don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del 24 Giugno 2021

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Il timore che precede l’amore

“Dio è misericordioso”. Questo è il significato del nome “Giovanni”. Una misericordia che si manifesta nella nascita insperata di un figlio a lungo atteso. Una misericordia che – come proclama il padre Zaccaria, nel suo solenne cantico di benedizione – si manifesta soprattutto in «un Sole che sorge dall’alto, per rischiare quelli che stanno nelle tenebre», cioè che non conoscono il vero Dio, e per dirigere i passi di Israele «sulla via della pace» (cf. Lc 1,78-79).

«Principio della sapienza è il timore del Signore» (Pro 9,10). «Il timore del Signore vale più di ogni cosa… è inizio di amore per Lui» (Sir 25,11-12). Questo si legge nei libri sapienziali. San Giovanni Battista è inviato per disporre il popolo di Israele nel “timore del Signore”: il timore che precede l’Amore.

Nel vangelo di Luca, l’annunciazione e la nascita del Battista precedono l’annunciazione e la nascita del Salvatore. È quanto dire: per accogliere Gesù bisogna passare da Giovanni. Come hanno fatto i primi discepoli.

Come un campo viene arato e concimato prima di ricevere il seme, così il nostro cuore non può accogliere Gesù, la Parola del Dio vivente, se non rimuove ogni compromesso con il peccato. Questo è il timore di Dio! Perché non si ama Dio se non si odia il peccato.


La «parola di salvezza» è inviata ai «timorati di Dio», come si legge nella seconda lettura. Nella Chiesa primitiva questo principio guidava il cammino per diventare cristiani: il catecumenato. Un percorso di almeno due anni, in cui era necessario lasciarsi alle spalle ogni comportamento pagano e peccaminoso. Tertulliano giunge ad affermare: «Non siamo immersi nell’acqua per porre fine ai nostri peccati, ma perché vi abbiamo in precedenza già posto fine, ci siamo già moralmente lavati» (De paenitentia 6,17).

Giovanni proclama «un battesimo di conversione» per il perdono dei peccati, preparando il terreno per accogliere il vangelo della Grazia e della misericordia. «Il Signore dal seno materno» lo ha chiamato, come si legge nella prima lettura. Ma queste parole valgono anche per noi. Anche noi siamo chiamati dal giorno del nostro Battesimo a divenire precursori di Cristo. La nostra missione non è attirare gli altri a noi, ma fare di tutto perché gli altri possano incontrare la misericordia di Dio in Gesù. Ma come potremo noi annunciare con frutto Gesù se non siamo “timorati di Dio”, cioè se non lo abbiamo ancora scelto come unico Signore della nostra vita, ponendo fine ai peccati volontari?

Abbiamo perciò bisogno continuamente di lasciarci scuotere dalle parole del Battista: «Fate frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”», che – tradotto per noi – significa: «Smettete di peccare e non cominciate a dire: siamo cristiani e crediamo che Dio è un Padre buono e quindi pecchiamo pure, che tanto poi ci perdona!». «Perché – ammonisce il precursore – la scure è posta alla radice degli alberi e ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco» (cf. Lc 3,8-9).

«Abbi pietà di noi, Signore, Dio dell’universo, e guarda, infondi su di noi il tuo timore, perché possiamo proclamare la tua misericordia. Amen!» (cf. Sir 36,1-2).

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