Gesù Cristo è il Re dell’universo, il Re dei re. Colui che lo crede e lo desidera davvero come Re della propria vita, è una persona che verifica se dentro di sé sta maturando il cuore umile di Dimas, il “buon ladrone”. In tal senso, l’Avvento è tempo molto favorevole per operare questo discernimento. Un tempo liturgico per rieducarci a vivere in una sana e fiduciosa attesa di Colui che ha promesso che verrà. Se lo ami, lo aspetti volentieri. Come quando non vedi l’ora che ti raggiunga a casa una persona che ami, e che sai che sta arrivando a farti visita.
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Cosa fai nel frattempo? Ti prepari, prepari la tua casa ad accogliere chi stai aspettando, magari prepari anche chi ti circonda a rendersi conto di quanto sta per accaderti: sta arrivando uno che ami! Ricordo, durante la mia giovinezza, quando partii per incontrare una ragazza di cui mi ero innamorato mentre ero in vacanza al mare. Lei viveva in un’altra città e ci si doveva incontrare dopo un paio di mesi. Giunto a casa sua, mi sembrò subito che non fosse ad attendermi da sola. Ben presto mi resi conto che amici e amiche, i familiari, e persino i vicini del suo quartiere erano stati coinvolti in quella sua attesa.
Agire in questo modo è essere consapevoli del momento, come S. Paolo afferma nella 2a lettura (Rm 13,11). Il “da farsi” di chi ama allora non è più un peso, oppure, se c’è un peso, nel da farsi di chi ama quel peso diventa leggero, sostenibile. E soprattutto, si vive da persone “sveglie” il proprio tempo, cioè vigilanti, capaci di cogliere cosa si cela dietro le vicende storiche che ci riguardano (Rm 13,12).
Ma non è così per tutti. Ai sui discepoli di ieri e di oggi, il Signore avverte che la sua venuta sarà come furono i giorni di Noè (Mt 24,37). Come furono quei giorni? Come oggi. Molti non si accorgono di nulla (Mt 24,38-39) e vivono tranquillamente come se la vita fosse tutta qui sulla terra, senza alcun orizzonte trascendente, senza una meta. Molti infatti non sono nemmeno sfiorati dal fatto che il tempo ormai si è fatto breve: d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero… (cfr.1Cor 7,29-30). Cioè, molti vivranno gli eventi drammatici che incroceranno inevitabilmente come il diluvio si abbatté su chi non se lo aspettava.
Si racconta che, quando cominciò a circolare tra i passeggeri la notizia che quella imbarcazione strabiliante che fu il Titanic avesse urtato un iceberg riportando un danno irreversibile, i più non credettero a quella notizia. Sappiamo però come è andata a finire. Qualche giorno fa, due giovani hanno causato un grave incidente (fortunatamente senza morti) in autostrada coinvolgendo 3 vetture, tra cui quella di alcuni miei conoscenti. Al pronto soccorso si sono mostrati infastiditi dal tempo di attesa dei controlli medici: perché la loro serata programmata in discoteca stava andando in fumo, la frustrazione era talmente grande che gli sembrava non fosse successo niente di grave e che quei controlli fossero solo una perdita di tempo.
La venuta di Gesù si rivela come un setaccio all’opera: noi uomini veniamo vagliati proprio negli eventi drammatici che si compiono oggi, nella nostra storia concreta. Spiritualmente parlando, c’è chi continua a dormire, c’è chi si sveglia, c’è chi si trova già nella veglia. C’è chi vive in attesa, c’è chi vive senza alcuna attesa, c’è chi si interroga sulle proprie attese. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata (Mt 24,40-41).
Interessante notare come il vangelo mostri il Signore venire ed operare con il suo setaccio all’interno di scene di vita lavorativa quotidiana. Come dire che ogni giorno può essere il giorno della sua venuta definitiva e dunque anche il giorno della mia partenza definitiva. Ecco allora la raccomandazione: vegliate. Il Signore invita i discepoli ad accettare di non sapere il giorno della sua venuta finale (Mt 24,42). Ma chiede di riflettere sulla vigilanza di un padrone di casa che invece venisse a sapere a che ora viene il ladro. In sintesi: vegliate come se sapeste il giorno della sua venuta pur sapendo di non conoscerlo (Mt 24,43).
Vivete sapendo di non sapere. Che significa? Il vangelo è sempre paradossale. Il Signore Gesù istruisce i suoi a vivere in questo mondo da gente che si trova solo di passaggio. Se infatti il Figlio dell’uomo viene ogni giorno, perché ogni giorno potrebbe essere quello definitivo, allora non è necessario per il credente sapere qual è il giorno. Vegliare infatti non vuol dire non riposare, ma significa tenersi pronti (Mt 24,44). C’è un’immagine che mi accompagna sempre: la posizione in cui fu trovato morto P. Emiliano, un prete che ha inciso molto sul mio iniziale cammino di conversione. Morì improvvisamente nella sua stanza di albergo, dove stava predicando un corso di esercizi per sacerdoti.
Vedendo che non arrivava per l’ultima meditazione, forzarono la porta della sua stanza e fu trovato vestito e pronto, seduto sul letto, con la valigia a un fianco e la Bibbia nell’altro fianco. Per il vangelo questo è l’atteggiamento decisivo da assumere di fronte alla nostra vita mortale. Perché il tempo che ci è donato è grazia, è pieno di Dio, ma non è nelle nostre mani. Allora il discepolo che si affida a Gesù cercherà di essere sempre pronto all’incontro e questo deve bastare. Puoi prevedere che tempo farà? Oggi sempre di più: all’80 e forse al 90% delle possibilità. Puoi prevedere il comportamento degli uomini?
Oggi sempre di più, basta vedere “i miracoli” di chi lavora nella pubblicità, ma non saprei percentualizzarlo. Puoi prevedere Dio? No, al 100%. Dio sfugge alle nostre previsioni, è sempre oltre le nostre attese. Ma proprio per questo, vale la pena attenderlo.
AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI