1° Lettura
abbiamo letto una pagina
del medesimo Profeta Amos (VIII sec. a.C)
ed era un richiamo ai ricchi di Israele,
ai latifondisti, ai governatori, ai re
ai sacerdoti, ai nobili ai ricchi commercianti
che si arricchivano imbrogliando
e falsificando perfino i pesi e le misure…
Oggi il medesimo Profeta
riprende il richiamo e rimprovero
verso i benestanti, i ricchi e gli arricchiti…
Questi godono di una tale abbondanza
di denaro, di mezzi e di lusso
che possono permettersi agi e servizi
che gli altri
non se li immaginano neppure:
sempre sdraiati a tavola a mangiare
carni tenere e a ingozzarsi,
perdono tempo senza far nulla,
bevono vini pregiati e rari,
si ubriacano,
si fanno ungere di olio profumato
tutto il corpo
per la vanità che li consuma….
Mentre i ricchi
non si curano del popolo loro affidato
i poveri non hanno neppure il necessario…
Ma anche per loro ci sarà un momento
per fare giustizia:
saranno tutti deportati;
anzi saranno i primi a pagare le loro malefatte.
Succederà pochi anni dopo nel 721
quando il nord di Israele
cadrà in mano agli Assiri
e tutti saranno deportati a Ninive.
– L’attualizzazione di questa pagina
l’abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni:
una ricchezza mal distribuita,
pochi ricchi, troppo ricchi da una parte
con palazzi, castelli, ville in montagna e al mare,
yatch e panfili smisurati, banche ai loro ordini,
e una moltitudine di povera gente
che fatica ad arrivare a fine mese…
Ci sarà un momento
in cui sarà fatta giustizia?
O finirà tutto in una bolla di sapone
e in un imbroglio colossale?
Io credo che ci sarà giustizia per quanti
hanno voluto arraffare tutto,
arricchire solo loro
escludendo gli altri…
e spesso nei giornali leggiamo nomi e cognomi
di gente che finisce in Tribunale,
viene chiesta loro giustizia
e devono vergognarsi
per quello che hanno fatto e rubato.
– Collegamento con la pagina del Vangelo:
anche nel Vangelo si parla di un ricco
che mangia da solo e se la spassa,
mentre un povero muore di fame alla sua porta,
tra l’indifferenza di tutti.
VANGELO
– La parabola ha tre protagonisti:
un ricco che mangia e se la gode da solo,
un povero che muore di fame
Abramo impersona la voce di Dio
– non è detto che il ricco sia cattivo
né che il povero Lazzaro sia una persona buona;
– non si dice neppure che il ricco
va all’inferno per il fatto di essere ricco;
come se fosse un peccato
o proibito o un male
essere benestanti o ricchi;
Essere ricchi non è male..
il male sta nella maniera in cui usiamo
la nostra ricchezza:
vogliamo essere ricchi e stare bene,
escludendo gli altri…
– il povero non va in Paradiso perché è povero.
– Né viene detto che il ricco
per il semplice fatto di essere ricco
deve essere anche cattivo e immorale
e pertanto meriti l’inferno,
né il povero,
per il fatto di aver patito tanto,
è detto che sia anche buono
e meriti il Paradiso.
– Il nucleo della parabola
sta in questo:
il ricco viene condannato
non perché cattivo
o non faceva l’elemosina
(troppo comodo dare le briciole)
quanto piuttosto
perchè si era chiuso nel suo mondo,
vive in un mondo fuori dalla realtà,
e non era interessato a quanto lo circondava,
non vedeva la miseria degli altri.
– Secondo il Vangelo della scorso domenica:
il ricco deve comportarsi
come un buon amministratore
a beneficio del povero…
– Il male dei ricchi
e quando diciamo “ricchi”
facciamo riferimento a quanti
hanno la mentalità propria dei ricchi:
voler avere tutto per se stessi,
accumulare sempre di più,
non vedere i bisogni degli altri
e non preoccuparsi della povertà
della massa della gente che ci sta attorno.
La mentalità del ricco
(senza essere ricchi economicamente)
l’abbiamo un poco tutti;
come pure la mentalità
propria di chi sta al potere
e pensa che a lui tutto sia lecito,
che le leggi non valgano per lui,
e che a lui non sia richiesto
un comportamento morale onesto e serio
Es. fate caso:
quando un poveraccio arriva al potere,
si comporta come il peggiore dei dittatori…
manca solo poi che sia anche stupido
e allora sono guai per tutti…
inutile fare nomi…
qualcuno si sentirebbe offeso
N.B.
Si parla del ricco all’inferno…
Dio non manda all’inferno nessuno,
neppure se vuole andarci…
Oltretutto:
“andare all’inferno”
“finire all’inferno”
farebbe pensare a un luogo, un ambiente…
ma l’inferno non è un luogo, o uno stanzone,
un mare di fuoco, ecc…
l’inferno è:
non essere con Dio.
La parabola è un insegnamento “didattico”
e vuole spronare i cristiani
a un tipo di comportamento altruistico,
di carità e generosità (che non è elemosina)
prospettando il premio (Paradiso)
e mettendo davanti anche il castigo (l’inferno),
ma non per far credere
che qualcuno ci possa andare,
piuttosto per farci capire quanto importante
sia la carità verso i poveri.
Commento a cura di don Franco Scarmoncin – Diocesi di Padova