don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del 30 Agosto 2021

1288

ATTESA GIOIOSA

L’attesa che nasce dalla speranza è paziente, quieta e perseverante e sa attendere “i tempi di Dio”. All’opposto, troviamo la pretesa impaziente e inquieta che Dio faccia ciò che noi vogliamo, secondo i nostri tempi e le nostre richieste. 

C’è un dubbio che assilla i cristiani di Tessalonica: che cosa ne sarà di coloro che sono morti prima del ritorno di Cristo? Per noi la risposta è scontata, ma allora non lo era. A causa di un’errata interpretazione di alcune parole di Gesù, in molti ritenevano che non sarebbe passata una generazione prima del suo ritorno e che quindi tutti i cristiani sarebbero stati rapiti con Gesù al momento della sua venuta, partecipando in questo modo alla sua vittoria sulla morte e alla sua risurrezione.

Paolo precisa la retta fede nella risurrezione dei morti in Cristo. Introduce il suo insegnamento con queste parole: «Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza».

Interessante questo legame tra la fede nella risurrezione, la tristezza e la speranza. I cristiani non possono essere “tristi” «come gli altri che non hanno speranza». La tristezza è giustificabile per chi non crede nel Cristo morto e risorto, ma non per un cristiano! Infatti, nell’ultima parte della lettera Paolo scrive: «Siate sempre lieti!».

Si stratta di una letizia che non poggia su ciò che si vive nel presente, ma sull’attesa certa di ciò che riserva il futuro. Una letizia che non dipende dal “sentire”, ma dal “sapere” in forza della fede, come dice un celebre canto liturgico: «“So” che la tua mano forte non mi lascerà»… nemmeno al momento della morte! Lo “so”, non per un mio merito, ma grazie alla virtù teologale della “speranza”, che mi è stata donata con il Battesimo.

La speranza è una sorgente inesauribile di letizia, perché permette di credere senza esitare a una bene immenso che non c’è ancora al presente, ma che mi verrà dato in avvenire. È la gioia dell’attesa, come quella di un bambino la sera prima di ricevere i regali di Natale: è pieno di gioia non per ciò che ha ma per ciò che gli verrà dato.

L’attesa gioiosa che nasce dalla speranza è paziente, quieta e perseverante. Se chiede, non si perde d’animo laddove non ottiene subito, ma continua a chiedere con fiducia e sa attendere i tempi di Dio.  

San Giacomo richiama l’esempio dell’attesa paziente e costante dell’agricoltore: «Siate costanti, fratelli… Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi… Non lamentatevi…» (cf. Gc 5,7s).

All’opposto dell’attesa paziente troviamo quindi quella lamentosa e inquieta, dovuta alla pretesa arrogante che Dio faccia ciò che noi vogliamo, secondo i nostri tempi e le nostre richieste.

Come quella dei nazaretani, di cui parla il Vangelo di oggi, che passano dall’ammirazione per Gesù alla rabbia e alla violenza, perché non asseconda i loro desideri. Il problema di fondo è l’atteggiamento possessivo. Vedono Gesù come una loro “proprietà”, perché è cresciuto nella loro città!

Molte liti e conflitti sul piano affettivo sono dovute alla smania di possesso verso il prossimo, che genera inevitabilmente rivalità, gelosie, frustrazioni, fisime e altri deplorevoli stati d’animo. Così anche nei confronti di Dio. Se, invece di confidare in Lui – sapendo che siamo completamente suoi e che “male” che ci vada andiamo in Paradiso -, lo trattiamo come il “genio della lampada” che ci deve assecondare “a bacchetta”, saremo assaliti da sentimenti di rabbia, delusione e turbamento, che rappresentano il terreno ideale in cui “sguazza il demonio”.  

Il Salmo di oggi esprime in modo magnifico la certa e paziente speranza nelle promesse di Dio, che allontana ogni paura e timore, sapendo che tutto ciò che conta è poter “abitare nella casa del Signore”. Preghiamolo con il desiderio che queste parole si imprimano nel nostro cuore:

«Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario. Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi». Amen.

Fonte