Non conoscete le scritture, né la potenza di Dio
Coloro che credono che non ci sia la risurrezione dai morti sono in grave errore. Essi non conoscono le Scritture e nemmeno la potenza di Dio.
La fede vera conosce le Scritture e conosce la potenza di Dio. Conoscere è credere con fede, non solo conoscenza materiale della sua Parola.
Credere alla potenza di Dio è quello che Gesù richiedeva a chi gli domandava guarigione con forza di miracolo, come per le liberazioni dal demonio o la risurrezione dai morti: “Tu credi nel Figlio dell’Uomo?” (Gv 9,35).
Conoscere la Scrittura implica una conoscenza materiale, che poi si illumina di quella spirituale, ma solo l’accostarsi con fede ad essa permette a Dio di concedere luci sempre maggiori sulla sua Parola, di conoscere la dimensione profonda del suo volere e delle sue azioni attraverso gli eventi della Storia con ogni singolo uomo e con i popoli.
Questa fede mancante, questa conoscenza mutila e colpevolmente ignorante conduce agli errori, che in forza della presunzione diventano direzione della vita verso la morte spirituale.
Purtroppo, quello che caratterizzava quella gente del tempo di Gesù, si ritrova anche ai tempi nostri. Troppe ignoranze sulla Scrittura fanno determinare opinioni su Dio, in ridicole generalizzazioni, e spesso le condotte di vita sono giustificate con banalità riferite a Dio ed alla Scrittura, che non è conosciuta nemmeno materialmente.
Se siamo onesti nella fede, dobbiamo confrontarla con quanto le Scritture dicono, e se ci diciamo credenti, dobbiamo credere quanto è scritto sia riguardo agli avvenimenti sia agli insegnamenti.
Una conoscenza senza fede riduce il vangelo ad una sorta di direttorio morale a cui si può fare riferimento a piacimento, prendendo quello che attira e scartando quello che non ci convince, oppure accogliendo quello che giustifica il nostro modo di vivere, la nostra morale, e scartando quello che lo contraddice.
Si tratta di utilizzare il vangelo come uno specchio, che deve confermare quello che siamo, che cerchiamo o che pensiamo, uno specchio di desiderio, ma non di realtà.
Quello che manca è l’accettazione del giudizio delle nostre azioni, la retribuzione per il bene ed il male che si è fatto, il dover rendere conto a Dio.
Non vogliamo essere giudicati e pertanto cerchiamo di pensare ad una continuità della nostra esistenza senza un giudice che ci attende, senza dover rendere conto delle nostre scelte e azioni.
È proprio la radice del peccato che spinge a questo: non rendere conto a nessuno, la libertà di azione senza responsabilità, essere il dio di se stessi: Dio è solo un ideale che io mi sono fatto sulla scorta di ciò che credo di essere o desidero essere.
La Parola di Dio invece mi fruga dentro, mi costringe a mettermi a nudo con quello che sono, ma mi chiede di fidarmi di lui, Persona viva, e Dio dei viventi, potenza assoluta, Signore della vita e della morte, Signore della mia vita e della mia esistenza nell’eternità.
È un Dio che mi governa e che mi ama, che mi chiede di uscire dal guscio di me stesso per conoscere l’infinito, che agisce con potenza sulla mia mente, illuminandola con i segreti della sua vita, mi cambia con la sua forza generatrice, mi immette nell’eternità, al suo fianco, mi chiede di amare come lui ama, perché ogni altra forma è limite ed ignoranza: conoscere è amare, credere è fiducia nella potenza di Dio, che conosciamo.
Dio vi benedica!
Gabriele Nanni