don Giovanni Berti (don Gioba) – Commento al Vangelo del 1 Gennaio 2023

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Neanche Dio si salva da solo

Un bambino appena nato tra la paglia di in una mangiatoia… ecco il segno “divino” che questi pastori hanno trovato! Tutto qui il segno che Dio salva il mondo? Non è un po’ poco, anzi non è un “contro-segno” quello che questi uomini, esperti solo di pecore, trovano per dire che Dio sta cambiando la storia umana?

Che cosa hanno visto di così grande? E come mai non tornano delusi ma al contrario glorificano Dio e annunciano a tutti la loro esperienza? Che cosa hanno imparato da questa esperienza così piccola e se ci pensiamo bene anche per noi tutto sommato banale?

Nella sua lettera per la 56esima Giornata Mondiale per la Pace, che si celebra il primo giorno del nuovo anno, Papa Francesco, facendo un breve bilancio del 2022 che si chiude con l’esperienza dolorosa della Pandemia e del riesplodere di nuove guerre tra le quali quella terribile in Ucraina, si chiede: “Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo?”.

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Cosa abbiamo imparato da questo anno che si chiude con ancora tante ferite aperte e che non si rimarginano, anzi sembrano aggravarsi? Abbiamo anche noi, come per i pastori del Vangelo, motivi per dare gloria a Dio oppure ne abbiamo di più per “maledirlo” o rimanerne indifferenti, chiudendoci ancora di più nel piccolo personale spazio del “si salvi chi può”?

Forse i pastori essendo ignoranti e semplici non hanno capito nulla della storia e danno gloria a Dio perché non hanno le capacità di capire la realtà della storia, e sono come quei bambini a cui basta poco per ridere e o piangere.

Oppure proprio per la loro semplicità e povertà hanno meno durezza di cuore e colgono che proprio in quel piccolo segno del bambino c’è la grandezza di Dio, hanno imparato che Dio è grande con i piccoli, che cambia la grande storia con le piccole storie, che mostra la sua potenza proprio dentro la debolezza umana dell’amore.

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Nessuno si salva da solo, nemmeno Dio! Gesù sarebbe morto senza la cura di due genitori, senza il calore della stalla, senza la comunità dei poveri che accorrono a lui… Nessuno di noi si salva da solo dal covid così come dalla guerra e da ogni forma di violenza e sofferenza. Ed è solo l’amore che ci riconnette e ci salva dentro i mille pericoli e debolezze che caratterizzano la vita umana.

In una bella scena del film “Forrest Gump” del 1993, il protagonista, caratterizzato da una totale semplicità e bontà d’animo, nel mezzo di una terribile battaglia in Vietnam, spinto solo dal voler salvare più compagni possibili, senza alcun altro pensiero, corre da una parte all’altra della foresta per sottrarre i soldati feriti dalla morte certa, compreso il tenente Dan. Quest’ultimo lo maledirà a lungo per non averlo lasciato morire perché vivo ma ferito, ha perso entrambe le gambe e ora si sente inutile nella società e abbandonato da Dio. Ci vorrà del tempo e soprattutto l’amicizia del semplice Forrest, ma anche il tenente Dan supererà la tristezza e il senso di fallimento per non avere le gambe, arrivando ad amare la vita e anche a fare pace con Dio, che rivela la sua salvezza per strade che non tutti riescono a comprendere se non proprio a chi è semplice, aperto alla vita e soprattutto spinto solo dell’amore.

Ecco cosa hanno visto i pastori quella notte nella mangiatoia di Betlemme, un segno che offre riconciliazione con la vita, che per quanto sia difficile e piena di durezze, violenze e sofferenze, rimane pur sempre vita e carica di amore. Dio salva la storia umana con noi e non senza di noi. Lui ha bisogno di quella parte di amore semplice e totale che abbiamo dentro tutti con la quale possiamo salvare la Storia, il pianeta e tutti gli esseri umani.
Gesù, figlio di Maria, madre di Dio, bambino debole e forte, pieno della nostra stessa povertà e voglia di vivere, ci porta a fare pace con noi stessi, con la storia che abbiamo dietro e davanti a noi, ci porta a fare pace con Dio e con Dio costruire la pace.

Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)