don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo di oggi, 6 Agosto 2022

647

6 agosto 2022 – Santuario della Pieve 

Mistero della Trasfigurazione del Signore

Questo primo sabato del mese di agosto cade nella festa della Trasfigurazione del Signore.  Meditiamo, perciò, questo mistero luminoso del santo Rosario.  

Cerchiamo di capire perché Gesù porta i tre discepoli sul monte e si trasfigura davanti a loro. Partiamo dalle parole di Pietro: «Maestro, è bello per noi essere qui!». 

- Pubblicità -

«È bello stare qui!». Quanto è importante questa esclamazione! Qui c’è l’essenza dell’essere  cristiani. La nostra fede è prima di tutto la scoperta che è bello stare alla Presenza del  Signore! È questo il primo messaggio che va fatto passare! Invece, noi in genere facciamo  passare l’idea che la fede è prima di tutto un dover fare alcune cose e evitarne altre oppure un  credere a determinate verità. Questi aspetti ovviamente ci sono, ma se vogliamo che le persone  si avvicinino a Dio dobbiamo prima di tutto testimoniare che è bello stare con Lui! È bello  stare con Gesù credendo che Egli è il Dio con noi, il Figlio che Dio ci ha consegnato  per mostrarci quanto ci ama! 

L’esclamazione di Pietro è dovuta anche al fatto che Gesù manifesta la sua gloria divina,  rivestendosi di luce, con Mosè ed Elia, che rappresentano la legge e i profeti. I discepoli – si  legge nel testo – «videro la sua gloria». 

Nella Seconda lettera ai Corinzi troviamo un testo molto interessante. Eccolo: «Noi tutti,  a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo  trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello  Spirito del Signore» (2Cor 3,18).  

- Pubblicità -

Sappiamo che la parola “trasfigurazione” significa “trasformazione”. Qui si dice che veniamo  trasformati a immagine della gloria del Signore stando dinanzi a Lui, «a viso scoperto»,  mediante «l’azione dello Spirito» Santo. Gesù si trasfigura, cioè si trasforma, per farci  capire che contemplandolo e ascoltandolo noi possiamo essere trasformati a sua immagine. 

Quando siamo dinanzi a Lui, come in questo momento, quando lo adoriamo, lo contempliamo,  lo Spirito Santo ci plasma e ci trasforma a immagine del Figlio. Certo, qui Gesù non si  manifesta nella gloria del Tabor, ma nel segno umile del pane eucaristico. 

Qui siamo chiamati a fare un atto di fede. A dire: «Credo fermamente che sei presente qui,  dinanzi a me, nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia!». 

Nell’adorazione eucaristica possiamo rivivere in modo insuperabile nell’oggi l’esperienza del  Tabor! È qui che possiamo con Pietro anche noi dire: «È bello per noi stare qui!». È qui che  possiamo permettere allo Spirito Santo di trasformarci a immagine di Gesù! 

Scrive san Paolo nella lettera ai Romani: «Non conformatevi a questo mondo, ma  lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la  volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto…» (Rm 12,2). «Lasciatevi  trasformare!». Non è una trasformazione frutto dei nostri sforzi, ma del fatto che ci lasciamo  trasformare da Dio! E questo avviene ogni volta che ci mettiamo in preghiera!

L’esperienza del Tabor è essenzialmente l’esperienza della preghiera, come ci ha  insegnato Benedetto XVI.  

C’è una parte faticosa, difficile… come dev’essere stata l’ascesa sul monte. La parola “ascesa” fa pensare ad “ascesi”. Non è possibile una vera preghiera senza un minimo di “ascesi”, cioè se  non accettiamo la fatica di staccare dal mondo, dalle incombenze quotidiane, per salire sul  monte, per isolarci, raccoglierci. Questo dipende da noi. È una scelta della nostra libertà. Il  resto lo fa il Signore. Quando siamo alla sua Presenza, lo Spirito opera meraviglie, senza che  noi ce ne rendiamo conto!  

Non solo trasforma il nostro cuore, ma agisce anche su altre persone! 

Nel recente diario di un sacerdote anonimo, pubblicato con il titolo In sinu Jesu, Gesù dice a  questo sacerdote mentre era in preghiera dinanzi al tabernacolo: «Il tuo stare con me stasera  mi permette di toccare le anime di tanti sacerdoti che si sono allontanati da me» (20  marzo 2008). 

Vediamo ora in che senso quando siamo alla presenza di Gesù diventiamo più simili a Lui. Ricordiamo che il peccato originale ci ha fatto perdere la somiglianza con Dio. La  conseguenza principale è un’idea sbagliata di Dio. L’effetto più devastante del peccato è il farci  pensare male di Dio, il farci credere che non ci possiamo fidare fino in fondo, che non ci ami 

veramente, che ci abbia abbandonato! Mentre, quando stiamo alla Presenza di Gesù e ci  lasciamo trasformare dal suo Spirito, cresce in noi la convinzione che Dio è buono ed è bello,  che non c’è cosa più bella al mondo che stare con Lui, che non dobbiamo temere nulla perché  la nostra vita è in mano a Lui! 

Colpisce come nelle Lodi di Dio altissimo san Francesco d’Assisi per due volte esclami:  «Tu sei bellezza!». 

Ecco che cosa ci rende santi: non basta sapere che Dio esiste, che Dio è giusto e nemmeno che  Dio è buono… La santità è la scoperta che Dio è bello! Che non c’è esperienza più bella e che dà maggior gioia che lo stare alla sua presenza! 

Noi possiamo sperimentare questo ogni volta che entriamo in una preghiera intima, come può  essere l’esperienza del ritiro che stiamo vivendo. 

Tuttavia, l’esperienza del Tabor è destinata a finire. I discepoli avrebbero voluto fermarsi su  quel monte, ma Gesù li riconduce con gli altri discepoli a valle.  

La voce dal Cielo dice: «Ascoltatelo!». Ed essi lo ascoltano, probabilmente controvoglia dopo  quei momenti di paradiso, quando egli chiede loro di scendere.  

Dopo l’ascesi e l’incontro trasfigurante con la Bellezza di Dio c’è la discesa, la kenosis. È il  passaggio dalla preghiera alla vita, o meglio: è il passaggio dallo stare alla presenza del  Signore nella preghiera a uno stare alla sua presenza nella vita quotidiana. È quello che  capita a tutti noi dopo un ritiro come questo. Torniamo nelle nostre case, alla nostra  quotidianità… torneremo al nostro lavoro, alle nostre occupazioni… È un passaggio dalla  luce all’ombra

La preghiera non cambia la realtà. Ci troveremo davanti agli stessi problemi: a quella persona  con cui facciamo fatica a dialogare; dovremo tornare a prenderci cura di un genitore che ha un  carattere impossibile; dovremo fare i conti con le paturnie del figlio adolescente, ecc.  

Ma se avremo fatto una vera esperienza di Trasfigurazione affronteremo queste situazioni in  modo nuovo, con il Paradiso nel cuore, con una consapevolezza più radicata che siamo figli  amati dal Padre. Questo ci darà la forza di amare come Gesù.  

Kenosis non vuol dire solo discesa ma anche “svuotamento”.  

Gesù ci ha insegnato che l’amore quando è grande domanda sempre uno “svuotamento” da  un ideale di vita per abbracciare la vita reale che il Signore ci dona giorno dopo giorno.  È il passaggio a un altro monte: quello del Calvario, illuminato da una luce ancora più bella  di quella della Trasfigurazione: la luce della Risurrezione di Cristo.  

Sant’Agostino, in una sua omelia, si rivolge a Pietro mentre si trova sul Tabor e gli rivolge  un’esortazione, che è rivolta anche a ognuno di noi:  

«Scendi, Pietro; desideravi riposare sul monte: scendi…. Lavora, affaticati molto,  accetta anche sofferenze e supplizi affinché, mediante il candore e la bellezza delle  buone opere, tu possegga nell’amore ciò ch’è simboleggiato nel candore delle vesti del  Signore. Poiché nell’inno all’amore, letto nella lettera dell’Apostolo, si legge: Non  cerca i propri interessi. Non cerca i propri interessi perché dona quel che possiede. …  Discendi ad affaticarti sulla terra, a servire sulla terra, ad essere disprezzato, ad essere  crocifisso sulla terra. È discesa la Vita per essere uccisa, è disceso il Pane per sentire  la fame, è discesa la Via, perché sentisse la stanchezza nel cammino, è discesa la  Sorgente per aver sete, e tu rifiuti di soffrire? Non cercare i tuoi propri interessi. Devi  avere l’amore e predicare la verità; allora giungerai all’eternità, ove troverai la  tranquillità». (Discorso 78).  

Questo però, ricordiamolo ancora, è possibile solo se viviamo regolarmente esperienze forti  di incontro con Gesù nella preghiera! 

Il mistero della Trasfigurazione ci fa capire che cosa maggiormente manca ai cristiani di oggi per essere testimoni credibili di Gesù.  

Vale la pena metterci in ascolto di una bellissima riflessione di Padre Raniero Cantalamessa,  in una sua omelia. Si chiede:  

«Perché la fede, le pratiche religiose sono in declino e non sembrano davvero costituire,  almeno per i più, il punto di forza nella vita? Perché la noia, la stanchezza, la fatica  nell’assolvere i propri doveri di credenti? Perché i giovani non si sentono attirati?  Perché, insomma, questo grigiore e questa mancanza di gioia tra i credenti in Cristo? 

Volete sapere la mia risposta? Perché il nostro è un cristianesimo senza Cristo! Come,  direte, senza Cristo, se non si fa che parlare e scrivere di lui! Sì, ma è un Cristo  impersonale, lontano, che non ci riguarda da vicino, un estraneo, anche se notissimo.  Un argomento più che una persona viva e vera e un amico. Perché le cose cambino  anche per noi, come per quei tre discepoli sul Tabor, bisogna che succeda nella nostra  vita qualcosa di simile a quello che capita a un giovane o a una ragazza quando si  innamorano. Il paragone non sembri fuori luogo dal momento che è stato Gesù stesso  a paragonarsi a uno sposo e a paragonare i suoi discepoli a “dieci vergini che attendono  lo sposo per entrare con lui al banchetto di nozze”. Cosa succede nell’innamoramento? 

Non è necessario aver letto libri di psicologia per saperlo. È qualcosa che osserviamo  tutti intorno a noi nella vita, anche chi, come me, non ne ha fatto una esperienza  personale. L’altro, l’amato, che prima era uno dei tanti, o forse uno sconosciuto, di  colpo diventa l’unico, il solo al mondo che interessi. Tutto il resto indietreggia e si  colloca come su uno sfondo neutro. Il cuore, i pensieri, che prima vagavano da un  oggetto all’altro o da una persona all’altra, ora si sono come fissati su un unico oggetto.  Non si è capaci di pensare ad altro. Avviene una vera e propria trasfigurazione. La  persona amata viene vista come in un alone luminoso. Tutto appare bello in lei, perfino  i difetti. Se mai, ci si sente indegni di lei. L’amore vero genera umiltà. Si vorrebbe che  la vita fosse sempre così. Una nuova gioia di vivere, un nuovo slancio nell’affrontare i  compiti. Qualcosa cambia anche concretamente nelle proprie abitudini di vita… 

Cosa è successo? Niente, semplicemente quello che prima facevano per costrizione, ora  lo fanno per attrazione. E l’attrazione è capace di far fare cose che nessuna costrizione  riesce a far fare; mette le ali ai piedi. “Ognuno, diceva il poeta Ovidio, è attratto  dall’oggetto del proprio piacere”. Qualcosa del genere, dicevo, dovrebbe succedere una  volta nella vita per diventare cristiani veri, convinti, gioiosi di esserlo. Il guaio del  nostro cristianesimo è che facciamo quasi tutto per costrizione, come fosse una tassa  da pagare a qualcuno. Non conosciamo cosa significa essere attratti. E la ragione è che  diamo poco spazio allo Spirito Santo che la forza che “attira” a Dio, che rende Dio  “attraente”. 

Mi direte: ma la ragazza o il ragazzo, si vede, si tocca. Rispondo, anche Gesù si vede e  si tocca. Però con altri occhi e con altre mani: quelli del cuore, della fede. Egli è risorto  ed è vivo. È un essere concreto, non un’astrazione, per chi ne fa l’esperienza e la  conoscenza. Anzi con Gesù le cose vanno ancora meglio. Nell’innamoramento umano,  ahimè, ci si inganna spesso, attribuendo all’amato doti che forse non ha e con il tempo  si è spesso costretti a ricredersi. Nel caso di Gesù, più si conosce e si sta insieme, più  si scoprono nuovi motivi per essere orgogliosi di lui e confermati nella propria scelta. … Per innamorarsi bisogna frequentarsi! Se uno è convinto, o semplicemente comincia  a pensare che forse conoscere Gesù Cristo in questo modo diverso, trasfigurato, è bello  e vale la pena, allora bisogna che cominci a “frequentarlo”, a leggere i suoi scritti. Le  sue lettere d’amore sono il Vangelo! È lì che egli si rivela, si “trasfigura”. Si sa che gli  innamorati, prima ancora di dichiararsi, si interessano alla persona amata, ne spiano da  lontano i movimenti, cercano di unirsi ai suoi amici. A volte basta loro semplicemente  osservare la casa dove abitano. Non è difficile applicare tutto ciò a Gesù. La casa dove  egli abita è la Chiesa». 

Ecco, fratelli e sorelle, l’imperativo è frequentare Gesù e Gesù lo possiamo frequentare solo  vivendo appieno nella sua Chiesa: attraverso i sacramenti, soprattutto la Messa – possibilmente quotidiana – la Confessione frequente e la meditazione assidua del Vangelo.  Sappiamo bene, poi, che il modo più perfetto per andare a Gesù presuppone anche una sana e  solida devozione alle Vergine Maria, la Madre della Chiesa. Pregando ogni giorno con il Santo  Rosario, lei ci conduce a Gesù, ci scopriremo innamorati di Lui, saremo da Lui trasfigurati e  in questo modo potremo percorrere le valli della vita come seminatori di speranza e di gioia.

Fonte