Un Dio di carne e non un fantasma
La tentazione di sempre: fare di Dio un fantasma, che ogni tanto compare in qualche bella emozione, un sentimento religioso, un ricordo della tradizione a cui siamo legati, un’idea, ma non tocca mai concretamente la mia carne e non trasforma la mia vita.
La fatica di credere, che i discepoli sperimentano, è anche la nostra, mentre il Risorto si manifesta, vivo e vero, in carne ossa, con le ferite dell’amore, mangiando del pesce. Un chiaro richiamo alla quotidianità, alle relazioni con i fratelli e al cibo eucaristico: senza questa “concretezza della carne”, Dio rimane solo un fantasma inesistente.