don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del 11 Giugno 2021

1346

La Vetta dell’Amore

«In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4,10)

Siamo sulle vette più alte della rivelazione. Queste parole sono state scritte dal discepolo che Gesù amava, a cui la tradizione accosta il simbolo dell’aquila, perché, secondo la leggenda, gli occhi dell’aquila possono sostenere la luce del sole.

Oggi, in questa magnifica solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, ci viene chiesto di fissare gli occhi verso una luce infinitamente più grande di quella del sole. È la luce dell’amore di Dio: «L’amor che move il sole e l’altre stelle» (Dante Alighieri, Paradiso, XXXIII, v. 145).

Tutto è mosso dall’Amore e noi abbiamo conosciuto l’Amore volgendo lo sguardo a Colui che hanno trafitto (cf. Zc 12,10; Gv 19,37).

«Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco – si legge nel vangelo do oggi – , e subito ne uscì sangue e acqua». Gesù aveva rivelato il volto di Dio con segni e parole, ma il messaggio più alto ce lo dona nel silenzio, attraverso questa immagine che riassume tutto il vangelo.

La Chiesa ha potuto coglierne il pieno significato lungo i secoli anche grazie ad alcune esperienze mistiche. A Santa Margherita Maria Alacoque Gesù mostra un cuore coronato di spine e dice: «Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini e dai quali non riceve che ingratitudini e disprezzo…». Ecco chi è Dio:  l’Amore che ama sempre, anche quando è rifiutato e disprezzato! A Santa Faustina Kowalska mostra due raggi – uno pallido e uno rosso – che escono dal suo fianco. E le dice: «Il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime». Ecco in che modo l’Amore di Dio ci raggiunge e ci trasforma: attraverso il sacramento del Battesimo (e della Confessione) lava i nostri peccati attraverso la Santissima Eucaristia ci nutre della sua Vita divina.

L’acqua e il sangue sigillano il vangelo di Cristo, venuto per mettere in luce il volto paterno di Dio. Un po’ di questa luce filtrava già nelle pagine del Primo Testamento. Come attestano le parole de profeta Osea nella prima lettura. Il Signore si presenta «come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare». Ed esclama: «Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira… perché sono Dio e non uomo…» (cf. Os 11,4.8-9).

Prima di Gesù queste parole potevano apparire troppo belle per essere vere. Come può essere Dio tanto buono! Ora che il Figlio di Dio abita nei nostri cuori – come si legge nella seconda lettura – siamo «in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza…» (Ef 3,17.19).

Perciò: attingiamo con gioia alle sorgenti della salvezza! Rendiamo grazie al Signore e invochiamo il suo nome… facciamo ricordare che il suo nome è sublime (cf. Is 12,3-4)

Viviamo nella gratitudine questa festa dell’Amore di Dio. Lasciamoci toccare il cuore dal Cuore trafitto di Gesù. Amen.

Fonte