ASIMMETRIA DEL REGNO DEI CIELI
Siamo ancora nel discorso parabolico di Matteo. Al v.34 si annota che Gesù parlava in parabole perché si compisse un’altra profezia (Sal 78): aprirò la mia bocca in parabole e proclamerò cose nascoste negli arcani dei tempi. Naturalmente, ricordando la domanda dei discepoli di domenica scorsa e la risposta di Gesù, le cose nascoste possono rivelarsi solo se si ha un cuore aperto, pronto a riconoscere la propria piccolezza e il suo bisogno di guarigione. Diversamente, si rientra in quei “loro” a cui non è dato accedere ai misteri di Dio. Guardiamo le 3 parabole che Gesù racconta oggi, parabole che illustrano alcune qualità del suo regno.
Prima di tutto, notiamo l’incipit di ogni parabola con l’espressione il regno dei cieli, un modo di dire proprio di Matteo rispondente alla preoccupazione giudaica di sostituire il Nome divino con una metafora. Al di là dell’artificio letterario, colpisce che Gesù ci parli di cose celesti con argomenti terrestri. Come dire: con Gesù oramai non dobbiamo più cercare Dio sopra di noi, ma tra di noi, qui ed ora.
Prima parabola: il problema del male. Gesù semina, ma anche il diavolo ha la sua semina. Perché il male? Che rapporto dobbiamo avere con esso? Come mai il diavolo semina mentre gli uomini dormono? Le domande possono essere tante, ma il fulcro del racconto sta nella proposta dei servi rifiutata dal padrone. Questi dispone diversamente che cosa fare della zizzania, o meglio, cosa non fare. Gli uomini propongono di mieterla, Dio invece dice di lasciarla crescere perché c’è il rischio di buttar via anche il grano. All’uomo generalmente piace darsi l’incarico di mietitore del male.
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Dio invece lo incarica di fare e custodire il bene e di accettare la presenza del male. Una linea divina che non è facile… accettare! Il tempo non ci è dato per mietere il male, ma per collaborare con Dio alla sua opera di salvezza, la cui principale caratteristica è quella di saper tirar fuori il bene persino dal male. Paolo direbbe: laddove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia. Dunque il discepolo stia attento più al bene da far crescere e custodire che al male da combattere, e si guardi dal volere anticipare ciò che il Signore ha riservato per sé alla fine dei tempi. Il bene non dipende da una repressione del male. Semmai è un miracolo divino che può nascere anche da un male riciclato.
Seconda e terza parabola: se nella prima parabola si comprende che il regno di Dio non si afferma con la repressione del male, nelle parabole successive vediamo che il suo mistero è caratterizzato da un’estrema piccolezza, combinata con la potenza di una inesorabile crescita. Come dire: è inevitabile che cresca il male, il quale procede con una sua logica. Ma anche il bene, il regno di Dio, con caratteristiche diametralmente opposte, cresce e avanza verso il suo futuro.
Il male verso un’autodistruzione, ovvero senza un futuro. Il bene invece verso una grandezza e una stabile fecondità, in cui la vita accoglie altra vita e si moltiplica, però senza dimenticare mai che qui in terra è lievito. Cioè il regno di Dio sulla terra avrà sempre la caratteristica di qualcosa di piccolo e insignificante rispetto alla realtà umana che viviamo. Non si presenterà mai sotto un segno trionfante sul male, equivoco in cui cade tanta chiesa di ieri e di oggi, dimenticando che il suo Re, a causa dei potenti politici e religiosi di turno, è finito confitto e sconfitto su una Croce! Come generalmente si dice, il bene non fa mai chiasso come il male, sembra sempre perdente davanti ad esso.
Quale sintesi può esprimere l’unità profonda delle 3 parabole? Gesù è il perdono di Dio che trionfa sul male in modalità molto, ma molto diversa da come vorremmo e immaginiamo. Le sue parole seminate nel cuore degli uomini, aprono una possibilità di salvezza ad ogni esperienza umana di male, per quanto grande. Gesù è il chicco di senape preso e gettato sotto terra, il più piccolo dei semi che diventerà il più grande sull’albero della Croce. Gesù è il lievito divino, preso e nascosto nella immensa pasta del mondo, che porterà tutta l’umanità a divenire pane nuovo e azzimo.
Noi, la chiesa, chiamati a camminare per comprendere e rivivere la grandezza del Maestro Divino nella sua piccolezza e nell’apparente insuccesso della sua morte in Croce: una morte di maledizione che si cambia in benedizione. L’arcano del regno di Dio che nelle parabole Gesù ci racconta, ci porta a trovare sulla Croce la sua spiegazione e la chiave di comprensione. Il regno di Dio, in sé stesso, è asimmetrico: contiene un evidente contrasto tra insignificanza attuale e gloria futura, tra temporanea sconfitta e successo futuro assicurato, ma anche una continuità vitale e misteriosa, come quella che lega il seme alla pianta e il lievito alla pasta.
AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI