don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del 12 Settembre 2021

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DIVINA ALCHIMIA

Gesù non elimina la sofferenza, ma per certi versi fa una cosa più grande: la “trasforma”, rendendola l’opportunità più grande per amare e in questo modo la rende “beata”, la rende la scala della vera gioia e del paradiso! 

Un filosofo tedesco del ‘900, Friedrich Nietzsche, accusava il cristianesimo di essere il principale nemico della gioia di vivere. È un’accusa assurda se pensiamo che la parola “vangelo” significa “buona notizia”, notizia che procura gioia! Gesù stesso nel vangelo dice che è venuto affinché abbiamo in noi la sua gioia e perché questa gioia sia piena! (cf. Gv 15,11). Evidentemente, se Nietzsche diceva questo è perché aveva davanti agli occhi dei cristiani tristi. Infatti, in una sua opera scrive che i cristiani sconfessano con i loro volti tristi ciò che professano con le parole (cf. Umano, troppo umano, II, Milano, 1976, p. 39).

Certo, le parole di Gesù nel vangelo di oggi non sembrano proprio all’insegna della gioia: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua…». Ma è poi davvero così? In realtà queste parole non legitimano una visione triste e dolorista della vita, per questo è importante coglierne l’autentico significato.

Se noi crediamo che Dio è infinitamente buono e Gesù è il Figlio di Dio, dobbiamo credere altresì che ogni parola uscita dalla bocca di Gesù ha lo scopo di condurci al nostro vero bene, e quindi alla gioia. Il problema è come noi interpretiamo le parole di Gesù. Infatti, Pietro viene duramente rimproverato da Gesù perché quando annuncia la sua dolorosa passione, morte e risurrezione, interpreta queste parole in modo completamente sbagliato. Gesù gli dice: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”».  

Potremmo chiederci: è così grave pensare secondo gli uomini da meritare di essere chiamato “Satana”, cioè il nome di un demonio, che in ebraico significa “avversario” e “accusatore”? È chiaro che qui Gesù si riferisce non al pensiero umano in generale ma a un diffuso modo di pensare degli uomini sulla sofferenza contrario al pensiero di Dio.  Questo modo di pensare in realtà corrisponde all’umanità ferita dal peccato e su cui satana, “l’accusatore”, esercita un “potere” sino alla fine del mondo. Il demonio ci vuole fare credere che la sofferenza sia soltanto una “dis-grazia”, un qualcosa che non ha nessuna utilità nella vita e che è incompatibile con la gioia e della pace.

Certo, la sofferenza in sé stessa è un male e non è voluta mai direttamente da Dio.  Nondimeno, nella sua sapienza infinita, Dio ha inviato suo Figlio Gesù non per eliminare la sofferenza, ma per fare una cosa migliore (perché tutto ciò che fa Dio è sempre la cosa migliore!): per “trasformarla”, rendendola l’opportunità più grande per amare e in questo modo la rende “beata”, la rende la scala della vera gioia e del paradiso!

Ecco allora il senso delle parole di Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, cioè la smetta di vedere le cose seguendo solo la mentalità umana! Impari a guardare in modo diverso la sofferenza e la croce a partire dal mio vangelo, dalle beatitudini! Non la consideri una disgrazia da subire passivamente! Ma la “prenda”, l’abbracci, e – con amore e con gioia – mi segua!».

È guardando alla passione e morte di Gesù che impariamo a “prendere” la nostra croce, e a trasformare ogni sofferenza in amore, attraverso un’“alchimia divina”, come la chiamava la Serva di Dio Chiara Lubich.

Prendere la propria croce è dire un grande sì alla vita così come il Padre ce la dona, giorno dopo giorno, senza la pretesa di metterci noi davanti a Dio, ma vivendo da discepoli, cioè accettando che sia Dio a guidarci, anche se non sappiamo dove ci conduce e a volte nemmeno comprendiamo il senso dell’itinerario che ci fa percorrere!

Qualcuno ha paragonato la vita del credente a un viaggio in tandem, cioè in una bicicletta a due posti. Dapprima ci accorgiamo che Dio è dietro di noi e ci aiuta a pedalare. Poi, man mano maturiamo nel cammino di fede, Dio ci suggerisce di scambiarci i posti. Da quel momento la vita non è più la stessa. Dio ci fa andare su per le montagne, attraverso luoghi rocciosi a gran velocità e nelle discese a rotta di collo… Ogni tanto ci viene da chiedere: «Ma dove mi stai portando? Dove stiamo andando?». E lui risponde sorridendo: «Fidati, guido io! Preoccupati solo di pedalare!». Il bello è quando cominciamo a fidarci davvero! Allora la fatica diventa più leggera, sparisce la paura e l’ansia e si comincia a cantare di gioia per la bellezza del viaggio, come faceva la Beata Bianchi Benedetta Porro negli ultimi anni della sua breve vita: sordo-muta, inferma e cieca, ma sempre pronta a lodare Dio e a incoraggiare i fratelli!

Mi chiedo: sto lasciando che il Signore guidi la mia vita o come Pietro sono io che pretendo di digli dove mi deve portare?

Maria, Madre nostra, per il tuo santissimo Nome, insegnaci a camminare dietro a Gesù tuo Figlio lasciandogli il timone della nostra vita. Amen.

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