don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del 2 Febbraio 2022

539

«SEGNO DI CONTRADDIZIONE»

La Serva di Dio madre Maria Costanza Zauli, fondatrice delle “Ancelle Adoratrici del SS. Sacramento”, nel suo libro Rosario ed Eucaristia, riferisce queste parole che la Santa Vergine le aveva rivolto: «Il giorno della Presentazione la profezia di Simeone infisse nel mio cuore la più trafiggente delle spade. Quanto mi costò rinnovare la mia offerta in quel momento, data la consapevolezza del profondo significato che aveva riguardo al mio Bambino, che sarebbe stato in realtà l’unica Vittima accetta! Il tenero Agnello sarebbe rimasto a me soltanto per venire allevato per il sacrificio… Lo zelo della gloria del Padre e della salvezza delle anime mi tenne in un’adesione pienissima, ma quale strazio in quell’altissimo gaudio! Unii la mia offerta a quella di Gesù, accettando fin da quell’istante quanto avrei dovuto dare fino alla fine. Mi sentivo disposta a tutto, ma non potevo nascondermi la cruda verità che avevo intesa nelle parole del santo vegliardo, che cioè non tutti gli uomini avrebbero corrisposto e che per tanti il sangue redentivo avrebbe aumentato la colpevolezza. Conoscere l’immensa bontà di Dio e vedere con quanta ingratitudine venga ricambiato, quale sofferenza! Da ciò la necessità di una continua riparazione e il desiderio di comunicare la fiamma dell’amore riparatore in maniera che, sempre, finché durerà il tempo, vi siano anime generose che si offrano a seguire Gesù fino al Calvario…» (27.11.47).

Nella festa odierna della Presentazione del Signore, questo testo ci aiuta a comprendere il significato profondo del brano evangelico e, in particolare, della profezia di Simeone. Si legge nel Vangelo di Luca: «Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”».

Nella catechesi e nella predicazione oggi si è soliti presentare Gesù come la fonte della nostra pace e della nostra gioia. È verissimo ed è importante insistere su questi aspetti, in un mondo che sempre più è in riserva della vera pace e della vera gioia, che sono doni messianici. Tuttavia, è importante che ci si preoccupi di presentare la figura di Gesù e il suo messaggio nella sua interezza, senza sfrondare gli aspetti scomodi e indigesti per la mentalità mondana. Essere discepoli di Gesù è decidere di abbracciare uno stile di vita, un modo di pensare, di comportarsi, di parlare, di pensare che a volte è necessariamente «un segno di contraddizione» rispetto alla mentalità contemporanea.

Ad esempio, in un celebre scritto del secondo secolo, la Lettera a Diogneto, che presenta ciò che hanno in comune i cristiani e i pagani e ciò che li differenzia, si legge: «Come tutti gli altri i cristiani si sposano e hanno figli, ma non espongono i loro bambini». Ci si riferisce alla pratica dei Romani di lasciare i neonati nella piazza del mercato nella speranza che qualche madre di passaggio si fermasse impietosita e si prendesse cura di loro. Bisogna dire che dopo Duemila anni le cose non sono un granché migliorate! Oggi ci si sbarazza dei bambini prima che nascano, oppure, come avviene in alcuni Paesi, detti “sviluppati”, i bimbi vengono soppressi anche dopo la nascita, quando si ritiene che la loro vita non sia degna di essere vissuta. Di fronte a queste e ad altre scempiaggini, i cristiani dicono con fermezza: «No, noi non ci stiamo! Noi siamo per la vita senza se e senza ma! Perché il Cristo, il nostro Maestro è “l’Autore della vita” (At 3,15), e ogni vita, anche la più debole e fragile, è “sacra”, degna di un rispetto assoluto. Il progresso di una società si misura dalla capacità di tutelare la vita dei suoi cittadini più fragili, quelli senza voce, come lo sono i bambini nel grembo materno o gli anziani con malattie mentali». Di conseguenza, il cristiano diviene un segno di contraddizione, un motivo di tensione e di divisione nella società, pur  desiderando e perseguendo sempre la pace e l’unità.

Nel mistero della Presentazione del Signore siamo tutti invitati a imitare Maria nell’offerta di noi stessi al Padre, ad esempio quando si tratta di affermare verità che sono scomode per la cultura contemporanea, benché ciò vada fatto sempre «con dolcezza e rispetto» (cfr. 1Pt 3,16).

Più in generale, offriamo al Padre tutto ciò che nella nostra vita è causa di dolore, è “una spada” che ci trafigge il cuore, imitando la Santa Vergine che – presentando il Figlio al tempio, donandolo a Dio – offre se stessa. Si offre sin da allora per Lui, con Lui, in Lui.

È quanto facciamo ogni volta che partecipiamo alla santa Messa. Insieme a Maria presentiamo Gesù al Padre, quel Gesù che si immola sull’altare donandoci il suo Corpo immolato e il suo preziosissimo Sangue, perché anche noi possiamo fare altrettanto: «Per Cristo, con Cristo, in Cristo» ci doniamo a Dio Padre nello Spirito Santo per la salvezza del mondo.

La nostra offerta ha valore in quanto è fatta in unione a Cristo: «in unione al Sacrificio eucaristico».

La Presentazione del Signore è un “mistero della gioia” perché il bambino Gesù tra le braccia non può essere che fonte di immensa gioia. Così dovrebbe essere anche per noi quando lo riceviamo nel nostro cuore, nel momento della santa Comunione!

Nondimeno, è anche un “mistero del dolore”, perché la Madonna intravede sin da allora ˗ grazie alle parole di Simeone ˗ il destino drammatico del suo amato bambino. «Quale strazio in quell’altissimo gaudio!», si legge nel testo della Zauli. La Madonna soffre perché ama. Ama Gesù e, in modo misterioso, sin da allora ama ognuno di noi, i suoi figli che in Cristo sarebbero stati generati.

O Maria, aiutaci a vivere questo meraviglioso mistero di gaudio e di dolore: fa’ che sappiamo offrire noi stessi perché Gesù possa illuminare le genti attraverso di noi, anche quando siamo chiamati ad essere un “segno di contraddizione”, perché il mondo creda al Vangelo della Vita. Amen.

Fonte