Cristo non vive in noi a causa del peccato
Siamo in un tempo in cui la Chiesa chiede di ripensarsi.
Tempo di crisi, non solo di numeri, ma di qualità spirituale, di fede, e di amore per la volontà di Dio.
Ascoltando le parole di Gesù e quello che chiede di fare ai suoi apostoli e discepoli, per preparare l’incontro delle anime con il Salvatore, viene da chiedersi se quelle parole e quei fatti siano ancora per noi, se abbiano un valore o se siano solo da collocare per un tempo oramai consunto, sia per mentalità, sia per evoluzione culturale.
Se il vangelo è il punto di riferimento sempre obbligato, punto di partenza ma anche punto di verifica durante il cammino, questo significa che un ripensamento di ciò che siamo e di quello che dobbiamo correggere per essere nella volontà di Cristo e giungere ai beni promessi, deve essere fatto con il confronto semplice e diretto con Gesù e la sua Parola. Se Cristo è ieri oggi e sempre, allora la verifica va fatta con lui.
Non si può limitare la questione alla modalità dell’annuncio del vangelo, come se il problema fosse unicamente di comunicazione, né si può correggere il vangelo in base a criteri di attualizzazione, poiché le parole di Gesù non passeranno, mentre il mondo passerà.
Ci troviamo di fronte all’Eterno ed alla sua volontà: siamo noi la variabile delle cose che passano.
Ma l’umano è stato investito dal divino, lo Spirito di Dio si è rivelato, il Padre ha parlato per mezzo del Figlio fatto Uomo, noi abbiamo il dovere di pensare con il pensiero di Cristo, cioè di Dio, poiché con il dono dello Spirito Santo noi abbiamo la mente di Cristo (Cf 1 Cor 2,16).
Senza questo Cristo che vive in noi, non comprendiamo le cose di Dio e tantomeno possiamo annunciarle ad un mondo che non possiede lo Spirito.
Quello che è venuto a mancare è l’elemento divino in noi, così che la missione di Gesù, il suo mandato alla Chiesa diventa impossibile, perché senza di lui non possiamo far nulla.
La Chiesa che nel suo insieme si è allontanata da Dio ha perso l’elemento soprannaturale, non lo comprende e non lo possiede, perciò non lo può predicare: la forza divina non è più in noi, perché abbiamo peccato e non torniamo a Dio
Una Chiesa che pecca fortemente, ma non si converte e non crede fortemente, è destinata al fallimento. Non Cristo, ma noi, perché senza Cristo.
Se non si torna ad una vera povertà, alla fede profonda, all’amore per la salvezza eterna delle anime, noi annunciamo una carità che rimane per terra, che prescinde dallo stato di salute delle anime, dal loro destino.
Giustificando il nostro peccato, non possiamo vedere il male del peccato nelle anime. Ci accontentiamo della carità sociale, fatta in nome del bene dei corpi, ma senza annunciare la salvezza dal peccato e dalla morte seconda.
Quando non si vive una dimensione spirituale vera e profonda abbassiamo il livello di intervento per i fratelli, il bene sociale non allude al bene di Dio, della vita con lui, della fratellanza in Cristo.
Poiché abbiamo peccato non comprendiamo più Dio, rimanendo nel nostro peccato ci illudiamo con noi stessi.
Parliamo ad un mondo che non ci ascolta perché la nostra testimonianza è stata ripetutamente un tradimento del vangelo nelle cose fondamentali. Ai Farisei Gesù rimproverava di avere un rispetto delle leggi minute, ma di avere il cuore colmo di ogni malizia e di amare il denaro ed il peccato occulto.
Siamo noi quei farisei ipocriti, che si illudono di non essere visti dalla gente, ma ancor peggio, si illudono di non essere visti da Dio.
Andiamo vestiti pomposamente di abiti sacerdotali, ma siamo nudi della grazia e la potenza del Cristo che sana i corpi e le anime non è con noi.
L’annuncio di Cristo senza presenza della potenza di Cristo è vano, perché egli abita con chi ha il cuore contrito e umile e cerca la sua grazia.
Dio vi benedica!
Gabriele Nanni
Fonte: YOUTUBE | SPREAKER