La lezione di Bartimeo
Bartimeo ci mostra una fede che sa guardare oltre la vista degli occhi.
Egli conosce Gesù, lo attende, non sa come incontrarlo, forse sarebbe passato per quella strada di mercanti e viaggiatori, all’uscita della città.
Ma il suo cuore spera e attende fino a ché la speranza si avvera: Gesù passa di là, La fama del Messia lo aveva raggiunto e Gesù passa per la sua strada, passa per la sua vita ed ecco che Bartimeo grida forte, importuno, visto che le sue grida infastidivano molti.
Ma perché infastidiva? Il suo grido era una professione di fede piena, non nell’abilità di Gesù, ma nella sua messianicità: Figlio di Davide, Santo, il Messia atteso che distribuiva la misericordi di Dio, il perdono dei peccati, guariva gli ammalati e cacciava i demoni.
Egli era quello che aveva visto Zaccheo il Pubblicano, e lo aveva chiamato, e Zaccheo si era convertito, era stato perdonato dei suoi peccati.
Gesù esce dalla città e Bartimeo spera tanto, perché quello è il passaggio, appena il rumore della folla che seguiva il Maestro lo segnala, ecco che comincia a gridare di essere peccatore, di sperare nel Figlio di Davide.
La sua coscienza affinata nella sofferenza per la perdita della vista, non lo fa gridare all’ingiustizia, ma alla misericordia in quanto peccatore.
Solo chi si rassegna ala propria sorte e con profondità spirituale comprende che tutto è nelle mani di Dio che dispone comunque per il meglio, per la santificazione, la purificazione dell’uomo, Bartimeo appunto, crede, accetta, ma anche spera, non tanto nella giustizia di chi ha ricevuto un torto dalla vita o da Dio, ma nella concessione di una grazia verso l’uomo peccatore.
La folla non ha invece ben compreso Gesù e il suo amore per i poveri, i derelitti, i peccatori e tutti quelli che la sorte infausta indicava come colpiti dallo sdegno divino. Zaccheo era pubblicano eppure Gesù lo aveva cercato, il cieco forse colpito per i suoi peccati, eppure Gesù lo chiama, e il cieco è condotto a lui.
Chiede di riavere la vista, segno di poter stare ancora al cospetto di Dio, poiché la grazia indica una concessione del favore di Dio, della sua attenzione e della sua amicizia.
Al sentirsi chiamare è un tutt’uno il balzo in piedi e il gettare il mantello, la cosa più preziosa per un uomo esposto alla povertà. Tutto lascia, con gioia fiduciosa, perché Gesù può esaudirlo e donargli la vista.
Ma per Bartimeo guarito, la gioia non è quella di tornare alla propria vita, ma si mette a seguire Gesù per la strada, non riesce a staccarsi da lui, la gratitudine, certo, ma molto di più l’attrazione per la persona che aveva popolato la sua immaginazione e i suoi sogni di incontrarla. Il cieco ha riavuto la vista materiale, ma quello che lo attrae è Gesù, che aveva conosciuto con gli occhi dell’anima. La fede lo salva, o guarisce, gli ottiene il perdono, niente altro c’é di più importante ora.
Così Bartimeo ci insegna che nelle situazioni più tristi e difficili, mai siamo soli o abbandonati, ma il Cristo è con noi, poiché si è fatto prossimo con la sua umanità. Solo se ci lasciamo ingannare dalle necessità materiali, e lasciamo che esse ci avvolgano con le preoccupazioni e l’ansia della vita, allora rimaniamo ciechi dentro.
Gli occhi della fede non vedono, e il nostri problemi materiali diventano le montagne che si schiacciano: di fronte a Gesù in tale stato di buio non vediamo altro che il nostro problema e Gesù è colui che lo può risolvere.
Ma così ottenebrati non vediamo che Gesù è la fonte della vita interiore e non la soluzione dei problemi, non comprendiamo che Lui è tutto e noi siamo nulla, che egli ci introduce nella Luce e noi siamo tenebra. Se anche Dio ci concedesse la soluzione di tutti i nostri problemi, ma non avessimo la fede e l’amore per lui, noi rimarremmo sempre nel buio, non capiremmo, come molti della folla che seguiva Gesù, ma non aveva la fede e l’amore riconoscente di Bartimeo.
Dio vi benedica!
Gabriele Nanni
Fonte: YOUTUBE | SPREAKER