Riflessione
– Sembra che il tema della 1° Lettura di Giobbe,
come sarà del Vangelo,
sia il dolore,
la sofferenza umana.
Non farò il commento della 1° lettura
e poi del Vangelo;
ma userò le due letture
per una riflessione sul dolore umano.
Nella 1° Lettura il protagonista Giobbe
giunto al limite delle sue sofferenze
e del degrado umano e fisico,
ha perso figli, moglie, bestiame, casa,
ogni bene
e infine anche la salute.
Nonostante la sua pazienza
non può non lamentarsi
con gli amici che lo vanno a trovare…
Nella pagina che abbiamo letto,
Giobbe si chiede:
“Ma che senso ha venire al mondo,
lavorare, costruirsi una vita e una famiglia…
se poi alla fine devi lasciare tutto
e tutta la vita è pervasa,
condita di dolori e sofferenze?
Il Vangelo di oggi
presenta un tema è analogo,
anche se non è l’unico ed esclusivo:
a Gesù viene presentata una donna ammalata
mentre fuori della porta di casa,
dove era entrato per riposare e mangiare qualcosa,
gli vengono portati ammalati e sofferenti,
simbolo di tutto il dolore umano.
Anche la donna, suocera di Pietro,
ammalata,
giace su un letto sofferente;
è immagine di tutta un’umanità
che giace prostrata da una sofferenza infinita
e da cui non riesce a sollevarsi da sola.
Gesù è in grado di aiutarla e risollevarla.
Davanti alla sofferenza umana,
al dolore,
alla fame,
alle violenze: Dio dov’è?
Davanti e durante i massacri in Centro Africa,
in Cambogia, Iraq, in Siria, in Afghanistan
o nei campi di concentramento nazisti
e Croati, oggi in Libia e altrove
Dio dov’è ?
– Il Libro di Gobbe,
scritto alcuni secoli prima di Cristo,
di cui abbiamo letto una pagina,
vorrebbe essere un tentativo di dare una risposta.
E’ una domanda angosciosa
che appartiene da sempre alla cultura umana:
Perché il dolore ?
Dov’è Dio in tutta questa sofferenza?
Giobbe è un uomo ricco e fortunato:
ha una bella famiglia, tanti figli,
una moglie che gli vuol bene,
è padrone di grandi campagne e di molto bestiame,
ha dei servi e operai che lavorano nella sua casa…
E’ un uomo “benedetto da Dio”.
A quei tempi, nella mentalità del pio ebreo,
c’era la convinzione che quando le cose andavano bene
voleva dire che Dio benediva
e guardava con benevolenza quella persona benestante;
mentre i poveri e i malati erano segno
che avevano commesso qualche colpa
e Dio li voleva punire.
Questo Giobbe da ricco e fortunato…
comincia a perdere i raccolti per opera di bande armate,
poi gli rubano tutto il bestiame,
gli ammazzano i servi,
i figli muoiono tutti sotto il crollo della loro casa;
alla fine Giobbe perde anche la salute
e infine anche la moglie lo abbandona,
perché non riesce più a soffrire la puzza delle sue piaghe…
e il povero uomo finisce in una discarica.
Qui vengono alcuni amici, si fa per dire,
a fargli compagnia;
vorrebbero confortarlo,
ma continuano a rinfacciargli
che se gli sono capitate tutte quelle sventure
è segno che deve aver commesso delle colpe gravi
che lui tiene nascoste.
Giobbe tenta di difendersi per giorni e giorni
e il suo motto è:
“Dio mi aveva dato tanti beni,
ora Dio me li ha tolti.
Sia sempre benedetto il Signore”.
Ma di fronte all’insistenza di questi tre personaggi
che gli rinfacciano colpe nascoste,
alla fine Giobbe perde la pazienza
e chiama Dio in una specie di tribunale
a giustificare quanto gli sta facendo
e perché gli manda tutte queste sofferenze
fisiche, morali, spirituali, psicologiche…
Arriva al punto di maledire il giorno della sua nascita:
non vale la pena nascere per soffrire!
Perché Dio l’ha fatto venire al mondo ?
Per farlo soffrire ?
– Un giorno arriva anche un quarto amico,
il quale è convinto che la sofferenza:
umana, materiale, spirituale,
le grandi catastrofi umane e ambientali
potrebbero avere un senso,
un significato importante ed educativo:
– ci tengono umili,
– ci fanno toccare con mano i nostri limiti,
– ci impediscono di insuperbirci davanti a Dio
e davanti agli altri
– ci impediscono di crederci come Dio,
– ci fanno pensare che questa terra, questa realtà
non è il fine della nostra vita,
– il dolore favorisce la comprensione di quanti
si trovano in una medesima situazione di sofferenza,
– la sofferenza ci sollecita
a farci prossimo di chi soffre,
a venire in loro aiuto,
– ci rende sensibili alle sofferenze degli altri,
– certi disastri ambientali facilitano la collaborazione
tra persone e tra i popoli,
– ci costringe alla riflessione e allo studio
per trovare una risposta,
un antidoto, una cura al dolore e alla malattia,
Questo personaggio molto positivo,
afferma appunto che il dolore
può avere anche un senso positivo,
anche se non lo riusciamo a conoscere e capire.
– Alla fine del libro Dio si presenta a Giobbe
e gli dà la risposta che aveva sollecitato:
“Dio deve venire a giustificarsi davanti a me,
dirmi il perché mi fa soffrire così!”
E Dio appunto gli chiede:
“Senti Giobbe,
ma quando creavo l’universo, le stelle,
i pianeti, la galassie… ho chiesto il tuo parere
o tu mi hai dato dei consigli?
E quando ho creato e diviso le terre asciutte
dalle acque… ho chiesto come fare a te ?
E quando ho plasmato le varie specie di animali:
il rinoceronte, la zebra, il montone, gli uccelli, i pesci…
ho chiesto a te come dovevano essere ?
Ad ogni domanda di Dio,
Giobbe umiliato risponde con un soffio:
“No, Signore!”
Alla fine Dio conclude:
“Perché dovrei chiedere il tuo parere,
o la tua approvazione
sul perché e sul come procede la vita umana
e debba dare giustificazioni a te
per la sofferenza umana?”
Il libro si conclude
con Giobbe che ricupera la salute,
si rifà la famiglia,
ha altrettanti figli e figlie,
entra in possesso delle campagne
e di infinite mandrie di animali, ecc…
e vivrà felice per tanti anni ancora.
– Il Libro di Giobbe tenta di dare una risposta
alla sofferenza umana,
ma arriva al massimo a farci capire
che il dolore non è la negazione di Dio;
la conclusione davanti al dolore non è:
“Se Dio esiste
non dovrebbe permettere certe sofferenze,
- la morte per fame di bambini
o che qualcuno sgozzi un uomo innocente…
Se queste situazioni terribili continuano
non è segno che Dio
o non esiste
o non è interessato a noi.”
E’ segno che non riusciamo a capire
e che se Dio non interviene
non è perché non vuole,
ma perché non lo lasciamo intervenire…
lo mettiamo prima fuori dalla porta
e poi ci lamentiamo
o lo chiamiamo in causa
perché non fa nulla.
Oltre al libro di Giobbe,
noi abbiamo pure il Vangelo
che potrebbe illuminarci
su questo immenso problema
e interrogativo umano:
“Perché il dolore” ?
– Il Vangelo ci dice che Gesù,
a cui Dio voleva un bene dell’anima,
come a se stesso:
lo fa nascere in una stalla,
lo fa lavorare nella povertà,
vive nella precarietà e nella sofferenza,
viene rifiutato, deriso, percosso
messo in croce e lasciato morire
senza che nessuno, neppure il Padre,
intervengano per salvarlo…
Come se Dio non esistesse,
come se quell’Uomo non gli interessasse,
come se non potesse far nulla per fermare quella barbarie.
Mentre così non è:
quel Gesù è la cosa più cara che Dio ha,
eppure lo lascia morire in croce,
lasciandoci intendere
che Dio Padre sembra avere più a cuore noi
che il Figlio.
E’ un mistero d’amore che non riusciamo a comprendere,
ma così è successo.
Il Dio di Gesù è un Dio che fa tutto per amore
e senza amore non è in grado di fare nulla;
è onnipotente, ma solo nell’amore.
N.B.
– Questa pagina del Vangelo
ci narra una giornata della vita di Gesù,
un sabato:
– discorso nella Sinagoga di Cafarnao,
– dialogo con lo spiritato che contesta Gesù,
– verso le 15,30 del pomeriggio
l’assemblea in sinagoga si scioglie
e ognuno torna a casa per mangiare,
– Gesù va in casa di Pietro
– guarisce la suocera di Pietro
(quindi Pietro era sposato e forse già vedovo),
– dopo il tramonto del sole (verso le ore 19)
finisce il riposo sabbatico,
– tanti con malati accorrono verso la casa di Pietro
dove sanno che c’è Gesù,
– Gesù guarisce tutti
– si ferma a dormire da Pietro;
– la mattina presto Gesù si ritira per pregare,
mentre la gente lo cerca,
– Gesù riprende il cammino
per i villaggi della Galilea
ad annunciare il vangelo.
– Qualche sottolineatura al testo del Vangelo:
1° la donna ammalata
è immagine di tutta l’umanità
ammalata e bisognosa di un miracolo
per poter stare bene.
2° Gesù non teme di contaminarsi
toccando una donna ammalata;
Lui si è incarnato
nella nostra umanità
e si sta sporcando le mani con noi.
3° Tutti gli ammalati,
che premono alla porta di Pietro
sperando in un miracolo di Gesù,
sono l’immagine di tutta l’umanità sofferente
e bisognosa di miracoli.
4° Gesù guarisce “molti” cioè “tutti”
ma ci saranno sempre e dovunque ammalati
bisognosi di guarigione…
per quanti miracoli Dio compia
l’umanità sarà sempre sofferente e bisognosa.
5° Abbiamo bisogno di stare bene fisicamente,
ma ancor più della Parola di Dio…
per questo Gesù lascia la casa di Pietro
e comincia ad andare a predicare.
1° Lettura
Riflessione
– Sembra che il tema della 1° Lettura di Giobbe,
come sarà del Vangelo,
sia il dolore,
la sofferenza umana.
Non farò il commento della 1° lettura
e poi del Vangelo;
ma userò le due letture
per una riflessione sul dolore umano.
Nella 1° Lettura il protagonista Giobbe
giunto al limite delle sue sofferenze
e del degrado umano e fisico,
ha perso figli, moglie, bestiame, casa,
ogni bene
e infine anche la salute.
Nonostante la sua pazienza
non può non lamentarsi
con gli amici che lo vanno a trovare…
Nella pagina che abbiamo letto,
Giobbe si chiede:
“Ma che senso ha venire al mondo,
lavorare, costruirsi una vita e una famiglia…
se poi alla fine devi lasciare tutto
e tutta la vita è pervasa,
condita di dolori e sofferenze?
Il Vangelo di oggi
presenta un tema è analogo,
anche se non è l’unico ed esclusivo:
a Gesù viene presentata una donna ammalata
mentre fuori della porta di casa,
dove era entrato per riposare e mangiare qualcosa,
gli vengono portati ammalati e sofferenti,
simbolo di tutto il dolore umano.
Anche la donna, suocera di Pietro,
ammalata,
giace su un letto sofferente;
è immagine di tutta un’umanità
che giace prostrata da una sofferenza infinita
e da cui non riesce a sollevarsi da sola.
Gesù è in grado di aiutarla e risollevarla.
Davanti alla sofferenza umana,
al dolore,
alla fame,
alle violenze: Dio dov’è?
Davanti e durante i massacri in Centro Africa,
in Cambogia, Iraq, in Siria, in Afghanistan
o nei campi di concentramento nazisti
e Croati, oggi in Libia e altrove
Dio dov’è ?
– Il Libro di Gobbe,
scritto alcuni secoli prima di Cristo,
di cui abbiamo letto una pagina,
vorrebbe essere un tentativo di dare una risposta.
E’ una domanda angosciosa
che appartiene da sempre alla cultura umana:
Perché il dolore ?
Dov’è Dio in tutta questa sofferenza?
Giobbe è un uomo ricco e fortunato:
ha una bella famiglia, tanti figli,
una moglie che gli vuol bene,
è padrone di grandi campagne e di molto bestiame,
ha dei servi e operai che lavorano nella sua casa…
E’ un uomo “benedetto da Dio”.
A quei tempi, nella mentalità del pio ebreo,
c’era la convinzione che quando le cose andavano bene
voleva dire che Dio benediva
e guardava con benevolenza quella persona benestante;
mentre i poveri e i malati erano segno
che avevano commesso qualche colpa
e Dio li voleva punire.
Questo Giobbe da ricco e fortunato…
comincia a perdere i raccolti per opera di bande armate,
poi gli rubano tutto il bestiame,
gli ammazzano i servi,
i figli muoiono tutti sotto il crollo della loro casa;
alla fine Giobbe perde anche la salute
e infine anche la moglie lo abbandona,
perché non riesce più a soffrire la puzza delle sue piaghe…
e il povero uomo finisce in una discarica.
Qui vengono alcuni amici, si fa per dire,
a fargli compagnia;
vorrebbero confortarlo,
ma continuano a rinfacciargli
che se gli sono capitate tutte quelle sventure
è segno che deve aver commesso delle colpe gravi
che lui tiene nascoste.
Giobbe tenta di difendersi per giorni e giorni
e il suo motto è:
“Dio mi aveva dato tanti beni,
ora Dio me li ha tolti.
Sia sempre benedetto il Signore”.
Ma di fronte all’insistenza di questi tre personaggi
che gli rinfacciano colpe nascoste,
alla fine Giobbe perde la pazienza
e chiama Dio in una specie di tribunale
a giustificare quanto gli sta facendo
e perché gli manda tutte queste sofferenze
fisiche, morali, spirituali, psicologiche…
Arriva al punto di maledire il giorno della sua nascita:
non vale la pena nascere per soffrire!
Perché Dio l’ha fatto venire al mondo ?
Per farlo soffrire ?
– Un giorno arriva anche un quarto amico,
il quale è convinto che la sofferenza:
umana, materiale, spirituale,
le grandi catastrofi umane e ambientali
potrebbero avere un senso,
un significato importante ed educativo:
– ci tengono umili,
– ci fanno toccare con mano i nostri limiti,
– ci impediscono di insuperbirci davanti a Dio
e davanti agli altri
– ci impediscono di crederci come Dio,
– ci fanno pensare che questa terra, questa realtà
non è il fine della nostra vita,
– il dolore favorisce la comprensione di quanti
si trovano in una medesima situazione di sofferenza,
– la sofferenza ci sollecita
a farci prossimo di chi soffre,
a venire in loro aiuto,
– ci rende sensibili alle sofferenze degli altri,
– certi disastri ambientali facilitano la collaborazione
tra persone e tra i popoli,
– ci costringe alla riflessione e allo studio
per trovare una risposta,
un antidoto, una cura al dolore e alla malattia,
Questo personaggio molto positivo,
afferma appunto che il dolore
può avere anche un senso positivo,
anche se non lo riusciamo a conoscere e capire.
– Alla fine del libro Dio si presenta a Giobbe
e gli dà la risposta che aveva sollecitato:
“Dio deve venire a giustificarsi davanti a me,
dirmi il perché mi fa soffrire così!”
E Dio appunto gli chiede:
“Senti Giobbe,
ma quando creavo l’universo, le stelle,
i pianeti, la galassie… ho chiesto il tuo parere
o tu mi hai dato dei consigli?
E quando ho creato e diviso le terre asciutte
dalle acque… ho chiesto come fare a te ?
E quando ho plasmato le varie specie di animali:
il rinoceronte, la zebra, il montone, gli uccelli, i pesci…
ho chiesto a te come dovevano essere ?
Ad ogni domanda di Dio,
Giobbe umiliato risponde con un soffio:
“No, Signore!”
Alla fine Dio conclude:
“Perché dovrei chiedere il tuo parere,
o la tua approvazione
sul perché e sul come procede la vita umana
e debba dare giustificazioni a te
per la sofferenza umana?”
Il libro si conclude
con Giobbe che ricupera la salute,
si rifà la famiglia,
ha altrettanti figli e figlie,
entra in possesso delle campagne
e di infinite mandrie di animali, ecc…
e vivrà felice per tanti anni ancora.
– Il Libro di Giobbe tenta di dare una risposta
alla sofferenza umana,
ma arriva al massimo a farci capire
che il dolore non è la negazione di Dio;
la conclusione davanti al dolore non è:
“Se Dio esiste
non dovrebbe permettere certe sofferenze,
- la morte per fame di bambini
o che qualcuno sgozzi un uomo innocente…
Se queste situazioni terribili continuano
non è segno che Dio
o non esiste
o non è interessato a noi.”
E’ segno che non riusciamo a capire
e che se Dio non interviene
non è perché non vuole,
ma perché non lo lasciamo intervenire…
lo mettiamo prima fuori dalla porta
e poi ci lamentiamo
o lo chiamiamo in causa
perché non fa nulla.
Oltre al libro di Giobbe,
noi abbiamo pure il Vangelo
che potrebbe illuminarci
su questo immenso problema
e interrogativo umano:
“Perché il dolore” ?
– Il Vangelo ci dice che Gesù,
a cui Dio voleva un bene dell’anima,
come a se stesso:
lo fa nascere in una stalla,
lo fa lavorare nella povertà,
vive nella precarietà e nella sofferenza,
viene rifiutato, deriso, percosso
messo in croce e lasciato morire
senza che nessuno, neppure il Padre,
intervengano per salvarlo…
Come se Dio non esistesse,
come se quell’Uomo non gli interessasse,
come se non potesse far nulla per fermare quella barbarie.
Mentre così non è:
quel Gesù è la cosa più cara che Dio ha,
eppure lo lascia morire in croce,
lasciandoci intendere
che Dio Padre sembra avere più a cuore noi
che il Figlio.
E’ un mistero d’amore che non riusciamo a comprendere,
ma così è successo.
Il Dio di Gesù è un Dio che fa tutto per amore
e senza amore non è in grado di fare nulla;
è onnipotente, ma solo nell’amore.
N.B.
– Questa pagina del Vangelo
ci narra una giornata della vita di Gesù,
un sabato:
– discorso nella Sinagoga di Cafarnao,
– dialogo con lo spiritato che contesta Gesù,
– verso le 15,30 del pomeriggio
l’assemblea in sinagoga si scioglie
e ognuno torna a casa per mangiare,
– Gesù va in casa di Pietro
– guarisce la suocera di Pietro
(quindi Pietro era sposato e forse già vedovo),
– dopo il tramonto del sole (verso le ore 19)
finisce il riposo sabbatico,
– tanti con malati accorrono verso la casa di Pietro
dove sanno che c’è Gesù,
– Gesù guarisce tutti
– si ferma a dormire da Pietro;
– la mattina presto Gesù si ritira per pregare,
mentre la gente lo cerca,
– Gesù riprende il cammino
per i villaggi della Galilea
ad annunciare il vangelo.
– Qualche sottolineatura al testo del Vangelo:
1° la donna ammalata
è immagine di tutta l’umanità
ammalata e bisognosa di un miracolo
per poter stare bene.
2° Gesù non teme di contaminarsi
toccando una donna ammalata;
Lui si è incarnato
nella nostra umanità
e si sta sporcando le mani con noi.
3° Tutti gli ammalati,
che premono alla porta di Pietro
sperando in un miracolo di Gesù,
sono l’immagine di tutta l’umanità sofferente
e bisognosa di miracoli.
4° Gesù guarisce “molti” cioè “tutti”
ma ci saranno sempre e dovunque ammalati
bisognosi di guarigione…
per quanti miracoli Dio compia
l’umanità sarà sempre sofferente e bisognosa.
5° Abbiamo bisogno di stare bene fisicamente,
ma ancor più della Parola di Dio…
per questo Gesù lascia la casa di Pietro
e comincia ad andare a predicare.
– Il libro del Deuteronomio,
di cui abbiamo letto un breve tratto
contiene la seconda parte della Legge di Mosè.
(deutero= secondo, ciò che viene dopo…
nòmos= legge, parola, disposizione…)
– Alla corte del Re, e di chi ha potere,
allora come anche oggi,
ci sono consiglieri e persone di fiducia.
Tra i consiglieri dei Re di Israele
trovavano spazio pure alcuni profeti;
ma erano “profeti di corte”,
pagati dal Re, sempre ossequienti;
personaggi a volte seri e a volte adulatori,
che a nome di Dio
si prestavano a dare indicazioni al Re
come se venissero da Dio…
mentre così non era quasi mai.
Il vero profeta stava lontano dal potere
e solitamente si metteva in contrasto con le scelte
del Re e di chi stava vicino al Re.
Era evidente che i profeti di corte
mantenuti dal Re
cercassero di dire ciò che facevano piacere al Re;
se ne guardavano bene dal contraddirlo,
anche se decideva qualcosa di sbagliato
o addirittura una guerra disastrosa…
– Per aiutare il suo popolo
di tanto in tanto Dio suscitava veri profeti,
che solitamente si tenevano lontani dalla corte
e tentavano di convincere il popolo
indicando la volontà di Dio,
o quello che ritenevano il vero bene
della povera gente;
il bene della povera gente
non collima mai con i disegni e le scelte
di chi sta al potere.
N.B.
I veri profeti
sono certamente presenti anche in altre culture
e presso anche altre religioni e popoli;
magari vengono chiamati con altri nomi,
a volte sono giornalisti o politici,
altre volte possono essere personaggi
di grande levatura morale:
- Martin Lutero, Alcide De Gasperi,
Gandhi, Martin Luther King,
Nelson Mandela, Raoul Follereau,
Gorbaciov, Chiara Lubich (Focolarini)…
tutti personaggi che
potremmo definire “profeti del nostro tempo”
– Il profeta presso il popolo ebreo
non aveva alcuna autorità,
(pensiamo al Battista o a Gesù stesso…)
non viene mai riconosciuto come profeta
e pertanto veniva deriso, maltrattato
dal popolo stesso
e alla fine messo a morte dall’autorità costituita,
perché il profeta “vero” era sempre in contrasto
con l’autorità e il potere,
sempre a fianco del povero.
– In questa pagina
Dio sta parlando a Mosè
che in quel tempo
era l’unico grande profeta
e condottiero del popolo Ebreo;
gli riferisce quanto deve annunciare
a tutto il suo popolo appena uscito dall’Egitto:
Lui, Dio, invierà profeti veri e saggi
in mezzo al suo popolo
che riferiranno la Sua volontà
e quanto devono fare per il loro bene.
Se il popolo darà ascolto a questa parola
sarà tutto a loro vantaggio,
e il profeta avrà fatto il suo dovere
e svolto il suo compito,
anche se non ne venisse seguito il consiglio.
Ma se qualcuno si arroga il compito
di essere il profeta, magari di corte,
arrogandosi il diritto di parlare a nome Suo (di Dio),
senza esserne incaricato,
questi sarà punito… peggio per lui.
Anche quanti non ascolteranno il vero profeta
dovranno pentirsene perchè finiranno male.
Dio fa capire che a seguire
la linea tracciata dal vero profeta
(che alla fine è la Parola di Dio stessa)
è tutto a loro vantaggio.
VANGELO
1°
Gli scribi.
Erano gli esperti della Sacra Scrittura,
della Torà,
della Legge e della Tradizione ebraica.
Sapevano leggere e scrivere;
godevano di una autorità indiscussa:
loro potevano interpretare la Scrittura
e la loro parola era considerata “rivelata”.
Il contrasto sorge quando sulla scena pubblica
si presenta Gesù,
il quale insegna
“come uno che ha autorità
e non come gli scribi”
che leggevano le note a margine del testo biblico.
Gesù entra in contrasto con l’insegnamento
degli scribi, dei sacerdoti, dei farisei:
perchè il loro insegnamento
allontanava da Dio,
creava barriere,
metteva divieti e proibizioni,
presentava un Dio esigente e meschino
desideroso di sacrifici…
Gesù invece presenta un Dio totalmente altro:
Padre, che perdona sempre,
non esige nulla,
che vuole la salvezza di tutti
e non allontana alcuno…
Gli scribi sono i veri avversari di Gesù.
La persona che interviene contro Gesù
in Sinagoga
è uno che vede in Gesù un nemico,
perchè mette in questione l’autorità degli scribi;
è uno che parla a nome dell’autorità costituita;
è come se, dopo aver ascoltato Gesù,
scoppiasse di brutto rifiutando il suo insegnamento,
prendendo le difese degli scribi e della tradizione.
Parla al plurale
appunto perché rappresenta tutti gli scribi
e quanti ritenevano la Legge e le tradizioni
come volute da Dio;
sentono che Gesù sta minacciando
la loro autorevolezza e potere.
Probabilmente la compostezza,
l’autorevolezza dimostrata da Gesù,
le parole sicure che non ammettevano repliche,
mettono a tacere il “povero rabbino” ignorante.
2°
Il diavolo.
“Tu sei il Santo di Dio”
E’ l’unico coraggioso tra i presenti in sinagoga
a dire ciò che in realtà pensava già tanta gente:
che Gesù cioè fosse veramente un “Uomo di Dio”;
e siccome questi è un “indemoniato”
non ha timore alcuno o soggezione verso le autorità
a dire quello che pensa.
N.B.
Ai tempi di Gesù era opinione comune
che ogni malattia fosse dovuta
a uno spirito maligno(impuro).
Non era certamente una possessione diabolica,
come la pensiamo noi oggi,
deviati e frastornati da una spiritualità medioevale
che vedeva il diavolo più presente di Dio stesso.
Guarire dalla malattia
era segno della liberazione dallo spirito maligno.
Nei Vangeli sembra che siano troppi gli indemoniati!
Come si spiega ?
Quando gli Evangelisti scrivono di indemoniati
è necessario tener presente la cultura del tempo:
sappiamo che venivano considerati posseduti
da “spiriti immondi”:
tutti i malati,
i lebbrosi in particolare,
i malati con sfoghi sulla pelle
(es. Herpes Zoster – o fuoco di S. Antonio,)
i malati di epilessia (“mal caduto”),
e comunque quanti avevano problemi di salute
erano tutti considerati “posseduti”
da uno spirito malvagio (impuro).
N.B:
Oggi anche se ci crediamo più evoluti e a conoscenza
di molte malattie,
potremmo comunque pensare
che quando stiamo male,
siamo posseduti dallo spirito (da uno spirito)
maligno (impuro) che ci possiede
e ci tiene prigionieri di una malattia…
Basta capirci !
Questo caso specifico, questo scriba,
di cui parla oggi il Vangelo,
probabilmente era una persona normale,
poco intelligente,
e si butta a testa bassa contro Gesù;
e convinto più di ogni altro
della bontà dell’insegnamento degli scribi
prende le loro difese
per contrastare Gesù.
Come interviene Gesù ?
Con autorità e autorevolezza,
tanto da mettere a tacere quell’uomo
sbruffone e ignorante.
Tutti in sinagoga rimangono stupiti e meravigliati
nel sentire parlare Uno
con una autorevolezza e con una forza che stupisce
e che riesce a mettere a tacere anche una testa calda.
Nei Vangeli si parla spesso di “demoni”
Ma la parola giusta sarebbe “spiritelli”.
Per “spiritelli” si intende
tutto ciò che esula dal nostro mondo concreto
e che appartiene alla fantasia:
gnomi, fate, elfi, spiriti, draghi, streghe…
tutti gli esseri mitologici
che non esistono
ma che fanno parte della nostra cultura,
del nostro modo di parlare
e di poemi epici.
Gesù non fa alcuna trattazione teologica sul diavolo;
ne parla come ne parlavano i suoi contemporanei;
come parliamo anche noi di:
destino, fortuna, spiriti, entità strane,
fate, lupi mannari…
Teniamo presente che Gesù:
1° non parla del demonio come di un
essere personale
contrapposto a Dio;
come ci fossero due entità, una buona e una malvagia.
Se fosse così avremmo due Dei:
uno buono e uno cattivo
e si eliminerebbero a vicenda.
2° il concetto che abbiamo noi di “diavolo”
ci viene dal medioevo,
non è il medesimo concetto che aveva Gesù
Quando noi parliamo di “diavolo”
non intendiamo come lo intendeva Gesù.
Sono concetti ed entità diverse:
per Gesù era un modo di dire,
come usavano i suoi contemporanei
che attribuivano le malattie
a “uno spirito maligno”.
Mentre noi abbiamo un concetto di “diavolo”
che ci viene dalla cultura medioevale,
che era pervasa da fantasie di streghe, maghi,
dal punto di vista religioso molto pessimista e oscurantista:
tutto è proibito, tutto è peccato,
Dio ci manda i castighi e all’inferno…
3° Il diavolo è una forma di religiosità
costruita appositamente
per tenerci in soggezione (es. sette sataniche);
la paura indotta dalla religione è potere.
Il potere è il diavolo!
4° Nel Credo Apostolico
non si accenna al diavolo.
Se fosse stata una verità a cui prestare fede,
sarebbe stato inserito nel Simbolo.
5° Se il diavolo esistesse veramente,
noi non saremmo responsabili di nulla.
Se il diavolo è quell’essere
superiore, forte, intelligente, ecc…
come lo intendiamo…
noi uomini avremmo sempre battaglia persa;
sarebbe come un bambino che combatte contro un gigante
e non saremmo più responsabili di nulla:
unico grande responsabile del male dell’umanità
sarebbe il diavolo
e l’uomo alla sua mercè.
Noi in realtà siamo e ci sentiamo responsabili
delle nostre azioni,
tanto è vero che i tribunali condannano
chi si comporta male.
– Io non so se il diavolo esista oppure no!
Ma non è importante.
Ciò che è importante è che
siamo nelle mani di Dio
e Dio è Amore.
Dio non è in contrasto continuo con il diavolo…
perché il diavolo di fronte a Dio
non è niente e nessuno.
6° Perché il diavolo dovrebbe prendere possesso
di una persona
(es. addirittura di un bambino o di una ragazza?)
Perché è più cattiva o malvagia degli altri?
Per stupire socialmente ?
Per farsi conoscere meglio?
Per farci paura?
Per farsi cacciare via?
7° Gli esorcismi sono pressochè inefficaci.
Molte preghiere,
sacerdoti particolarmente preparati e validi,
benedizioni e aspersioni con acqua santa…
e bisogna continuare per ore e ore
a volte per giorni e giorni…
Significa: o che non c’è nulla da cacciare;
o che ci sono in certe persone forze e energie ancora sconosciute e le preghiere non sono la cura…
o, se il diavolo esiste veramente,
se ne ride del sacerdote esorcista
e di Dio: e non può essere…
8° Il diavolo siamo ciascuno di noi.
Ogni persona è amata da Dio,
tuttavia lo Spirto di Dio è incarnato
in una persona con tanti limiti:
egoismo, ignoranza, orgoglio,
bisogno di apparire, di potere e di possedere…
Questi nostri limiti e difetti
sono il nostro “diavolo”
che ci induce al male…
e ci mette in contrasto con lo Spirito di Dio.
Noi, ciascuno di noi,
siamo il “diavolo” di noi stessi
e per gli altri.