don Gabriele Nanni – Commento al Vangelo del 28 Agosto 2021

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IL SERVO CHE PORTA FRUTTO

“Siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare.” (Lc 17,10): così dice il Signore ai suoi discepoli, per definire che quello che noi facciamo non crea un credito davanti a Dio, ma facciamo il nostro dovere, poiché siamo delle creature sottoposte a Dio e servirlo vuol dire compiere un’opera di giustizia verso di lui.

Il demonio invece, da angelo ribelle dichiara: “Non servirò” (Ger 2,20), cosicché il servire Dio è un atto dovuto, una risposta di giustizia al Creatore, al suo amore, poiché servire vuol dire partecipare attivamente al bene delle anime, partecipare al suo atto di creazione di bene.
Infatti, servendo Dio, facendo la sua volontà, noi diventiamo partecipi, come creature, della sua opera di salvezza e di elevazione degli uomini, cioè nella lotta contro il male e nel rendere gli uomini figli di adozione regale.
La partecipazione a tale opera di salvezza e di elevazione, ci trasmette la grazia di venire anche noi trasfigurati, di entrare a far parte del suo Regno.

Perciò servire Dio è un guadagno nostro per un favore divino. Infatti, il portare frutto nella vita spirituale è la volontà del Signore: “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.” (Gv 15,8).
Fruttificare è il fine della pianta, che non deve essere sterile, come nella parabola del fico, e nell’episodio del fico maledetto perché non dava frutti, riferito alla generazione malvagia che si opponeva alla grazia, non volendo diventare discepoli del Cristo, cioè portatori di frutti per la gloria di Dio.

Il frutto è il prodotto di amore che proviene da Dio, ma che diventa operante nella sua creatura, per libera risposta al Creatore. Dove non c’è frutto c’è peccato, c’è rifiuto di servire, c’è lavoro sì, ma per sé stessi, per egoismo, cupidigia e ingordigia.
A questa situazione si riferisce la sorte di colui che viene gettato fuori nelle tenebre e che viene chiamato servo inutile: inutile perché colpevolmente sterile.

Non come il servo che pur essendo di per sé inutile, tuttavia dà gloria a Dio diventando strumento del bene di Dio che si diffonde tra gli uomini: costui da inutile diventa portatore di frutti, un servo fedele, mentre chi rifiuta di avere a che fare con Dio rimane inutile, perché sterile, incapace di opere di bene, che rimangono in eterno.

La vita vissuta per noi stessi e per le persone che ci interessano o a cui siamo legati, non è produttiva dei frutti dello Spirito, mentre la vita spesa per il bene che Dio dispone per tutti gli uomini, dove il bene è fatto senza ritorno o interesse, questo è il bene secondo lo Spirito: il bene del Regno e per la salvezza delle anime, il cui bene essenziale è la vita eterna.

Dio vi benedica!
Gabriele Nanni

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