Che dobbiamo fare?
Cosa fare di speciale per prepararci al Natale? Abbiamo fatto all’inizio dell’Avvento quell’elenco di buoni propositi di rinunce, preghiere e buone azioni speciali che poi ci riproponiamo in Quaresima, e che poi immancabilmente constatiamo di non aver realizzato né a Natale né a Pasqua. Ma allora, che cosa dobbiamo fare per prepararci bene a queste feste che arrivano e che dovrebbero segnare una svolta nella nostra vita umana e di fede?
Cosa dobbiamo fare di speciale, che cosa dobbiamo fare “di più” per essere dei buoni cristiani? “Che cosa dobbiamo fare?” è la domanda che domina questa pagina di Vangelo, dove ci viene raccontato di Giovanni il Battista che incontra i suoi “followers”, cioè coloro che lo seguono nel deserto e lo ritengono influente (“influencer”) per la loro vita spirituale.
Giovanni Battista si presenta come la persona più autorevole per poter parlare di Dio e per indicarlo presente nel mondo. Giovanni è un profeta. Profeta, nella Bibbia, non significa che è un indovino che predice il futuro, ma è uno che dice che cosa c’è di “futuro” nel presente. Il profeta indica dove sta andando la Storia con la presenza di Dio, il quale non viene “percepito” e tanto meno seguito dalle persone troppo chiuse nel loro mondo personale e poco aperte a cambiare vita, anzi meglio, ad orientare la vita a Dio.
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Giovanni, con la predicazione e soprattutto con la sua vita essenziale e provocatoria, è considerato come uno che conosce bene il modo giusto per accogliere Dio. Alla domanda che gli viene posta (“cosa dobbiamo fare”) non risponde indicando gesti straordinari, obbligando a rinunce impossibili o auspicando gesti eroici.
Per Giovanni la risposta al “cosa fare” non è fuori della vita normale e quotidiana delle persone che si rivolgono a lui. L’evangelista Luca ci propone all’inizio le folle in generale, ma poi scende nello specifico con due categorie particolari, pubblicani e soldati, come esempio delle mille categorie di persone che possono rivolgere la domanda “cosa fare”. E dentro ogni categoria, anzi dentro ogni vita quotidiana, c’è la possibilità di fare quel qualcosa di speciale che cambia la vita e la orienta a Dio.
I pubblicani, che erano notoriamente dei ladri nel riscuotere le tasse, sono invitati a non rubare più nel riscuotere le tasse. I soldati, che spesso usavano la forza in modo arbitrario per avere anche tornaconto economico, sono invitati a non usare la forza per l’ingiustizia e ad accontentarsi di quel che già hanno.
Ecco, dentro la vita quotidiana, dentro quello che facciamo ogni giorno, dentro le relazioni che viviamo e nel luogo dove abitiamo, possiamo fare molto per avvicinarci a Dio e per scoprire Dio vicino. Alle folle, cioè a tutti in maniera generale, Giovanni indica che la strada verso Dio è quella della condivisione dei beni. Superare gli egoismi e condividere quello che abbiamo con spirito di carità, è la cosa più straordinaria che possiamo fare e che davvero cambia il mondo.
La condivisione, la non violenza, l’onestà nel lavoro, sono quel “fare” che è possibile ogni giorno e rende straordinaria la vita in modo ordinario, quotidiano.
Gli elenchi di buone azioni straordinarie lontane dalla nostra vita non servono, e rischiano solo di abituarci al “tanto non ci riesco” e ci danno la scusa per non cambiare nulla di noi e del mondo. Sarà la vita a presentarci le occasioni di scelte forti e difficili, ma se ogni giorno ci alleniamo alla vita quotidiana nell’amore, nella condivisione e nella non violenza, allora ci accorgeremo di riuscire a fare anche cose straordinarie e impensabili nel bene.
Cosa dobbiamo fare? Facciamo il bene che possiamo e, superando contrapposizioni e critiche, aiutiamoci reciprocamente a fare il bene quotidiano.
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Che cosa dobbiamo fare? Riempiamo di gioia le nostre parole e i nostri gesti di ogni giorno. Con questa gioia quotidiana ci accorgeremo e ci stupiremo che la grandezza straordinaria di Dio si manifesta anche nella piccolezza gioiosa di un bambino che nasce in una mangiatoia.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)