1° Lettura
Alcune riflessioni:
1° La 1° Lettura è la descrizione di una visione
di Giovanni (quello che ha scritto anche il Vangelo).
Scrive di essere stato trasportato in Paradiso
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dove assiste e partecipa alla festa attorno a Dio:
una moltitudine immensa, che non saprebbe contare,
tutta festosa e osannante a Dio e all’Agnello,
che rappresenta Gesù, Agnello di Dio.
Alcuni di quanti fanno festa tengono delle palme in mano
come segno della loro forza e coraggio
per aver superato la prova del martirio
e di esserne usciti vincitori.
Inoltre Giovanni vede che tutti
sono contrassegnati con un simbolo, un sigillo,
un segno di riconoscimento,
che attesta la loro appartenenza al Signore:
sono tutti suoi figli
e fanno tutti parte della medesima famiglia.
2° La lettura vuole far capire un concetto:
Ora (al tempo di Giovanni e anche oggi)
i cristiani sono sotto persecuzione;
ma devono sapere e tenere presente
che in cielo si fa sempre festa, è sempre domenica,
è sempre giorno di ferie e di ri-creazione.
Questa è la prospettiva che li aspetta.
Importante – fa capire l’Apostolo –
è che tutti si mantengano integri,
in mezzo alle lusinghe del denaro, del potere,
dell’arrivismo, dell’orgoglio, dell’egoismo…
Questa festa descritta è la meta della vita;
spetta a tutte le persone
di buona volontà.
Per la loro rettitudine e onestà di vita
hanno dovuto subire ingiurie e angherie,
ma non devono scordare o perdere di vista
l’obiettivo finale: il trionfo in cielo.
Dio salva tutti;
ma quanti sono riusciti a comportarsi rettamente
nonostante un mondo che loro remava contro,
potranno alla fine rendersi conto
che il loro sacrificio non è stato vano
e il loro sacrificio sarà ripagato alla grande.
3° Oggi festa di tutti i Santi
è in riferimento a quanti fanno parte della famiglia
e della comunità dei santi,
cioè:
– tutti coloro che formano il Regno di Dio,
– le comunità cristiane,
– le persone che cercano di mettere in pratica
i valori umani (che sono pure valori cristiani),
– quanti nel mondo vivono nella bontà,
giustizia, carità, in semplicità, perdonando…
Tutti questo grande popolo sono i SANTI
di cui fanno parte:
– i morti (tutti in Paradiso)
– noi ancora viventi che mettiamo in pratica
il messaggio di Gesù
– e quanti pur non conoscendo Gesù,
vivono con rettitudine e onestà.
N.B.
All’origine della fede cristiana
i “Santi” erano quanto credevano in Cristo
e praticavano le cose sante:
i Sacramenti.
Erano “santi” tutti i “cristiani”
4° Il numero biblico 144 mila
è un numero simbolico,
non matematico e reale;
il numero 12 X 12 X 1000
sta ad indicare
tutte le tribù e il popolo di Israele
e quanti avrebbero aderito al messaggio
e alla salvezza
annunciate da Cristo.
Quindi
il numero 144.000 mila
è un numero astronomico per la cultura semita,
per dire la moltitudine dei salvati:
praticamente tutti gli uomini.
Tutti sono salvati da Dio,
perché Dio ama tutti
e il suo Amore è in grado di salvare
anche i malvagi e i riottosi.
5° AMEN
E’ la parola ripetuta più volte
e significa: sicurezza, forza, punto di appoggio.
L’Amen è il picchetto che reggeva la tenda
di un popolo nomade e di pastori.
L’ Amen oggi sono i ferri d’acciaio
che reggono i filari di viti…
Amen sono i piloni che reggono i ponti sospesi…
Cristo è il nostro Amen,
la nostra sicurezza, la nostra forza.
VANGELO
1°
“Beati i poveri in spirito”
significa:
non è la povertà “la beatitudine”,
ma la povertà che uno sceglie in spirito;
per libera scelta,
come segno di fede;
perché non appoggia le sue sicurezze
sul denaro nè sui beni concreti.
I beni concreti (denaro, case, barche,
campagne, ecc…) non perché sono un male;
magari fossero tutti ricchi!
La ricchezza non è un male,
è un bene;
importante è che chi è ricco e mangia tutti i giorni,
condivida quello che ha sul piatto
con chi non ha nulla e muore di stenti.
Il male non è la ricchezza,
ma il magiare da soli,
escludendo gli altri.
La povertà non è un bene;
anzi è una malora,
spesso una ingiustizia sociale,
una situazione umana da superare.
La povertà può essere un bene
soltanto se è per scelta,
non è forzata e non è imposta
o forzata da una condizione sociale
da cui non si riesce ad uscire.
La povertà diventa buona e evangelica
se ci si priva di qualcosa da condividere con il povero.
Es.- S.Francesco d’Assisi
2° Tutte le altre “beatitudini”:
beati quelli che piangono,
quelli che subiscono ingiustizie,
beati i miti… ecc…
sono tutte specificazioni della categoria “poveri”;
sono sempre i poveri che piangono,
che hanno sete di giustizia,
che sono miti,
e puri di cuore,
o che sono perseguitati dalla giustizia umana…
Tutti i poveri subiscono
discriminazioni e angherie
e sono nell’impossibilità di uscirne
o affrancarsi.
3° Queste beatitudini
non sono “felicità”
come se Gesù dicesse:
“Beato te che sei povero e subisci
ogni torto e ogni forma di cattiveria”
Non è questo che intende Gesù;
Dio non vuole il sacrificio né le lacrime di nessuno.
Dio Padre vorrebbe tutti contenti
e che tutti abbiano da mangiare
ogni giorno e in abbondanza.
Quello che Gesù intende farci capire è:
“Se fai una scelta di povertà,
perché rinunci a qualcosa a favore di un povero…
fai la scelta giusta;
hai agito da persona libera e di fede”…
Mettere mano al portafoglio
e fare un’offerta al povero
dimostra che ti fidi di Dio
e non solo delle tue possibilità finanziarie ed economiche.
Ogni forma di scelta di povertà
è una scelta che uno fa solo se ha fede in Dio,
in caso contrario rimane ancora alle sicurezze umane:
soldi potere, politica, amicizie, forza…