Il Tempio è lo stesso per tutti e due i protagonisti…
E al Tempio si va per incontrare Dio nella preghiera…
Ma il Tempio è grande…
E scopriamo che i due sono tanto distanti fra loro…
La preghiera del fariseo chiama in causa Dio stesso e sembra dirgli: “Guarda come sono stato bravo!”. Al centro ci stanno le sue opere, i suoi atti buoni, le sue pratiche osservate, la sua “raccolta punti”, i suoi sacrifici tutti ben annotati… Insomma… Dio è un contabile della vita religiosa che misura gli avanzamenti di carriera e i premi da distribuire…
In pratica e in sintesi: Dio gli deve qualcosa…
Ma la cosa più subdola di questa messinscena è che dall’alto del “religioso ben fatto”, della sua preghiera di lode a se stesso, il fariseo giudica gli altri, prende le distanze dai “lontani”… in modo particolare dal “quel” pubblicano: addirittura ringrazia Dio per non essere come lui!
E fuori dal recinto sacro, nel cortile dei gentili, lontano dal fariseo e dalla sua preghiera, sta il pubblicano, che non osa nemmeno alzare gli occhi al cielo, che si batte il petto e chiede misericordia…
Consapevole della sua fragilità, parte pure lui da se stesso, ma chiedendo “da povero” lo sguardo di Dio, affidandosi al suo amore incondizionato, di cui non si ritiene meritevole…
Ebbene…Dio volge il suo sguardo proprio a lui… Colui che non osa nemmeno alzare gli occhi, torna giustificato, perdonato, non giudicato, nè escluso dal rapporto con il Dio del Tempio…
Non elogiato per la sua vita di peccato, ma giustificato per la sua sincera richiesta di misericordia…
Il pubblicano non è preferito al “povero fariseo” che pure fa tanto bene, ma è reso fratello maggiore di quanti, come lui, sceglieranno di tendere la mano al Signore e chiedere il perdono senza paure, credendo caparbiamente di ottenerlo, confidando in un Dio misericordioso per il quale la miseria del peccato, per quanto sembri più forte sopra di noi, non è mai l’ultima parola.
Fonte: Telegram | Pagina Facebook
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