SE TI STUPISCI ANCORA DAVANTI A GESÙ
Nel vangelo udito domenica scorsa ci siamo ricordati del giorno in cui Gesù, non riuscendo più a contenere la sua gioia, esplose in un inno di benedizione a Dio dicendo: io ti rendo lode Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11,25).
Ometto il resto del brano che sicuramente rammentiamo. Nel vangelo di oggi ci viene detto perché la conoscenza di Dio è preclusa a questi ed è spalancata a quelli. Perché i piccoli vi accedono e perché intelligenti e sapienti no (a meno che non si facciano piccoli). Forse avrete già intuito che mi soffermerò maggiormente nella parte centrale (vv. 10-17) del vangelo di oggi. Prima di tutto ricordiamo che il cap. 13 di Matteo avvia il cosiddetto “discorso parabolico”. Dunque questa prima, celebre parabola del seminatore, è come la madre di tutte le altre parabole. Accolta questa, può farsi largo la comprensione delle altre. Gesù proclama questa parabola e conclude dicendo: chi ha orecchi, ascolti (Mt 13,9). Infatti, tra gli astanti ci sono anche orecchie che udendo non ascoltano. La chiusura della parabola è come la porta di entrata per comprendere il successivo dialogo tra Gesù e i suoi discepoli, con la conclusione che dichiara la beatitudine di questi ultimi.
Tutto parte da una domanda: perché a loro parli con parabole? (Mt 13,10) Intanto notiamo chi si avvicina e domanda: i discepoli. Ciò che fanno li identifica. Si avvicinano e domandano. La parabola stessa è raccontata perché susciti domande nell’uditorio. Il problema è che non tutti hanno domande. Se i discepoli ne fanno una, significa che la parola di Gesù si è fatta una breccia nel loro cuore. Per questo sono discepoli: sono nella disposizione adeguata, hanno domande da fare al Signore e gliele fanno.
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Quando andiamo di domenica a messa, o quando partecipiamo a un incontro o a un ritiro e non torniamo a casa con domande da fargli, brutto segno. Probabilmente siamo già sazi e incapaci di riconoscere la nostra sordità e cecità, forse crediamo di essere già buoni intenditori delle cose di Dio! La risposta perentoria di Gesù crea un’alternanza tra un voi e un loro che non lascia adito a dubbi. Non che egli sia venuto per selezionare una setta di illuminati e scartare una folla di inadeguati, giammai! Tuttavia il Signore da una spiegazione chiara: a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. (Mt 13,11) Precisiamo ancora una volta: Dio vuol dare i suoi doni e soprattutto donare sé stesso a tutti, ma non tutti vogliono veramente accogliere Dio con i suoi doni per quello che sono veramente.
Qual è la spiegazione? C’è un problema nel cuore umano, una “sclerocardia”. Anzi, il verbo greco del testo originale suggerisce come un ingrassamento del cuore, una sorta di obesità cardiaca interna che ottunde e intorpidisce le facoltà dello spirito. Gesù dice che si compie una profezia di Isaia, il quale pre-vide che all’apertura meravigliata di molti di fronte alla sua predicazione, avrebbe fatto da contrappunto l’incredulità di molti altri che guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. E perciò costoro, non andando incontro a Gesù aperti a riconoscere questo stato del loro cuore, non possono vedere e udire realmente chi hanno davanti.
In altre parole, non possono scoprire il medico divino e farlo operare, convincendosi di essere infermi e bisognosi di Lui (Mt 13,15). Se avvicino il Signore per ascoltarlo come se fossi una persona sana nel cuore, non ne sentirò mai veramente il bisogno né sentirò mai bisogno di conversione; così renderò vana la sua parola che mi vuole guarire dalla cecità e sordità spirituale. Ecco tutto il percorso del seme illustrato dalla parabola che attraversa vari terreni con esito diverso.
Se si vuole conoscere, se si vuole capire Gesù, prima bisogna essere disposti a farsi guarire. Nel mio ministero incrocio tanti che sono incuriositi da Gesù, sono interessati a quello che può dire e dare Gesù, sono d’accordo con le cose che insegna Gesù. Ma non sono disposti a guardare cosa c’è nel profondo del loro cuore, vogliono solo fare discussioni su Gesù, perciò guai ad aiutarli a scoprire che sono ammalati e hanno bisogno della sua cura.
No, di quello hanno bisogno gli altri, loro no. Per questo, anche se magari vivono vicini, come cristiani, in tutti i luoghi e gli spazi della chiesa di Gesù, fanno parte di quei loro di cui si dice nel vangelo di oggi. E dopo questa riflessione sorge spontanea la domanda: ed io? Sono tra i voi a cui Gesù dice che è dato conoscere i misteri del regno dei Cieli? Oppure sono tra i loro a cui non è dato? Esiste un primo criterio inconfondibile per sapere se sono tra questi o quelli.
Le stesse parole di Gesù ce lo indicano: ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Se hai sentito dentro te nascere lo stupore davanti a queste o altre parole del vangelo, non temere. Ma se non ti stupisci più di Gesù e delle sue parole, meglio temere, credimi. Chi ha orecchi, ascolti!
AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI