Il coraggio di avere paura
Don Giuseppe Diana, prete di 35 anni, viene ucciso il 19 marzo di 30 anni fa, nel 1994, poco prima di salire sull’altare per la Messa a Casal Di Principe. È eliminato dalla camorra che vuole spegnere la lotta iniziata da questo parroco, che ha scelto di non rimanere in silenzio difronte alla violenza dell’associazione mafiosa che tiene in scacco il territorio. Pensando di sotterrare una voce scomoda, chi ha ucciso don Peppe (come veniva chiamato), in realtà non fa altro che entrare nella dinamica delle parole di Gesù nel Vangelo di questa domenica.
Gesù parlando della sua prossima morte in croce, con poche parole sintetizza tutta la sua vita: “se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto…”. Gesù non parla di una morte fine a stessa, o di sacrificio eroico che mostra solo la forza d’animo di chi muore per mano degli ingiusti, ma parla della sua morte come parte di una dinamica di vita che è scritta dentro la natura stessa delle cose e dentro Dio.
Il Vangelo inizia con questi greci che “vogliono vedere Gesù”. Non è un desiderio superficiale di vedere il volto del maestro famoso che fa parlare di sé, ma vogliono vedere di che pasta è Gesù, che tipo è nel profondo. La loro è una curiosità spirituale di chi non si vuole fermare al sentito dire, alle chiacchere della gente e alle poche notizie superficiali. Vogliono incontrare questo Maestro e vedere dentro la sua vita, per farla propria.
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È questa richiesta profonda che apre alle parole rivelative di Gesù. Gesù parla di una manifestazione di Dio che va oltre la mentalità del tempo, che è anche la nostra di oggi e di sempre. Se nella mentalità comune per essere considerati grandi bisogna accumulare potenza e forza umana, bisogna avere la forza del denaro e delle armi, per Gesù invece la grandezza passa dal dono della vita, dall’amore capace di pagare di persona e dalla perdita.
La gloria di Dio, cioè la sua definitiva manifestazione dentro la Storia, passa dall’uomo Gesù, che ama fino a dare la vita. Ma è proprio in questo dono che la vita vera si manifesta, solo così l’amore mostra tutta la sua potenza di trasformare il mondo.
Dentro il seme che viene sotterrato c’è una vita che si sprigiona. Così dentro la vita dell’uomo Gesù, dentro i suoi gesti di accoglienza e amore, dentro la sua misericordia che tante volte scandalizza i benpensanti e i rigidi religiosi, dentro c’è tutta la potenza di Dio, tutto il suo amore.
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Gesù è il seme di Dio sotterrato nella storia umana, dentro la piccola porzione di umanità di quel tempo, ma in quel piccolo seme c’è tutto. Non è quindi un seme che va perso e dimenticato, ma porta un vero frutto che ancora oggi dura in noi.
Don Peppe Diana una volta disse “Non c’è bisogno di essere eroi, basterebbe ritrovare il coraggio di aver paura, il coraggio di fare delle scelte, di denunciare…”
“Il coraggio di avere paura” sembra un paradosso invece è profondamente umano ed evangelico. Ci vuole coraggio per amare, per chiedere giustizia, per affrontare le proprie difficoltà e quelle del prossimo. Gesù ha avuto paura in molti momenti della sua vita e soprattutto prima di affrontare la croce. La sua era una paura umana che però non ha evitato, proprio perché solo mettendosi in gioco poteva cambiare le cose.
Abbiamo anche noi questo coraggio di avere paura? Ci crediamo che il Vangelo dell’amore può cambiare la nostra vita e il mondo? E prima di tutto vogliamo anche noi vedere Gesù, imparare da lui e fare come lui? Oppure preferiamo tenerlo in un quadro in alto, come decorazione, ma non come esempio?
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)