don Franco Scarmoncin – Commento al Vangelo di lunedì 1 Novembre 2021

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       1° Lettura

 

Alcune riflessioni:

 

         1° La 1° Lettura è la descrizione di una visione

di Giovanni (quello che ha scritto anche il Vangelo).

Scrive di essere stato trasportato in Paradiso

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dove assiste e partecipa alla festa attorno a Dio:

una moltitudine immensa, che non saprebbe contare,

tutta festosa e osannante a Dio e all’Agnello,

che rappresenta Gesù, Agnello di Dio.

Alcuni di quanti fanno festa tengono delle palme in mano

come segno della loro forza e coraggio

per aver superato la prova del martirio

e di esserne usciti vincitori.

Inoltre Giovanni vede che tutti

sono contrassegnati con un simbolo, un sigillo,

un segno di riconoscimento,

che attesta la loro appartenenza al Signore:

sono tutti suoi figli

e fanno tutti parte della medesima famiglia.

 

         2° La lettura vuole far capire un concetto:

Ora (al tempo di Giovanni e anche oggi)

i cristiani sono sotto persecuzione;

ma devono sapere e tenere presente

che in cielo si fa sempre festa, è sempre domenica,

è sempre giorno di ferie e di  ri-creazione.

Questa è la prospettiva che li aspetta.

Importante – fa capire l’Apostolo –

è che tutti si mantengano integri,

in mezzo alle lusinghe del denaro, del potere,

dell’arrivismo, dell’orgoglio, dell’egoismo…

Questa festa descritta è la meta della vita;

spetta a tutte le persone

di buona volontà.

Per la loro rettitudine e onestà di vita

hanno dovuto subire ingiurie e angherie,

ma non devono scordare o perdere di vista

l’obiettivo finale: il trionfo in cielo.

         Dio salva tutti;

ma quanti sono riusciti a comportarsi rettamente

nonostante un mondo che loro remava contro,

potranno alla fine rendersi conto

che il loro sacrificio non è stato vano

e il loro sacrificio sarà ripagato alla grande.

 

         3° Oggi festa di tutti i Santi

è in riferimento a quanti fanno parte della famiglia

e della comunità dei santi,

cioè:

– tutti coloro che formano il Regno di Dio,

– le comunità cristiane,

– le persone che cercano di mettere in pratica

i valori umani (che sono pure valori cristiani),

– quanti nel mondo vivono nella bontà,

giustizia, carità, in semplicità, perdonando…

Tutti questo grande popolo sono i SANTI

di cui fanno parte:

–  i morti (tutti in Paradiso)

– noi ancora viventi che mettiamo in pratica

il messaggio di Gesù

– e quanti pur non conoscendo Gesù,

vivono con rettitudine e onestà.

 

N.B.

All’origine della fede cristiana

i “Santi” erano quanto credevano in Cristo

e praticavano le cose sante:

i Sacramenti.

Erano “santi” tutti i “cristiani”

 

         4° Il numero biblico 144 mila

è un numero simbolico,

non matematico e reale;

il numero 12 X 12 X 1000

sta ad indicare

tutte le tribù e il popolo di Israele

e quanti avrebbero aderito al messaggio

 e alla salvezza

annunciate da Cristo.

         Quindi

il numero 144.000 mila

è un numero astronomico per la cultura semita,

per dire la moltitudine dei salvati:

praticamente tutti gli uomini.

Tutti sono salvati da Dio,

perché Dio ama tutti

e il suo Amore è in grado di salvare

anche i malvagi e i riottosi.

         5° AMEN

E’ la parola ripetuta più volte

e significa: sicurezza, forza, punto di appoggio.

L’Amen è il picchetto che reggeva la tenda

di un popolo nomade e di pastori.

L’ Amen oggi sono i ferri d’acciaio

che reggono i filari di viti…

Amen sono i piloni che reggono i ponti sospesi…

Cristo è il nostro Amen,

la nostra sicurezza, la nostra forza.

         VANGELO

“Beati i poveri in spirito”

significa:

non è la povertà “la beatitudine”,

ma la povertà che uno sceglie in spirito;

per libera scelta,

come segno di fede;

perché non appoggia le sue sicurezze

sul denaro nè sui beni concreti.

I beni concreti (denaro, case, barche,

campagne, ecc…) non perché sono un male;

magari fossero tutti ricchi!

         La ricchezza non è un male,

è un bene;

importante è che chi è ricco e mangia tutti i giorni,

condivida quello che ha sul piatto

con chi non ha nulla e muore di stenti.

Il male non è la ricchezza,

ma il magiare da soli,

escludendo gli altri.

 

La povertà non è un bene;

anzi è una malora,

spesso una ingiustizia sociale,

una situazione umana da superare.

La povertà può essere un bene

soltanto se è per scelta,

non è forzata e non è imposta

o forzata da una condizione sociale

da cui non si riesce ad uscire.

La povertà diventa buona e evangelica

se ci si priva di qualcosa da condividere con il povero.

Es.- S.Francesco d’Assisi

 

2° Tutte le altre “beatitudini”:

beati quelli che piangono,

quelli che subiscono ingiustizie,

beati i miti… ecc…

sono tutte specificazioni della categoria “poveri”;

sono sempre i poveri che piangono,

che hanno sete di giustizia,

che sono miti,

e puri di cuore,

o che sono perseguitati dalla giustizia umana…

Tutti i poveri subiscono

discriminazioni e angherie

e sono nell’impossibilità di uscirne

o affrancarsi.

 

3° Queste beatitudini

non sono “felicità”

come se Gesù dicesse:

“Beato te che sei povero e subisci

ogni torto e ogni forma di cattiveria”

         Non è questo che intende Gesù;

Dio non vuole il sacrificio né le lacrime di nessuno.

Dio Padre vorrebbe tutti contenti

e che tutti abbiano da mangiare

ogni giorno e in abbondanza.

Quello che Gesù intende farci capire è:

“Se fai una scelta di povertà,

perché rinunci a qualcosa a favore di un povero…

fai la scelta giusta;

hai agito da persona libera e di fede”…

Mettere mano al portafoglio

e fare un’offerta al povero

dimostra che ti fidi di Dio

e non solo delle tue possibilità finanziarie ed economiche.

Ogni forma di scelta di povertà

è una scelta che uno fa solo se ha fede in Dio,

in caso contrario rimane ancora alle sicurezze umane:

soldi potere, politica, amicizie, forza…

Fonte