don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del 15 Luglio 2021

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La bellezza ritrovata

Gesù ci rimette a nuovo, ci rende belli, come fa un restauratore con un’opera d’arte

«Io sono colui che sono!». Questa è la risposta che Dio dà a Mosè dal roveto ardente alla domanda: «Qual è il tuo nome?». Fiumi di inchiostro sono stati versati a commento di queste misteriose parole. Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: «Dio che rivela il suo Nome come “Io sono” si manifesta come il Dio che è sempre là, presente accanto al suo popolo per salvarlo» (n. 206). «Io sono» esprime al tempo stesso la realtà misteriosa e ineffabile di Dio, l’Essere a fondamento di tutto ciò che esiste, e la sua fedeltà irrevocabile, il suo “esserci” nella storia di Israele e di ogni uomo (cf. nn. 205-206.213).

Benedetto XVI, quando era ancora nelle vesti di teologo, in un suo libro, scriveva che questo nome non è stato dato da Dio «in modo definitivo». «Il Nome di Gesù, infatti, – scriveva Ratzinger – contiene» il nome di Dio [il tetragramma sacro] … «nella sua forma ebraica e vi aggiunge dell’altro: “Dio salva”. [Perciò] “Io sono colui che sono”, ora, a partire da Gesù, significa: “Io sono colui che vi salva…”» (J. Ratzinger, Il Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 1976, 19-20).

Di conseguenza, possiamo dire che solo in Gesù noi abbiamo conosciuto in pienezza il vero nome di Dio. Egli, infatti, è chiamato altresì l’“Emmanuele”, “il Dio con noi”, perché – come proclama san Pietro davanti al Sommo sacerdote a agli anziani di Israele: «Non vi è, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, [al di fuori di quello di Gesù] nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

Ecco perché nel Vangelo di oggi il Signore esorta tutti coloro che sono “affaticati e oppressi” ad andare a Lui: «Venite a me… e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Un uomo che parla in questo modo, scriveva Staples Lewis, l’autore delle cronache di Narnia, o era un megalomane, un folle, oppure dobbiamo «chiamarLo Signore e Dio» e «cadere [in ginocchio] ai suoi piedi», di certo non può essere considerato solo un uomo di Dio o un profeta (cf. C.S. Lewis, Scusi… Qual è il suo Dio?, GBU, Roma, 1993, p. 76).

Da notare che traduciamo con “ristoro” una parola greca – da cui deriva anche la parola “pausa” – che significa “fermarsi” per riposare. Gesù è sempre con noi e noi siamo sempre alla sua presenza, ma ci invita a fare delle pause, a staccare dalle nostre occupazioni quotidiane, per immergerci totalmente in Lui, per rigenerarci, per permettere al suo Spirito di “ristorarci” e di “restaurarci”, due parole che hanno la stessa etimologia. Gesù ci rimette a nuovo, ci rende belli, come fa un restauratore con un’opera d’arte!

Dio è con noi, ogni giorno, specialmente nel Sacramento della sua Fedeltà e della sua Presenza che è la Santissima Eucaristia. Che bello poter staccare dai nostri affanni per andare a Lui, l’Unico che può ristorare e restaurare le nostre vite, farci ritrovare la bellezza perduta a causa del nostro egocentrismo, e alleggerire il peso delle nostre croci, perché ci insegna la via dell’umiltà del cuore e della dolcezza. Andiamo a Lui, come insegnava san Bonaventura – il santo di oggi – ma non solo mediante “una pura considerazione astratta” – perché Dio lo si raggiunge con l’amore che consiste essenzialmente nel dirigere con fermezza e costanza, costi quel che costi, la nostra volontà verso di Lui, Unica Mèta del nostro itinerario terreno. Amen.

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