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don Giovanni Berti (don Gioba) – Commento al Vangelo del 1 Settembre 2024

Domenica 1 Settembre 2024
Commento al brano del Vangelo di: Mc 7,1-8.14-15.21-23

Il fuoco e la cenere

“La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri”. È una famosa affermazione di Gustav Mahler, compositore e direttore d’orchestra austriaco del periodo tardo romantico (1860 – 1911). Al di là del contesto originario di questa affermazione, sento che può essere una efficace sintesi per comprendere il passo di Vangelo di questa domenica.

la vignetta di don Giovanni Berti (don Gioba)

L’evangelista Marco che scrive per una comunità di cristiani in un ambiente lontano da quello del popolo di Israele, probabilmente a Roma, ci ricorda in modo molto veloce le meticolose pratiche religiose tradizionali dentro le quali si muove l’azione di Gesù e dei suoi contemporanei.

Come accade in tutte le esperienze religiose con una lunga storia, anche in quella del popolo di Israele si sono sedimentate nel corso del tempo tante pratiche devozionali, riti e tradizioni, che hanno finito per “appesantire” la vita religiosa. Gli ebrei (e Gesù e apostoli dobbiamo ricordarlo erano ebrei) erano particolarmente attenti alla purezza davanti a Dio. Il mondo secondo la tradizione religiosa era rigidamente diviso in uomini puri e uomini impuri, in sacro e profano, dalla parte di Dio e contro Dio.

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Tutto era dovuto al fatto che il piccolo popolo di Israele per poter portare avanti gli insegnamenti di Dio, la Legge di Dio, si doveva distinguere e preservare dagli altri popoli e dalle altre religioni. Bisognava quindi fare di tutto per non “contaminare” la propria fede con quella degli idoli pagani. Ma tutta questa preoccupazione era pian piano diventata una montagna di pratiche esteriori di “purificazione” che avevano fatto dimenticare il “cuore” della fede, che è la scelta di Dio, il sentirsi dalla sua parte.

Gesù accusa i suoi accusatori, che sono i capi religiosi, di aver perso il vero significato della “purezza”, che è questione di cuore, di scelta interiore, e non una questione di cibi, di stoviglie e altre pratiche religiose esteriori. Gesù mette in guardia da una religiosità fatta più di atti esteriori conservati e tramandati gelosamente ma che non parte dal cuore e non tocca la vita vera. Questa religione delle pratiche tradizionali da conservare integralmente alla fin fine spegne il vero incontro con Dio, il quale viene letteralmente “murato” e “fatto prigioniero” dentro un muro di tradizioni fredde e ripetitive.

Queste parole di Gesù ci provocano anche nella nostra religiosità oggi. Ormai la Storia del Cristianesimo ha un paio di millenni, durante i quali si sono accumulate moltissime tradizioni che rischiano però di non fare più da “ponte” con il messaggio originario, ma diventano “barriera”.

Quando una tradizione nella sua materialità, nei riti e consuetudini considerati immodificabili, non porta al cambiamento del cuore e non fa incontrare il Signore, allora quella tradizione non porta più a Dio ma ne sbarra il passaggio.

I riti, le consuetudini, le celebrazioni e tutto quello che nel corso della storia si è accumulato nel modo di vivere il cristianesimo, hanno il compito di tenere acceso il fuoco dell’amore di Dio in noi, un fuoco che è sempre nuovo, che è sempre capace di cambiare e portare novità. Se non fanno questo, se non alimentano il fuoco di Dio in noi, allora sono solo un inutile modo per “adorare le ceneri” del cristianesimo.

Il “si è sempre fatto così”, che sentiamo troppe volte risuonare nelle nostre comunità cristiane, è il modo migliore per mettere paletti all’azione sempre nuova di Dio, è il modo più efficace per spegnere la ricerca di Dio e il fuoco vivo del VangeloIl peso dell’amore di Gesù è quello del nostro corpo, di tutto noi stessi che siamo qui nel mondo per amare e farci amare ogni giorno.

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Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)

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