, e sulle quali spesso in modo spietato ci giudichiamo gli uni gli altri, ma siamo noi stessi, la nostra vita sia fisica che spirituale. I talenti sono le vite delle persone che abbiamo accanto, anche se non hanno apparenza di ricchezza e talvolta ci infastidiscono. Il più grande talento che Dio affida a noi è la sua presenza, è la fede.
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La nostra vita, la vita del prossimo e la vita di Dio, sono i talenti preziosi che non possiamo sotterrare e dimenticare, che non possiamo neppure giudicare come in un eterno “got talent”, ma solo promuovere e sostenere.
Questa domenica è la “giornata mondiale dei poveri” che papa Francesco ha indetto da alcuni anni, la domenica che precede la solennità di Cristo Re.
La vita dei poveri è un talento che ci è affidato da Dio e che non possiamo davvero ignorare e sotterrare nell’indifferenza. La povertà fa paura a tutti, e spesso in chi è povero fisicamente e economicamente, vediamo solo quel che “manca”, quello che “non vorremmo per noi”. Eppure anche lì in quel povero si nasconde il tesoro di Dio che ci rende ricchi. Nella vita del povero c’è tutto il peso di Dio, un peso prezioso che se non lo dimentichiamo ma lo facciamo nostro alla fine ci rende ancora più ricchi. Essere “fedeli nel poco”, come recita la parabola, è fidarsi che in quel poco che vediamo nel prossimo, e anche in noi stessi, c’è tutto Dio.
Chissà quante volte abbiamo dimenticato la ricchezza che Dio ci ha affidato e ci siamo rifugiati nella zona sicura del nostro egoismo. Ma in questo modo abbiamo perso Dio stesso e la sua ricchezza.
Se c’è un altro talento che abbiamo tutti e che ci fa uguali a Dio è il talento dell’amore. Con questo talento prezioso riusciamo a far fruttare il talento della nostra vita, quella del prossimo, quella dei poveri, quella del mondo intero.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)