«E chi è mio prossimo?»
Siamo tutti d’accordo quando si afferma che davanti a Dio ciò che conta è “amare il prossimo”. San Giovanni su questo è perentorio: «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20). Le cose si complicano quando si comincia a dare concretezza al “volto del prossimo”. È per questo che un dottore della legge pone a Gesù nel vangelo di questa domenica la domanda: «E chi è mio prossimo?».
Gesù risponde raccontando la “parabola del buon samaritano” che inizia con le parole: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti…».
«Un uomo…», senza altre caratterizzazioni; anzi, una caratterizzazione c’è: è un uomo che soffre, che ha bisogno di aiuto.
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Prima di Gesù il concetto di prossimo si riferiva al connazionale o allo straniero stanziato in Israele. Gesù fa crollare questa limitazione e ogni altro muro. Il prossimo è ogni uomo nel bisogno, al di là di ogni specificazione di cultura, pensiero, etnia… La parabola insegna che quando mi prendo cura di una persona che è nel bisogno io stesso divengo il prossimo per quella persona. La sventura, la sofferenza e la necessità divengono quindi lo spazio per eccellenza in cui esercitare il “comandamento” dell’amore del prossimo e quindi dell’amore verso Dio e per abbattere ogni barriera pregiudiziale.
Lasciamoci tutti provocare da questa bellissima parabola. In ognuno di noi c’è infatti la tendenza a definire chi è il prossimo che sono tenuto ad amare e ad escludere altri. Gesù non ci chiede di amare in modo generico e astratto, ma di amare nella concretezza quella persona che la Provvidenza oggi ha messo sulla mia strada. È chiaro che devo occuparmi prima di tutto dei miei familiari, ma se dico «il mio prossimo sono soltanto i miei familiari» non vivo l’insegnamento di Gesù!
Allora la domanda per ognuno di noi è: «Chi è il prossimo che il Signore ha messo sul mio cammino oggi, in questo tempo, come ha fatto con il buon Samaritano?».
Ricordiamo che in quel prossimo c’è Gesù stesso che attende di essere amato e servito: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli – cioè bisognosi di aiuto – , l’avete fatto a me» (Mt 25,40)
Non solo, come insegnavano i Padri della Chiesa, possiamo vedere Gesù anche nel Buon samaritano, che ci cura con il vino e l’olio del suo Amore e dei suoi sacramenti. E allora quel «Va’ e anche tu fa’ così» significa anche: «Va’, e abbi compassione dei tuoi fratelli che sono nel bisogno come Gesù ha avuto compassione di te!».