Il Torrente della Grazia
L’Acqua viva di Cristo non può scorrere laddove trova cuori altezzosi e superbi
Chi è Dio? Che volto ha?
I filosofi antichi, prima di Cristo, avevano intuito, tramite l’uso della sola ragione umana, che Dio è “l’Essere perfettissimo” – come si legge nel Catechismo di San Pio X -, “Colui che è” da sempre, il “Motore immobile”, la Causa prima di ogni cosa… Ma prima di loro Dio stesso aveva iniziato ad alzare il velo sulla propria identità e la pagina che oggi si proclama nella prima lettura – la cosiddetta “vocazione di Mosè” – è una pietra miliare dell’autorivelazione di Dio.
Quando Dio si fa conoscere è una sorpresa dopo l’altra! Egli si rivela a Mosè non solo come l’Essere eterno, ma come «il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe»! È un Dio che è relazione personale con l’uomo, con ogni uomo. Ed è una novità clamorosa! In altre parole: Egli non è un Essere astratto e a-personale, distante e inconoscibile, come è inteso ancora oggi in molte religioni, ma un Dio personale che ha creato l’uomo per stabilire con lui una relazione intima di amicizia, che riempie di senso tutta la vita. Per questo il salmista esclama: «O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua» (Sal 63,2).
In Cristo, Verbo eterno fattosi carne, la rivelazione raggiunge il suo culmine e aggiunge un tassello inaudito: Dio non è solo relazione con l’uomo, ma è da sempre “relazione in se stesso” tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo”. Di conseguenza – ci dice oggi Gesù -, «nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E il Figlio può rivelare il volto del Padre soltanto ai piccoli, perché il DNA di Dio è l’obbedienza: la gioia di anteporre la volontà altrui alla propria (cf. Gv 6,38).
Dio non può rivelarsi a coloro che si credono «sapienti» e «dòtti»! Come l’acqua di un torrente non può scorrere dal basso verso l’alto, così l’Acqua viva di Cristo non può scorrere laddove trova cuori altezzosi e superbi, che antepongono la propria volontà a quella divina.
Mi chiedo: sono disposto a rinunciare a tutto purché si adempia in me la volontà di Dio oppure deve essere Dio ad assecondare le mie convinzioni e la mia volontà? Sono un piccolo che cerca di lasciarsi guidare in ogni cosa dal Padre o un altezzoso sapiente che crede di aver capito tutto su Dio e impone le proprie idee ai fratelli?