Da pozzo a sorgente
“Lui mi ha salvata, in tutti i modi in cui una persona può essere salvata”.
Queste parole sono la battuta finale presa dal film Titanic. Le pronuncia Rose anziana, ripensando all’incontro fortuito avuto con Jack, mentre lei stava per buttarsi dalla poppa della nave sulla quale si sente ricca ma prigioniera di una vita che la prosciuga. Quell’incontro in mezzo all’acqua dell’oceano, anche se ha avuto la breve durata di qualche giorno, la cambia e la salva non solo dall’affondamento ma anche da una vita senza amore. Questa battuta del film potrebbe davvero essere messa sulle labbra anche alla donna samaritana del Vangelo, perché riassumono bene il senso del suo incontro con Gesù al pozzo di Giacobbe in questa lunga pagina di Vangelo.
Il racconto dell’evangelista Giovanni va oltre la cronaca dell’evento e ci vuole raccontare soprattutto un cammino di salvezza e di crescita spirituale che riguarda i discepoli e tutti noi.
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La donna samaritana nel racconto del Vangelo si reca al pozzo per l’acqua materiale, una necessità che abbiamo tutti anche oggi, e bene ce ne rendiamo conto in questo tempo di siccità. Ha con se la sua anfora per raccogliere con fatica l’acqua nel profondo del pozzo. E non basterà venire una volta sola, ma si dovrà recare lì a tirarla su tante altre volte, se ce n’è, perché anche i pozzi si possono seccare e diventare degli inutili buchi nella terra.
L’andare e tornare in continuazione a prendere acqua dal pozzo, bene rappresenta le nostre fatiche umane di essere felici senza mai riuscirci pienamente, in continua ricerca di persone, cose ed esperienze che ci dissentano il cuore. La donna va al pozzo anche nell’ora meno indicata, che è mezzogiorno, e l’evangelista ce lo ricorda in modo significativo. È l’ora più calda nella quale solitamente nessuno esce a prendere acqua, ma forse lei ci va proprio per non trovare altri vista la sua situazione di adultera che sicuramente la mette in cattiva luce. Però è proprio in questa ora così improbabile che avviene l’incontro che la cambia e che salva la sua vita.
Un uomo, giudeo, le chiede da bere. Un uomo appartenente ad un altro gruppo etnico e religioso chiede a lei donna qualcosa, un sostegno. Ma come mostra il racconto, quella richiesta si rivela quasi una scusa per poter far nascere un dialogo e una relazione che va ben al di la di un sorso d’acqua dal pozzo.
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Dal parlare di acqua dal pozzo, Gesù arriva a parlare di una sorgente dal cuore. Non più un pozzo dove faticosamente si tira su acqua per il corpo, ma una sorgente che butta fuori vita senza dover faticare, una sorgete che non è lontana e fuori di noi, ma dentro di noi, ovunque siamo. Da una vita arida e faticosa ad una vita che trasmette vita e non si secca. Questa è la fede, questa è presenza in noi dello Spirito di Dio.
È un vero incontro d’amore, questo tra Gesù e la samaritana. Il pozzo nella Bibbia è il luogo dell’incontro tra gli innamorati, e Gesù ama questa donna arida di amore, che vorrebbe non faticare più per essere amata e amare.
Gesù ama questa donna e la salva, così come salva l’umanità e salva noi con la sua crocifissione e morte, a iniziare proprio dall’ora di mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, le ore più calde, come in questo brano del Vangelo.
Questa donna viene salvata e diventa messaggio di salvezza per chiunque ha sete di vita e di amore, diventa sorgente così come le aveva detto Gesù. Lo possiamo diventare anche noi quando incontriamo il Signore nelle ore più calde e difficili della nostra vita, proprio in modo inaspettato. Possiamo diventare fontane di vita che dissetano così come noi ci dissetiamo di amore con qualcuno che ci ama, con esperienze che riempiono l’anfora del nostro cuore.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)