FUORI DI SÉ
«In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: “È fuori di sé”».
Oggi la liturgia ci dona questo brevissimo brano evangelico, presente solo nel vangelo di Marco. Sorprende il fatto che l’evangelista non abbia timore a evidenziare questo giudizio negativo su Gesù da parte dei suoi familiari. L’espressione “fuori di sé” traduce letteralmente il greco. Si potrebbe tradurre anche “fuori di senno” o “fuori di testa”. È la stessa espressione che usa san Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi, laddove scrive: «Consapevoli, dunque, del timore del Signore, noi cerchiamo di convincere gli uomini. … Se infatti siamo stati fuori di senno, era per Dio…» (2Cor 11.13a).
Paolo, che cercava di essere in tutto e per tutto un alter Christus, ci offre la chiave per comprendere il passo evangelico. Quando si è “consapevoli del timore del Signore”, cioè ci si preoccupa solo di piacere a Lui e non agli uomini, è inevitabile che gli altri vedano in noi qualcosa di singolare, di unico, di incomprensibile. Chi prende sul serio il cammino di fede e inizia a digiunare, evita i divertimenti frivoli, dedica molto tempo alla preghiera e e alla meditazione, si oppone alla mentalità libertina e afferma i valori di sempre che riguardano la vita e la famiglia… viene inevitabilmente tacciato di essere un “pazzo”, un “bigotto”, un “esagerato”…
George Bernanos, nel suo Diario di un parroco di campagna, scrive: «Una cristianità non si nutre di marmellata più di quanto se ne nutra un uomo. Il buon Dio non ha scritto che noi fossimo il miele della terra, ragazzo mio, ma il sale. Ora, il nostro povero mondo rassomiglia al vecchio padre Giobbe, pieno di piaghe e di ulcere, sul suo letame. Il sale, su una pelle a vivo, è una cosa che brucia. Ma le impedisce anche di marcire».
Gesù ci chiede di essere il “sale della terra” e ci mette in guardia dal rischio di “perdere il sapore” e questo accade quando ci preoccupiamo di piacere più agli uomini che a Dio. Se siamo davvero sale è inevitabile che la nostra testimonianza possa “bruciare” sulle ferite del mondo e che gli altri ci giudichino “fuori di testa” come hanno giudicato Gesù. Ma in questo modo impediamo al mondo di “marcire” nel peccato! Certo, Gesù dice anche che dobbiamo essere, come Lui, “dolci e umili di cuore” (cf. Mt 11,29), ma non è una dolcezza melliflua! È la dolcezza che deriva da un cuore che ama e chi ama davvero il prossimo ama prima di tutto la verità, anche se essa contrasta con il mainstream della società attuale.
«Amicus Plato, sed magis amica veritas», dicevano gli antichi, ovvero: «Platone mi è amico, ma più amica mi è la verità». Ogni cristiano dovrebbe poter dire: «Tu mi sei amico, ma più amico mi è Cristo». E l’amicizia con Cristo non ammette compromessi. A costo di essere considerati anche noi «fuori di senno».
O Maria, Vergine Sapiente, insegnaci a non cercare di piacere agli uomini ma solo a Gesù tuo Figlio. Amen.