«Ho avuto paura»
«Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo!». Sono le parole del servo «pigro e malvagio» nella “parabola dei talenti”. Il padrone ordina che gli sia tolto anche il talento che ha e che sia gettato «fuori nelle tenebre», dove ci sarà «pianto e stridore di denti».
C’è un errore che bisogna evitare quando ascoltiamo le parabole di Gesù: quello di “allegorizzarle”, collegando i personaggi direttamente a Dio o a Gesù. È chiaro che “il padrone” rimanda in parte a Dio Padre, perché è lui che ci ha creato e ci ha dato in dotazione un certo numero di “talenti”, non ovviamente perché faccia preferenze tra i figli, ma perché a ognuno affida una diversa missione. Tuttavia, il triste epilogo non va inteso come conseguenza di un atto punitivo di Dio, ma della pavidità del servo che nasconde il proprio talento sotto terra.
«Chi pecca, danneggia sé stesso» (Sir 19,4) e il peccato ha sempre come radice la scelta di voler tenere per sé la propria vita invece di donarla.
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L’arma più micidiale del nemico è la PAURA: per paura della sofferenza uno può decidere di non amare più, ma in tal modo si condanna alla peggiore sofferenza: quella di una vita “INSENSATA”, perché Dio ci ha “progettati” per amare. Per paura di soffrire uno può scegliere di chiudersi in una “vita da pantofolaio”, “senza pensieri”, ad esempio intontendosi ore ed ore davanti a uno schermo… Ma così facendo non si accorge di buttare all’aria la propria vita: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16,25).