1° Lettura
– Il tema e l’immagine ricorrente
sia della 1° lettura che del Vangelo è
il mare
anche se il significato
e il contesto delle due pagine bibliche
è ben diverso l’una dall’altra.
– La 1° Lettura ci porta a una riflessione
sul libro di Giobbe
e sul protagonista del libro.
Giobbe è un personaggio simbolico, non reale.
Il libro tenta di dare una risposta
al dolore umano, alla sofferenza.
Perché tante disgrazie nella vita?
(dolori, morte, terremoti, carestie, fame…)?
Dio non potrebbe intervenire e risparmiarcele?
O è un Dio sadico
che si diverte a vederci soffrire?
Come conciliare un Dio che ama
e che nello stesso tempo
lascia soffrire milioni e milioni di persone:
bambini che muoiono di fame,
guerre e violenze,
terremoti e inondazioni disastrose
con migliaia di morti…
Dio perché non interviene e risparmiarci tutto ?
– Il problema della sofferenza umana
è un problema mondiale, immane,
praticamente senza soluzione razionale;
gli uomini fin dalle origini,
i filosofi, le religioni
hanno da sempre cercato di dare una risposta.
Il libro di Giobbe
vorrebbe essere un tentativo di risposta.
Il libro non risolve il perché del dolore,
ma ci fa capire che
non è in contraddizione con la presenza
e la fede in Dio.
– Il libro dunque racconta la storia di Giobbe:
un uomo ricchissimo,
con migliaia di capi di bestiame,
centinaia di operai e servitori,
campagne immense,
raccolti abbondanti tutti gli anni,
magazzini pieni di ogni ben di Dio;
una famiglia meravigliosa:
una moglie adorabile,
7 figli maschi e 3 femmine,
una casa che è una raggia
e i figli ognuno con la propria casa.
Quest’uomo ricchissimo
un giorno perde tutto il suo bestiame
rubato da bande armate
che gli ammazzano anche tutti i servi e gli operai;
i raccolti vengono rubati e bruciati sui campi,
un terremoto fa crollare la casa
in cui si erano riuniti tutti i figli per far festa
e muoiono tutti.
Infine lui stesso perde la salute,
e per ultimo, anche la moglie se ne va
perché non sopporta il puzzo delle sue piaghe.
Giobbe finisce su una discarica.
E’ un uomo finito.
Nonostante tutte le disavventure
Giobbe continua a ripetere:
“Dio mi aveva dato tanti beni
e ora me li ha tolti.
Sia benedetto il Signore Dio”
La sua fede rimane incrollabile.
Mentre passa i suoi giorni in discarica,
vengono alcuni “amici”
a scambiare una parola con lui.
Vorrebbero “consolarlo”,
ma non trovano parole.
La convinzione di questi amici
è che Giobbe abbia delle colpe, forse nascoste,
che non vuole o si vergogna di rivelare,
ma è per quelle colpe che Dio lo sta punendo.
Sono convinti
e vorrebbero convincere anche Giobbe
che se gli è capitato tutti questi malanni
è segno che Dio vuole fargliela pagare
per qualche peccato nascosto.
N.B.
Il libro di Giobbe è molto lungo,
a volte molto noioso,
perché questi amici che vengono
a trovare Giobbe
continuano a parlare ribadendo sempre
il medesimo concetto:
lui o i suoi figli devono aver commesso
qualche colpa grave…
altrimenti non si spiegherebbero tutti questi malanni.
(Ed è un poco anche il nostro pensiero
quando ci capita qualche disgrazia:
che Dio voglia farcela pagare…
nonostante quanto è venuto a dirci Gesù
su Dio Padre)
– Giobbe comunque continua a proclamare la sua innocenza,
non ha memoria di qualche colpa,
né sua né dei figli…
Di tanto in tanto, Giobbe,
pur ribadendo la sua fede,
chiama Dio in causa:
provoca Dio a presentarsi per giustificarsi:
deve dire perché lo sta punendo in questo modo.
– C’ è un momento in cui Giobbe,
esasperato dall’insistenza degli amici
che lo considerano falso e finto buono,
impreca contro i suoi genitori
che l’hanno messo al mondo per farlo soffrire;
vorrebbe non essere mai nato…
e impreca contro Dio e il suo silenzio…
Ma è solo un momento di debolezza
propria di un uomo malato e provato dalla natura
e umiliato da amici non veri…
Giobbe si riprende subito
e ritorna a invocare Dio.
Alla fine si fa vivo un altro un quarto amico,
diverso dagli altri,
e tenta di far capire a Giobbe che il dolore
può avere anche dei risvolti positivi.
–
– Il dolore ci fa toccare con mano i limiti
nostri personali
e della natura, dell’universo.
Dobbiamo renderci sempre conto che
siamo fatti di terra e con una scadenza incorporata.
La sofferenza ci aiuta a tenerci umili.
– La sofferenza ci fa sentire solidali gli uni con gli altri.
Un terremoto ci sollecita alla solidarietà
verso il Paese martoriato.
– La sofferenza ci costringe a trovare soluzioni
per superarla, alleviarla, evitarla…
studiare medicine per stare meglio
e darci da fare per affrontarla meglio.
– La sofferenza ancora ci fa capire che questo mondo non è quello definitivo (non è il paradiso);
se abbiamo un’esigenza infinita di felicità
è segno che dobbiamo cercarla da qualche altra parte.
Questo mondo non il fine della nostra vita.
– Tutto vero, giusto, ragionevole
quanto suggerisce l’ultimo amico,
ma ciò non impedisce che Giobbe continui
a cercare il perché della sua sofferenza.
Perché Dio gli ha mandato tutti questi guai ?
Giobbe con forza provoca Dio a presentarsi
a giustificarsi come in tribunale
e dire le motivazioni,
il perché lo sta facendo soffrire.
Alla fine del libro Dio si presenta a Giobbe
e gli fa un lungo discorso,
di cui la pagina di oggi è un piccolo esempio:
Dio dice a Giobbe:
“Quando io creavo la terra e il cielo
il sole e la luna, le stelle infinite… tu dov’eri ?
Ho chiesto il tuo consiglio?
E quando ho chiuso il mare
e gli ho fissato i confini
come se gli avessi messi chiavistelli e porte…
perché non oltrepassasse i limiti fissati
ho chiesto il tuo parere ?
Quando creavo i cedri del Libano
e tutti gli animali: dal rinoceronte alla gazzella
gli uccelli del cielo, i pesci e i cetacei
ho chiesto come fare a te ?
A queste domande
Giobbe risponde sempre più confuso:
“No, Signore”
E Dio conclude:
Perché dovrei spiegare a te
il senso e il il perché della sofferenza umana;
o chiedere il tuo permesso,
o perchè dovrei giustificarmi davanti a te ?
Il libro si conclude con Giobbe
che ricupera gioventù, famiglia, altri figli,
campagne, bestiame piccolo e grande,
servitori
e ricchezze 10 volte maggiori della vita precedente.
E’ chiaro che il libro è frutto di fantasia:
l’autore sacro cerca di dare una risposta
a un interrogativo che da sempre assilla
ogni uomo: “Perché il dolore?”
Il libro non dà una risposta.
Ma dice che:
– la sofferenza umana non significa
che Dio non esista.
– la sofferenza può avere un senso positivo…
– Quando poi verrà Gesù
che pure soffrirà:
il rifiuto della sua gente,
le umiliazioni dell’autorità religiosa,
le percosse e la morte…
allora capiremo anche che:
il dolore non è un castigo di Dio,
tanto è vero che ha sofferto terribilmente anche Gesù
che era il Figlio amato da Dio.
Ma neppure con Gesù
ci sarà una risposta
al “perché” del dolore
e della sofferenza umana.
Possiamo solo dire che il dolore:
– è segno che siamo creature limitate,
– non è la negazione di Dio,
– non è un castigo di Dio,
– può avere dei risvolti positivi…
Il vero perché tuttavia della sofferenza umana
rimane dentro a un disegno nascosto:
in Dio per chi crede,
senza un senso per chi non crede.
VANGELO
– Una stranezza colpisce subito:
come fa Gesù a dormire in piena tempesta ?
– La pagina è una sintesi di simbologie:
il racconto (che non è cronaca)
sta a significare realtà esistenziali
che coinvolgevano le comunità cristiane.
Alcuni particolari strani ci fanno capire che
non stiamo leggendo un fatto reale vero,
ma raccontato per dirci qualcosa d’altro nella fede.
E’ una pagina di teologia:
è una teofania, una epifania:
è una manifestazione di Dio in Gesù.
E’ una professione di fede di Marco
e delle comunità cristiane: Gesù è Dio !
Chiarita questa sintesi
vediamo alcuni particolari della pagina
e i simbolismi:
– la barca è la comunità cristiana, (la Chiesa)
chiamata a dirigersi verso “l’altra riva”
– l’altra riva rappresenta le nazioni pagane;
e anche il viaggio della vita;
– le altre barche sono tutte le comunità cristiane coinvolte nell’avventurosa traversata
– la notte, il vento, la tempesta…
le avversità che le comunità incontrano;
le forze del male sembrano dominare in modo incontrastato;
– il sonno di Gesù è il silenzio di Dio;
Dio sembra essere assente, lontano…
tutto succede e dà la sensazione che Dio non sia presente, non partecipi… dorma…
– il cuscino è il guanciale che si pone sotto la testa del defunto;
è una allusione alla morte di Gesù;
Gesù si rivela come un Dio che dorme
o che sembra assente e o morto,
che lascia fare,
che sembra lasciar dominare il male e non interviene per salvare i suoi… (es. persecuzioni)
– il rimprovero di Gesù
ci ricordiamo di Lui solo quando le cose vanno male?!
La Chiesa è in grado di fare anche senza di Lui quando le cose sembrano andar bene !
– il timore è lo stupore e la meraviglia
degli Apostoli:
solo Dio può comandare ai flutti del mare… quindi: Gesù è Dio !
Avevano fiducia di Gesù… ma non pensavano che fosse anche Dio !
Conclusione:
Questa pagina del Vangelo è la professione di fede
delle comunità: Gesù è Dio !
E’ una specie di CREDO
sotto forma di racconto;
che non è tanto la narrazione
di un fatto realmente successo,
ma è una pagina di fede e di teologia.
Da ricordare:
se incontriamo una persona disabile
ricordiamoci che lei (come noi)
ha uno scopo nella vita.