VIVERE PER GESÙ
«Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore»
Nell’ultima parte della Lettera ai Romani troviamo una stupenda esortazione, che ha al centro l’affermazione che «la carità» è «la pienezza della legge» (13,10). Paolo è molto concreto e indica i comportamenti che manifestano la vera carità secondo Cristo. Ad esempio: offrire se stessi a Dio come «sacrificio vivente» (12,1), rimanere «sottomessi alle autorità costituite», perché «ogni autorità viene da Dio» (13,1) e abbandonare ogni comportamento pagano, come ubriachezze, lussurie e impurità, litigi e gelosie (13,13).
Nel testo odierno l’Apostolo ricorda che la motivazione profonda che anima la carità secondo Cristo è la morte del proprio egoismo, per amore di Cristo che è morto e risorto per noi Scrive: «Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo, infatti, Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi».
In queste poche righe c’è tutto il Vangelo! L’uomo dominato dal peccato vive per se stesso e anche quando cerca di amare in realtà strumentalizza l’altro per i propri interessi; mentre l’uomo redento dalla grazia, che appartiene al Signore Gesù, non vive più per se stesso ma per gli altri e ama in modo davvero gratuito. Chi vuole amare senza la grazia di Dio è simile a quegli uccelli che cercano goffamente di alzarsi in volo ma non riescono a causa del loro peso.
Paolo ritiene che il banco di prova per capire se davvero abbiamo fatto morire il nostro ego consista nella capacità di non giudicare e non disprezzare il prossimo, e di guardare ad ogni persona, anche a chi ci ha offeso, come a un fratello da amare (cf 12,19-21). Scrive: «Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti, infatti, ci presenteremo al tribunale di Dio… Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio!».
Il giudizio, la mormorazione e la maldicenza sono terribili zavorre che ci impediscono di amare come Gesù e vivere per Gesù e di volare così nel Cielo di Dio, perché contraddicono il vangelo della misericordia, di cui oggi leggiamo due celebri. parabole.
Se amiamo Dio non dovremmo mai dimenticare che «c’è più gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione». Chi giudica e disprezza il prossimo di certo non assomiglia al pastore che «lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova» o alla donna che «accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente» la moneta perduta «finché non la trova»!
O Maria, Madre della Misericordia, insegnaci a fare morire il giudizio verso il prossimo per camminare secondo la carità di Cristo. Amen.